Calcutta diventa una città azzurra

Vivete in una città di 14 milioni di abitanti oppressa dalla povertà, soffocata dall’inquinamento, allagata dai monsoni, avvelenata dall’arsenico, costellata di baraccopoli, e attraversata ogni giorno da decine di migliaia di mendicanti? Da oggi non avete più motivo di preoccuparvi: una bella spennellata di blu, e tutto si risolve. No, non è una barzelletta. È […]

Vivete in una città di 14 milioni di abitanti oppressa dalla povertà, soffocata dall’inquinamento, allagata dai monsoni, avvelenata dall’arsenico, costellata di baraccopoli, e attraversata ogni giorno da decine di migliaia di mendicanti? Da oggi non avete più motivo di preoccuparvi: una bella spennellata di blu, e tutto si risolve.

No, non è una barzelletta. È la ricetta che la signora Mamata Banerjee, primo ministro dello Stato indiano del Bengala Occidentale, ha ideato per risollevare le sorti di Calcutta («Kolkata» per gli indiani), la megalopoli famosa per il suo degrado urbano e per il suo alto tasso di invivibilità.
«Abbiamo scelto questo colore perché si lega bene al motto del nuovo governo», ha spiegato il ministro dello sviluppo urbano ai giornali locali: «The sky is our limit», il nostro limite è il cielo. Ah. Chissà cosa ne penserebbero il poeta Rabindranath Tagore, l’economista Amartya Sen o la stessa Madre Teresa, tre premi Nobel che a Calcutta sono l’orgoglio cittadino.

Ma la cosa sembra ormai decisa. E quindi blu diventeranno i palazzi governativi e comunali, e blu saranno anche i pali della luce, la segnaletica stradale, le transenne e gli spartitraffico, gli autobus e persino i taxi (ora gialli) che scorrazzano per la città. L’amministrazione prevede persino sgravi fiscali per tutti i privati che decideranno di uniformarsi al nuovo colore metropolitano.
Così non si vedrà più quell’intonaco scrostato e scolorito che rende così lugubri certi quartieri e sparirà una volta per tutte quell’alone un po’ tetro che sembra ricoprire la città, soprattutto quando i nuvoloni carichi di pioggia monsonica si radunano a poche decine di metri dai suoi tetti. Anche i poveri, forse, sembreranno un po’ meno poveri.

Ovviamente i giornali indiani, sentita la notizia, non hanno perso tempo. «Trovare la giusta tonalità di colore è senza dubbio un primo passo cruciale per rendere una città più sicura, più igienica, più pulita e generalmente più vivibile per i suoi abitanti», commentava sarcastico il «Calcutta Telegraph» l’altro giorno in un editoriale titolato «La rovina blu».
L’autore dell’articolo poi si chiedeva: «Il blu del cielo non è forse la metafora perfetta per una città irreale, una città che non può o non deve esistere, se non nelle chiacchiere?».
Certo, la capitale del Bengala non sarebbe la prima città monocromatica dell’India. La splendida Jaipur, in Rajasthan, è famosa per il rosa dei suoi palazzi (la leggenda vuole che sia stata fatta colorare nel 1876 dal governo coloniale per celebrare la visita del principe Alberto e della regina Vittoria). E Jodhpur, non lontano, ha avuto per prima l’onore dell’epiteto di «città blu dell’India», proprio per il colore diffuso che storicamente ha caratterizzato i suoi palazzi (ma anche qui c’è incertezza: c’è chi parla del colore scelto dalla casta brahmina per le proprie case, e chi sostiene che il blu sia un ottimo deterrente per le zanzare).

E comunque nessuna di queste città ha deciso di investire una cifra come dieci milioni di euro per colorarsi, soprattutto quando le infrastrutture più importanti cadono a pezzi, come commenta acido il «Times of India», quotidiano in lingua inglese: «Calcutta piange per la mancanza di ospedali e strade migliori, ma il governo locale della città spenderà i propri fondi per lo sviluppo solo per la sua cosmetica».
Difficile dargli torto. Eppure il sindaco Sobhan Chatterjee sembra entusiasta all’idea, senza esitazioni: «Il blu è un colore bellissimo, ed è rilassante per gli occhi».
Sarà. Meno male che il suo colore preferito non è il fucsia, che invece è toccato agli abitanti di Aurangabad, città infestata da bande criminali e da ribelli maoisti nel vicino Stato del Bihar, uno dei luoghi più poveri e violenti dell’India.

Sei anni fa il governo locale aveva deciso che una bella spennellata di fucsia su tutti gli edifici cittadini avrebbe aiutato a trasformare lo sfortunato distretto in un’oasi di pace. Ecco cosa dichiarò a tal proposito A. K. Singh, un ufficiale governativo locale: «Nessun colore meglio del rosa simbolizza buonumore, un senso di relax e di sensazioni positive, oltre a creare un senso di armonia e amicizia all’interno della comunità».
Quattro mesi fa una bomba piazzata nei pressi di un seggio alle elezioni locali ha causato sette morti.

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