Ecco la verita’ sulla Protezione civile: un caso italiano di autolesinionismo e di sprechi

Quella della Protezione civile é una storia tutta italiana, un impasto di competenze e di opacità, di coraggio e di malaffare, di passione civile e di volgare speculazione, di eccessi a catena sia quando si tratta di aprire il rubinetto della spesa pubblica sia quando bisogna chiuderlo sotto l’incalzante pressione dell’opinione pubblica e di qualche […]

Quella della Protezione civile é una storia tutta italiana, un impasto di competenze e di opacità, di coraggio e di malaffare, di passione civile e di volgare speculazione, di eccessi a catena sia quando si tratta di aprire il rubinetto della spesa pubblica sia quando bisogna chiuderlo sotto l’incalzante pressione dell’opinione pubblica e di qualche procura della Repubblica. Sullo sfondo, un Paese che non riesce mai a difendere i suoi punti di forza, a valorizzarli, ma quasi con una sindrome autodistruttiva diventa spietato nel distruggere anche le eccellenze per poi ritrovarsi, di fronte a qualsiasi calamità, nudo di fronte al disastro e al pericolo che ne consegue per tutti i cittadini. La storia recente inizia nel 2001 quando Silvio Berlusconi mette la Protezione civile, istituita già nel 1982, sotto l’ombrello della presidenza del Consiglio. E’ una scelta che ha la sua logica perché una struttura così complessa e strategica per il sistema Paese può funzionare solo se ha una sua autonomia, finanziaria  e operativa, e se può scavalcare, al momento dell’emergenza, la giungla di burocrazia, veti e controveti, firme e autorizzazioni che hanno reso l’Italia la patria del . Da quel momento non c’é  calamità naturale, o evento straordinario, terremoto, alluvione, emergenza rifiuti, che non veda in prima fila, e quasi sempre con ottimi risultati, i 700 dipendenti e migliaia di volontari della Protezione civile. Il modello italiano  per affrontare l’emergenza funziona, con riconoscimenti che una volta tanto arrivano da tutto il mondo e con un’efficacia che perfino sorprende per la sua cronometrica puntualità . Il dominus di un miracolo all’italiana si chiama Guido Bertolaso che però, proprio alla fine del suo mandato, viene travolto dal fango di una serie di inchieste con quattro procure della Repubblica (Roma, Firenze, L’Aquila e Perugia) che indagano sugli appalti, assegnati con procedure straordinarie, nel nome e per conto della Protezione civile. L’uomo della Provvidenza viene trasformato in una sorta di regista occulto del malaffare, il servitore dello Stato, quale Bertolaso si é dimostrato sul campo, é colpito al cuore nella sua reputazione  e nella sua onorabilità. E si scopre però che il sistema della Protezione civile, in dieci anni, si é allargato come una gigantesca fabbrica di lavori pubblici, servizi e forniture, andando molto oltre il perimetro dell’emergenza e degli eventi straordinari. Si sono così moltiplicate, allo stesso tempo, le piogge di ordinanze (628 in dieci anni) e di soldi (oltre 17 miliardi di euro) riconducibili agli interventi della Protezione civile. La rapidità degli interventi a L’Aquila nei terribili giorni del sisma si é confusa con gli affari per i mondiali di nuoto e di ciclismo, la necessità inderogabile di pulire le strade di Napoli e di cancellare le immagini e i rischi di una città sommersa dai rifiuti si é mescolata con un giro di appalti  per i faraonici lavori in vista del G8, poi spostato, nell’isola della Maddalena.Tutto é diventato emergenza, nel buio delle scorribande di quella piovra, altro male endemico del Belpaese, che vede alleati nel depredare lo Stato e le sue casse, personaggi di varia natura, politici spregiudicati, affaristi, finti imprenditori, eminenze e potenti burocrati dello Stato. Tipi da cricca, per intenderci.

Sotto la slavina degli scandali e delle lotte di potere che ne derivano, e senza ancora lo straccio di una sentenza, la Protezione civile é rimasta sepolta. Di fatto azzerata, sia sul piano della operatività sia per quanto riguarda le risorse disponibili. Come al solito, e in Italia questo film si é visto spesso, é stato gettato nel mare il bambino con l’acqua sporca e mentre Bertolaso é impegnato a difendersi dalle accuse ricevute a raffica, il modello italiano dell’emergenza é stato cancellato: si é passati, con incredibile e autolesionista disinvoltura, dai 17 miliardi di euro messi sul tavolo negli anni dell’onnipresenza agli zero euri di oggi, considerando che qualsiasi spesa della Protezione civile deve ricevere la firma del ministero dell’Economia e il controllo preventivo della Corte dei Conti.

E ci voleva l’emergenza del maltempo, con una nevicata romana fuori misura, per mettere il governo di fronte alla necessità di decidere il futuro della Protezione civile, in un modo o nell’altro, e gli italiani di fronte allo scempio che é stato fatto di un sistema che ci faceva sentire tutti più sicuri, protetti appunto. Si discute tornado al punto di partenza, e cioé dove mettere la Protezione civile. Sotto l’ombrello del ministero degli Interni, del ministero dell’Economia, della presidenza del Consiglio, o magari in condominio, spartendo competenze, soldi  e poteri dell’emergenza: il dossier  é nelle mani della ragionevolezza del presidente Mario Monti. Speriamo che qualcosa di buono, di una tipica storia nazionale, sia restituito agli italiani.   

 

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