Consulta, un club esclusivo che ci costa 62 milioni l’anno

Si dira’: questo non e’ il momento per pensare alle riforme, meno che mai a quelle costituzionali. Dal Pd all’Udc passando per l’Idv, tutti si affrettano a dire che occorre guardare alla crisi e semmai fare le cosiddette riforme strutturali. Ora, un dato e’ certo: le riforme, i cambiamenti, si fanno in occasione delle grandi […]

Si dira’: questo non e’ il momento per pensare alle riforme, meno che mai a quelle costituzionali. Dal Pd all’Udc passando per l’Idv, tutti si affrettano a dire che occorre guardare alla crisi e semmai fare le cosiddette riforme strutturali. Ora, un dato e’ certo: le riforme, i cambiamenti, si fanno in occasione delle grandi crisi, quando sono rese indispensabili e non piu’ rinviabili. A bocce ferme, le riforme non si fanno mai per la semplice ragione che prevale, irresistibilmente, la tendenza conservatrice. In epoca di crisi economica globale come quella che colpisce anche l’Italia, giunge il momento in cui persino il partito della conservazione per antonomasia, il Pd, si dichiara a favore delle riforme. Ed allora, riforme siano! Ma senza pregiudizi e senza esclusioni.
Io credo che, ad esempio, a proposito di taglio dei costi della politica e delle istituzioni, si imponga una seria riflessione e qualche decisione sulla vexata quaestio della composizione e del funzionamento della Corte costituzionale. Non puo’ sfuggire a un osservatore attento il dato impressionante dei costi di una Corte come quella costituzionale, composta da quindici giudici e che costa ogni anno all’erario poco piu’ di 62 milioni di euro. Un’istituzione cosi’ importante non puo’ esser gestita con il criterio della lesina. Siamo d’accordo. Deve valere per la Corte costituzionale come per la presidenza della Repubblica un criterio di spese adeguate alla dignita’ dell’istituzione e delle cariche. Ma mi sembra che nel bilancio della Corte si possa fare qualche taglio. Il fatto che ciascuno dei quindici giudici costituzionali costi mediamente 539mila 266 euro l’anno, cioe’ 44mila 938 euro al mese fa riflettere. Ma ancor piu’ appare incomprensibile il fatto che il personale in attivita’ di servizio costi annualmente circa 28 milioni e mezzo di euro. Il costo medio annuo, in questo caso, e’ di 79mila 412 euro, che diviso per mese fa 6.617 euro circa. Non poco se si considera che tra questo personale sono numerosi uscieri, commessi e segretari.
Che poi si spendano 790mila euro l’anno per noleggio, assicurazione e parcheggio di autovetture e’ un dato imbarazzante. chiaro che in Italia vige il criterio per cui tutti hanno diritto a un’auto di servizio con autista. Probabilmente qualcuno di questi signori avra’ diritto anche ad un’adeguata scorta con tutti i costi relativi.
Quanto e’ diversa la Corte suprema degli Stati Uniti. In un brillante film di qualche anno fa in cui Walter Matthau interpretava un giudice della Corte suprema piuttosto misogino che si trovava a fare i conti con una brillante collega emancipata, il giudice per raggiungere ogni mattina la Corte prendeva un taxi, mentre la giovane collega raggiungeva il suo ufficio a bordo della sua vecchia auto. Tutto questo in Italia e’ impensabile. Eppure, non credo che la Corte suprema sia meno autorevole di quella italiana. Il fatto e’ che, in questo splendido paese, vi sono abitudini e privilegi dell’alta dirigenza statale e della politica che sono intoccabili. Se si proponesse di eliminare certe inutili scorte che costano all’erario somme enormi per mantenere in piedi tre turni di sorveglianza 24 ore su 24, si alzerebbe immediatamente la protesta di qualche anima bella che griderebbe all’attentato contro la democrazia. Altre spese inserite nel bilancio della Corte appaiono piu’ comprensibili, ad esempio i 360mila euro per l’acquisto e rilegatura di libri. In fondo sono poco piu’ di 700 milioni di vecchie lire.

Di fronte a tutto cio’ il cittadino comune ha il diritto e anzi il dovere di chiedere spiegazioni, tanto piu’ se l’organo di cui si tratta e’ la Corte costituzionale, il supremo garante della difesa della Costituzione. Un ultimo numero su cui riflettere, i 18 giudici costituzionali in pensione costano ogni anno 4 milioni 570mila euro, appena 253mila 888 euro ciascuno, non molto piu’ della pensione sociale.
Tagliare si puo’, senza mettere sulla paglia i poveri giudici costituzionali. Una riduzione del 15, o anche del 20 o se si vuole del 30%, non sarebbe scandalosa, in fondo si puo’ arrivare alla fine del mese anche con 30mila euro, e se si e’ pensionati anche 150mila euro possono bastare se non si hanno spese straordinarie. Qualcuno tra i tanti moralisti che popolano l’Italia si dira’ scandalizzato da queste mie considerazioni e difendera’ i giudici costituzionali italiani dal confronto con quelli, assai meno pagati, di tanti altri Paesi.
Per concludere, se si vuole uno Stato piu’ leggero si puo’ tagliare, senza troppi rimorsi, i tanti privilegi di certo personale politico o parapolitico. Qualche commentatore mi critichera’ perche’ ho usato a proposito dei giudici costituzionali il termine politico. Ma sappiano questi difensori del politicamente corretto che non ho fatto altro che ripetere quanto detto da uno dei piu’ autorevoli presidenti della Corte costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, ora uno dei 18 pensionati, il quale riconobbe che molti giudici hanno un’investitura che ha una matrice politica… e sono naturalmente orientati, almeno nella prima fase della discussione, a sottolineare alcuni o altri aspetti costituzionali.
Per mettere rimedio a questa situazione vi sono molte cose da fare. Una e’ cambiare l’articolo 135 della Costituzione che disciplina la composizione della Corte e la nomina dei giudici. Ma questo e’ un altro discorso e ne scrivero’ una prossima volta. Per intanto, mi accontenterei che si decidesse di dare una vera e sostanziosa sforbiciata al bilancio di questa operosissima ma anche onerosissima istituzione.

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