Le piogge che si trasformano in una trappola mortale, come è appena successo nelle Marche? Colpa del clima che cambia e si tropicalizza ma anche dell’avanzata dell’asfalto che diminuisce la capacità del terreno di catturare l’acqua. Il consumo di suolo è allarmante, ma non tutti i dati che circolano sono attendibili. Un punto di riferimento affidabile viene dall’ultima edizione del rapporto Ambiente Italia, curato dagli esperti di Legambiente.
In Italia – si legge nella ricerca – vengono consumati mediamente oltre 500 chilometri quadrati di territorio all’anno. E’ come se ogni quattro mesi spuntasse una città uguale all’area urbanizzata del comune di Milano. Sommando quanto è stato finora coperto da cemento e asfalto si arriva a un numero impressionante: 2.350.000 ettari. E’ una superficie equivalente a quella di Puglia e Molise messe assieme, cioè il 7,6% del territorio nazionale, quasi 400 metri quadrati di asfalto per ogni italiano.
Questa pressione – calcolata da Legambiente e dall’Istituto nazionale di urbanistica attraverso il Centro di ricerca sui consumi di suolo, con il supporto scientifico del Dipartimento di architettura del Politecnico di Milano – si è andata intensificando negli ultimi 15 anni. Fino a portare alla fotografia del consumo
di suolo scattata nel 2010: la Lombardia risultava in testa con il 14% di superfici artificiali, il Veneto seguiva con l’11%, la Campania con il 10,7%, il Lazio e l’Emilia Romagna con il 9%. Un trend che, sia pure partendo da una situazione diversa, sta contagiando anche regioni che mantengono un forte carattere rurale come Molise, Puglia e Basilicata.
"Bisognerebbe fare come in molti paesi europei che stanno ponendo un freno all’urbanizzazione selvaggia – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – Ma nell’ultimo decreto Milleproroghe si fa esattamente il contrario. Si consente ai Comuni, per i prossimi due anni, di adoperare il 75% degli oneri di urbanizzazione per le spese correnti: vuol dire spingerli a rilasciare permessi a edificare, anche dove non sarebbero necessarie nuove costruzioni, per pagare gli stipendi dei dipendenti".
Il risultato di questa tecnica di fund raising da parte dei Comuni è che a Napoli e a Milano, nel 2007, le superfici impermeabili coprivano il 62% del suolo. Un mare di case troppo spesso vuote. Nelle stesse città in cui l’emergenza sfratti è più pesante, quasi un milione di case risultano vuote perché economicamente irraggiungibili da chi aspirerebbe a occuparle. In Italia, insomma, non si punta sul recupero dell’esistente ma sulla trasformazione di nuove aree, non si costruisce per dare abitazioni a chi ne ha bisogno ma "per soddisfare la speculazione immobiliare e finanziaria".