Campus universitari verticali: nuova frontiera della bioarchitettura

Il 15 settembre scorso ha ufficialmente aperto le porte a New York 41 Cooper Square, la nuova sede dell’università statunitense “Cooper Union” progettata dall’architetto Thom Mayne dello studio Morphosis. La nuova struttura ospita la facoltà di Ingegneria nonché ampi spazi per le facoltà di Scienze sociali e umanistiche, di Architettura e dell’Accademia delle belle Arti. […]

Il 15 settembre scorso ha ufficialmente aperto le porte a New York 41 Cooper Square, la nuova sede dell’università statunitense “Cooper Union” progettata dall’architetto Thom Mayne dello studio Morphosis. La nuova struttura ospita la facoltà di Ingegneria nonché ampi spazi per le facoltà di Scienze sociali e umanistiche, di Architettura e dell’Accademia delle belle Arti.

Il nuovo campus è un edificio di nove piani articolato attorno a un atrio centrale, illuminato da un lucernario, che si sviluppa per l’intera altezza dell’edificio ed è attraversato da passerelle che collegano l’edificio alla Third Avenue. Un involucro a rete accoglie la scala principale che si estende sino al quarto piano attraversando l’atrio centrale.

Il cuore sociale del “campus verticale” è una piazza verticale, uno spazio centrale creato per uno scambio informale di tipo intellettuale e creativo tra studenti e insegnanti, come sempre accade nelle università anglosassoni, ma anche per garantire una luce naturale a tutto l’edificio.
Gli spazi istituzionali principali – sale convegni, spazi di aggregazione, aule per i seminari e sale computer – sono sistemati nelle sky lobby, delle grandi aule polifunzionali che circondano l’atrio centrale al quarto e all’ottavo piano.

In armonia con l’idea di università attenta alla sostenibilità, dove l’istituzione è orientata a un tipo di educazione aperta e facilmente accessibile, l’edificio stesso risulta simbolicamente aperto alla città e ricco di soluzioni tecniche di avanguardia.

Il suo involucro semi-trasparente consente infatti una “permeabilità” visiva della struttura che rende più facile l’integrazione del campus nel quartiere urbano. La trasparenza della facciata esterna consente infatti ai passanti e al vicinato di osservare le attività che si svolgono all’interno. Molte funzioni pubbliche sono collocate al pian terreno; tra queste anche una galleria espositiva ed un auditorium per 200 posti a sedere.

La struttura è ovviamente anche un esempio di architettura sostenibile. Con una efficienza energetica pari al 40% in più rispetto a un edificio standard della stessa categoria, 41 Cooper Square è il primo edificio accademico newyorkese a ottenere la certificazione americana LEED*.
La “doppia pelle” in vetro e acciaio migliora le prestazioni dell’edificio perché funge da coibentazione termica, oltre a garantire il controllo della luce naturale solare, dell’energia e della ventilazione.
I pannelli perforati in acciaio che disegnano la superficie dell’edificio, assieme al vetro e all’alluminio, contribuiscono a ridurre la propagazione di calore durante i mesi estivi e ad isolare gli spazi interni durante l’inverno garantendo un efficace risparmio energetico all’intero complesso.

L’atrio centrale a tutt’altezza poi facilita la circolazione d’aria poiché si comporta come una torre del vento, ossia un camino che convoglia verso l’alto l’aria calda garantendo una ventilazione naturale oltre alla discesa della luce naturale fino ai piani più bassi. Infatti, il 75% degli spazi utilizzati è illuminato naturalmente, con un ulteriore risparmio energetico considerevole.

41 Cooper Square non è un esempio isolato di architettura universitaria cittadina attenta ai principi della sostenibilità, sia nel costruito che nelle relazioni sociali. E’ noto che un buon ambiente spaziale favorisce la concentrazione, la sensazione di benessere e di conseguenza il rendimento scolastico e le buone relazioni.

Gli americani fanno testo in questo, ma anche in Europa ci sono ottimi esempi di campus costruiti secondo questi criteri. Basta insistere e presto ne avremo anche noi. Almeno si spera.

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