Far soldi con gli aiuti umanitari si può.

E’ una specie di rivoluzione copernicana quella fatta dalla ditta danese Vestergaard Frandsen, un mutamento nel punto di vista che ha salvato milioni di vite e arricchito chi l’ha messo in atto. Torben Vestergaard Frandsen e suo figlio Mikken creano, producono e commercializzano oggetti di uso quotidiano per proteggere le popolazioni del Sud del mondo […]

E’ una specie di rivoluzione copernicana quella fatta dalla ditta danese Vestergaard Frandsen, un mutamento nel punto di vista che ha salvato milioni di vite e arricchito chi l’ha messo in atto. Torben Vestergaard Frandsen e suo figlio Mikken creano, producono e commercializzano oggetti di uso quotidiano per proteggere le popolazioni del Sud del mondo dalle malattie. In questa attivita’ non sono i soli, ma sono gli unici a concentrarsi esclusivamente su questo obiettivo e a considerare come loro clienti non le organizzazioni umanitarie che acquistano i prodotti salvavita, ma il bambino ghanese, la donna indiana o l’agricoltore guatemalteco che li devono usare. E sono gli unici a pensare che per prima cosa una zanzariera deve proteggere al 100 per cento, ma se e’ anche bella e’ meglio.

In tempi di crisi la storia della Vestergaard Frandsen, che sul mercato degli aiuti umanitari opera da 16 anni, e’ balzata alla cronaca. Come scrive il New York Times, l’azienda non fornisce dati finanziari, ma e’ accertato che i suoi conti sono largamente in attivo. A farne un’impresa leader nel campo sono l’aver fatto “della responsabilita’ umanitaria l’attivita’ principale”, come riporta il suo sito (www.vestergaard-frandsen.com), e avere ben presente il consumatore nel momento in cui realizza un nuovo prodotto. Nelle strategie economiche questo e’ un assunto fondamentale, ma non quando si parla di prodotti per aiuti umanitari. In genere le aziende che fabbricano zanzariere, filtri per rendere potabile l’acqua e tessuti protettivi pensano ai viaggiatori, invece la ditta danese vuole utilizzare le innovazioni nel design e nella ricerca prima di tutto per “i 6,5 miliardi di persone che hanno un limitato o nullo accesso ai prodotti e servizi di cui beneficia soltanto il 10 per cento della popolazione”.

Con questa filosofia la Vestergaard Frandsen ha brevettato alcuni oggetti che si sono gia’ dimostrati fondamentali nella prevenzione di malattie mortali nei paesi sottosviluppati. Si chiama Life-straw, cannuccia della vita, un tubicino del valore di 3 dollari, lungo 25 centimetri, grazie al quale si puo’ bere in totale sicurezza qualunque acqua, anche la piu’ sporca. Per dimostrare l’efficacia della Life Straw, i cui filtri sono in grado di uccidere batteri, parassiti e virus, il fondatore Torben Vestergaard Frandsen ha bevuto da un water pubblico.

La tecnologia Perma-Net e’ unica nel controllare la diffusione degli insetticidi spruzzati sulle zanzariere, in modo che anche dopo anni di uso e di lavaggio gli agenti anti-insetti siano sempre presenti sulla superficie della rete. Zero-Fly e’ invece un telo di plastica in grado di tenere lontani gli insetti. Nelle situazioni di emergenza la prima cosa che viene distribuita agli sfollati sono teli di plastica con cui ripararsi, i teli Zero-Fly in piu’ hanno incorporati degli insetticidi per prevenire la diffusione di malattie trasmesse da animali.

Tra i dirigenti della ditta danese c’e’ anche un italiano, Giovanni Moscioni, responsabile delle vendite per l’Europa. La sua storia nella Vestergaard Frandsen e’ emblematica della filosofia dell’azienda. “Lavoro con loro da tre anni – racconta – e sono arrivato a questa attivita’ perche’ cercavo una nuova sfida. Ho dovuto cambiare mentalita’, perche’ in genere per vendere bisogna pensare a chi ha piu’ disponibilita’ economiche, invece noi pensiamo a chi ha piu’ bisogno”. “Uno degli aspetti piu’ interessanti di questo lavoro – continua Moscioni – e’ sapere che cio’ che produciamo puo’ avere conseguenze enormi per la vita di milioni di persone”. Moscioni spiega anche perche’ avere presente il lato estetico dei prodotti e’ tanto importante: “Innanzitutto fare in modo che i prodotti usati dai piu’ bisognosi non siano privi di criteri estetici e di design e’ una questione di eguaglianza. Poi c’e’ un aspetto utilitaristico: spesso bisogna convincere la gente che un certo oggetto puo’ davvero salvare loro la vita e il fatto che sia bello puo’ aiutare. Per proteggersi dalla malaria in alcuni paesi bisogna sempre dormire sotto una zanzariera, e allora perche’ non dovrebbe essere bella e funzionale oltre che sicura al cento per cento?”.

Oggi la Vestergaard Frandsen ha filiali in tutto il mondo e laboratori di ricerca specializzati, ma tutto e’ cominciato fabbricando tessuti e trasformando l’ottima lana di divise inutilizzate dell’esercito svedese in coperte per la Croce Rossa. Quando l’azienda ha cominciato a specializzarsi in prodotti per gli aiuti umanitari aveva gia’ due fabbriche al di fuori della Danimarca, in Polonia e in Irlanda, ma la svolta e’ venuta con il programma per debellare la dracunculiasis, un parassita che attraverso l’acqua si radica nel corpo umano, dove diventa un verme lungo fino a un metro. Fu la fondazione dell’ex presidente statunitense Jimmy Carter, nel 1996, a chiedere alla Vestergaard Frandsen di fornire un tessuto abbastanza elastico da poterlo adattare a recipienti di dimensioni diverse senza perdere tutta l’efficacia nel filtrare l’acqua. Oggi si e’ vicini a debellare la dracunculiasis, un obiettivo del quale la Vestergaard Frandsen si attribuisce parte del merito.

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