Consumi, l’Italia divisa dalla spesa

Il carrello scotta. A sorpresa, piu’ al Sud che al Nord. Cosi’, fare la spesa a Sassari costa 900 euro piu’ che a Firenze. Per gli stessi prodotti e nella stessa quantita’, nonostante l’inflazione sia sotto controllo e i prezzi dei prodotti alimentari addirittura in discesa. Quasi tutti. Fa eccezione la pasta, cresciuta inspiegabilmente del […]

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Il carrello scotta. A sorpresa, piu’ al Sud che al Nord. Cosi’, fare la spesa a Sassari costa 900 euro piu’ che a Firenze. Per gli stessi prodotti e nella stessa quantita’, nonostante l’inflazione sia sotto controllo e i prezzi dei prodotti alimentari addirittura in discesa. Quasi tutti. Fa eccezione la pasta, cresciuta inspiegabilmente del 33% dal 2007. Un vero e proprio record. Le famiglie, intanto, sono piu’ povere.

Si riduce il potere di acquisto (del 2,6% nel 2009) e il 17% tra loro non arriva alla quarta settimana. In questo quadro, a sciogliere il luogo comune – si spende meno da Roma in giu’ – e a scattare un’istantanea sui cartellini dei prodotti di uso quotidiano arriva l’indagine di “Altroconsumo” 1. Fare la spesa in Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia (ma anche nel Lazio e in Abruzzo), secondo l’associazione dei consumatori presieduta da Paolo Martinello, costa molto sopra la media. Media che l’Istat certifica in 6.300 euro per ogni famiglia nel 2009. La scarsa concorrenza tra catene e punti vendita rende impossibile per chi vive nel Mezzogiorno spuntare scontrini migliori.

Cosi’, riempire il carrello conviene a Firenze, Verona, Pisa, dove la spesa si aggira attorno ai 5.700 euro annui, sotto la media. Ma anche a Treviso, Udine, Arezzo, Livorno, Alessandria, dove e’ al di sotto dei 6 mila euro. Supera, invece, i 6.600 euro a Sassari e Catania. Ed e’ sopra i 6.500 euro ad Ancona, Roma, Lecce, Pescara, Messina. Differenze notevoli. Tra Firenze
(la migliore) e Sassari (la peggiore) corrono quasi mille euro. Per l’acquisto degli stessi, identici, prodotti di marca e nelle stesse quantita’.

L’indagine di Altroconsumo – condotta su prodotti di 421 brand, monitorati lo scorso maggio in 926 punti vendita visitati (tra hard discount, super e ipermercati) di 62 citta’ italiane – svela anche il paradosso della pasta, il cui prezzo e’ triplicato senza motivo in tre anni, dopo i rialzi del 2007 dovuti alle tensioni internazionali sul costo del grano. L’impennata sulla materia prima e’ rientrata, ma i prezzi finali non sono piu’ tornati a livelli accettabili. Mentre olio, saponette, coca cola, pelati scendono (i pomodori addirittura del 26%), anche il detersivo lievita del 14%, i corn flakes del 15%, la mozzarella del 3%.

I risparmi, secondo l’inchiesta, sono comunque possibili. Fino a 1.600 euro l’anno. Dal confronto tra un carrello “tipo” con prodotti di marca e uno low cost, Altroconsumo individua nei prodotti “hard discount” il vantaggio piu’ consistente (-61% di minor esborso rispetto agli equivalenti di marca). Bene anche i prodotti “primo prezzo”, quelli con il valore piu’ basso per ciascuna categoria (-50% di risparmi) e quelli che portano il brand del centro commerciale (-41%). I prodotti di marca in offerta convengono sempre (-21%). Ma, avverte l’associazione, la variabilita’ di prezzo tra punti vendita puo’ raggiungere anche il 30% sul singolo prodotto in offerta. “Una vera giungla”, in cui e’ complicato orientarsi. Nella gara tra Coop ed Esselunga, per molti anni regina tra le catene meno esose, quest’anno si inserisce Iper, risultata la piu’ economica. Maglia nera per Standa/Billa: un carrello “tipo” costa qui il 12% in piu’ che da Iper. Il carrello low cost conviene, invece, da Eurospin.

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