Farmaci salvavita: così la burocrazia colpisce i malati di cancro e di diabete

La burocrazia colpisce anche i malati più gravi. Gli italiani ricevono con enorme ritardo la disponibilità ad utilizzare farmaci di nuova generazione che possono aiutare nelle cure contro i tumori, le epatiti e il diabete. Medicine innovative, in alcuni casi salvavita, disponibili, dopo gli accertamenti previsti, negli altri paesi, e bloccate in Italia. Perchè? Per […]

La burocrazia colpisce anche i malati più gravi. Gli italiani ricevono con enorme ritardo la disponibilità ad utilizzare farmaci di nuova generazione che possono aiutare nelle cure contro i tumori, le epatiti e il diabete.

Medicine innovative, in alcuni casi salvavita, disponibili, dopo gli accertamenti previsti, negli altri paesi, e bloccate in Italia. Perchè? Per una serie di paletti burocratici che rendono il percorso di un farmaco, dopo la fase di sperimentazione (che dura attorno ai 10 anni), una vera marcia a ostacoli. Al rallentatore. Mentre esiste un’agenzia con sede a Londra, l’Ema, per l’approvazione delle nuove medicine, in Italia bisogna fare i conti con l’Aifa, l’agenzia nazionale.

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Risultato: prima c’è il test europeo, a Londra, e poi passa almeno un altro anno per gli esami nazionali. Ma non è finita. Una volta superato lo scoglio dell’Aifa ci sono le commissioni regionali, un’altra attesa che varia a secondo delle diverse strutture. I ritardi della burocrazia rappresentano anche un modo per rallentare la spesa sanitaria, in quanto i farmaci anticancro, per esempio, da soli rappresentano il 25 per cento della spesa ospedaliera per i medicinali.

Per uscire da una trappola  che colpisce i malati, ci sono alcuni rimedi possibili, ed anche rapidi. Innanzitutto rendere l’iter più veloce, una volta ricevuto l’ok dalla commissione europea, Perché, per esempio, una medicina che va bene all’Europa non può essere introdotta, magari dopo una certificazione-lampo, in tutti i paesi dell’Unione? Perché duplicare all’infinito i passaggi? In secondo luogo bisogna incentivare l’uso dei generici, che significa un taglio dei costi con gli stessi risultati. In questo modo, allineandoci a un sistema di vendite analogo a quello degli altri paesi europei dove i generici sono la norma, il Servizio sanitario nazionale potrebbe risparmiare 300 milioni l’anno. E dare qualche speranza in più ai malati di cancro e di diabete.

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