“Energia, l’efficienza conviene”

L’efficienza energetica prima ancora che di tecnologie sofisticate e grandi investimenti è un fatto di consapevolezza e gesti banali. Un’affermazione che forse a molti può apparire scontata, ma le cose cambiano se a sostenerla è un colosso mondiale dell’economia e del high-tech come Google. Sorpresa lei per prima da come sia facile e conveniente risparmiare […]

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L’efficienza energetica prima ancora che di tecnologie sofisticate e grandi investimenti è un fatto di consapevolezza e gesti banali. Un’affermazione che forse a molti può apparire scontata, ma le cose cambiano se a sostenerla è un colosso mondiale dell’economia e del high-tech come Google. Sorpresa lei per prima da come sia facile e conveniente risparmiare in bolletta, l’azienda americana ha deciso di diffondere questa scoperta a un pubblico più vasto possibile, chiamando a raccolta oggi a Zurigo i responsabili dei data center di mezzo mondo. Il messaggio è chiaro e diretto: "There is no magic in efficiency", ovvero "non c’è nulla di magico nell’efficienza energetica".

Stando alle ultime stime, complessivamente il settore dell’information technology è responsabile di circa il 2% delle emissioni globali di gas serra e di questo 2% una quota compresa tra il 14 e il 18% è dovuto all’enorme consumo di energia richiesto per far funzionare i centri elaborazione dati e tenerli al fresco, evitando che si surriscaldino. Bestioni che possono arrivare a succhiare fino a 10 MW per gestire le richieste a un motore di ricerca, il trading online o l’e-commerce e che generalmente hanno una PUE (power usage effectiveness) intorno a 2. Tradotto da questa speciale unità di misura creata appositamente dal consorzio internazionale Green Grid per calcolare l’efficienza energetica dei data center, significa che circa il 20% di elettricità che assorbono dalla rete viene sprecata per utilizzi (raffreddamento e illuminazione dell’ambiente, ad esempio) che non hanno nulla a che fare con i loro compiti "istituzionali".

 "Siamo partiti dai piccoli DC che utilizziamo non per il motore di ricerca ma nei nostri uffici", spiega alla platea di Zurigo Joe Kava, Direttore delle "data center operations" di Google. "Abbiamo scoperto che eravamo ad una PUE di circa 2,4, la situazione era assolutamente fuori controllo. Nel giro di pochi mesi  –  ricorda – grazie ad investimenti per appena 25 mila dollari siamo attorno e 1,5, il che ci fa risparmiare 67 mila dollari l’anno". "Ebbene – dice ancora Kava  –  sapete quali sono stati gli interventi più importanti? Montare delle tende di plexiglass come quelle delle macellerie dei supermercati intorno alle pile di server e puntare i bocchettoni dell’aria condizionata nella giusta direzione. Per questo vi dico che non bisogna essere un gigante della tecnologia per migliorare l’efficienza, tagliando drasticamente la bolletta".

Urs Hoelzle, vicepresidente senior di Google, incontrando i giornalisti ai margini del "Data Summit" rende il concetto ancora più chiaro: "Si può fare la stessa cosa su qualsiasi scala di grandezza, anzi penso che sia pazzesco non farlo. Eppure la maggior parte delle aziende che gestiscono dei data center non lo fanno. Sono convinte che sia difficile e costoso, ma non si rendono conto di quanto spendono veramente in elettricità e di quanto sia semplice risparmiare. Noi come impresa leader sentiamo la responsabilità di rendere più aziende possibile partecipi di questa nostra scoperta".

Il fatto che molto possa essere ottenuto praticamente a costo zero con accorgimenti "da massaia" non significa che Google non sia al lavoro per trovare soluzioni più radicali e spettacolari. L’incontro di Zurigo è stato quindi occasione per illustrare i progressi compiuti nella realizzazione dell’avveniristico data center di Hamina, in Finlandia. In una vecchia cartiera degli anni ’50 in riva al Baltico, entro la fine dell’anno dovrebbe entrare in funzione un innovativo sistema di raffreddamento ad acqua marina a bassissimo impatto ambientale e ridottissimi consumi energetici. Un gioiello costato circa 200 milioni di euro che si va ad aggiungere ai data center di minori dimensioni che già oggi in Belgio e Irlanda utilizzano rispettivamente l’acqua di un canale di scolo e l’aria esterna per tenere i computer al fresco.

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