Energia dal sole: la svolta grazie al Dna dei batteri marini

I microrganismi che vivono nelle acque di mari e oceani – se consentiamo il paragone un po’ azzardato – potrebbero essere considerati dei piccolissimi pannelli solari viventi: sfruttano la radiazione del sole per produrre energia. E i meccanismi che utilizzano per catturare i raggi sarebbero – a detta degli esperti –  molto utili per far […]

I microrganismi che vivono nelle acque di mari e oceani – se consentiamo il paragone un po’ azzardato – potrebbero essere considerati dei piccolissimi pannelli solari viventi: sfruttano la radiazione del sole per produrre energia. E i meccanismi che utilizzano per catturare i raggi sarebbero – a detta degli esperti –  molto utili per far avanzare le tecnologie nel campo delle energie rinnovabili, peccato che non siano ancora del tutto chiari.

In questo caso, infatti, cercare di copiare la natura non è cosa da poco, considerata la difficoltà riscontrata dagli scienziati nel decodificare il genoma di tali microscopici esseri viventi.  Ma ora, grazie a una tecnica innovativa, i ricercatori dell’Università di Washington a Seattle starebbero per trovare il bandolo della matassa.

Il nuovo metodo permette di analizzare il Dna delle comunità microbiche direttamente nel loro ambiente naturale, evitando il problema del prelevamento e della successiva coltivazione in laboratorio per le analisi – non tutti gli organismi, infatti, si adattano a essere coltivati in laboratorio – e si compone in 2 momenti.

Durante il primo, si analizza il campione d’acqua con un dispositivo che esegue una sorta di mappa a tappeto di tutta la comunità microbica presente. Nel secondo, invece, un programma seleziona le migliori sequenze da leggere e le assembla per ottenere un genoma abbastanza completo.
Così facendo gli studiosi- sotto la guida di Vaughn Iverson – sono riusciti a mappare il Dna di tutti gli organismi contenuti in una singola goccia d’acqua (quindi milioni) di un campione dell’estuario di Puget Sound, nello Stato di Washington.

Particolarmente interessante, all’interno della rilevazione, il genoma di un organismo molto primitivo, un archeobatterio, appartenente al gruppo degli Euryarchaeota.  Proprio partendo da qui – secondo i ricercatori – sarà possibile arrivare a svelare l’origine di una molecola, chiamata proteorodopsina, che questo e altri batteri utilizzano per raccogliere l’energia dalla luce solare.

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