Freddo polare: è colpa dello scioglimento dell’Artico

Il grande freddo che in questi giorni ha trasformato l’Europa centro-orientale e anche l’Italia in una sorta di cella frigorifera ha una causa che è il suo esatto opposto: fa troppo caldo. Una battuta (freddura?) scadente, una contraddizione di termini? Secondo i ricercatori tedeschi dell’Istituto Wegener dell’Associazione Helmholtz il freddo gelido sull’Europa dipende dallo scioglimento […]

Il grande freddo che in questi giorni ha trasformato l’Europa centro-orientale e anche l’Italia in una sorta di cella frigorifera ha una causa che è il suo esatto opposto: fa troppo caldo. Una battuta (freddura?) scadente, una contraddizione di termini? Secondo i ricercatori tedeschi dell’Istituto Wegener dell’Associazione Helmholtz il freddo gelido sull’Europa dipende dallo scioglimento estivo record della calotta del polo Nord che modifica la circolazione atmosferica artica.

BANCHISA – Nello studio pubblicato sulla rivista Tellus A, viene spiegato che il ghiaccio artico riflette nell’atmosfera gran parte della luce solare che riceve. Se la banchisa si scioglie, il calore del sole riscalda l’oceano che, tra l’altro, è più scuro del ghiaccio e assorbe molto più calore. Inoltre la copertura ghiacciata impedisce che il calore immagazzinato dagli oceani sia poi rilasciato nell’atmosfera riscaldandone gli strati inferiori. Il risultato è che l’aria si riscalda più del normale, specie in autunno e in inverno perché in queste stagioni l’oceano è più caldo dell’atmosfera. L’aria riscaldata tende a salire rendendo instabile la colonna atmosferica, spiega Ralf Jaiser, a capo della ricerca, alterando i meccanismi che regolano la pressione e la circolazione dell’aria.

ANTICICLONE – Uno di questi meccanismi controlla le differenze di pressione tra l’Artico e le medie latitudini: le basse pressioni intorno all’Islanda e l’anticiclone delle Azzorre. Se la differenza di pressione tra le due strutture resta alta, i venti occidentali portano aria più calda e umida dall’Atlantico sull’Europa. Se invece la differenza di pressione è minore, i venti occidentali non arrivano – o arrivano con meno intensità – non riescono a impedire che le masse artiche gelate si possano espandere sul continente come è avvenuto negli ultimi due inverni.

STESSI RISULTATI – Recentemente un’altra ricerca indipendente da quella degli studiosi tedeschi era arrivata alla stessa conclusione. Il raffreddamento invernale, dicono in sostanza i meteorologi americani, è da mettere in relazione con il forte riscaldamento al quale sono state sottoposte le regioni artiche nei mesi di luglio, agosto e settembre.

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