Battaglia per pensionare le lampadine

Per qualcuno la luce gialla e calda della lampadina a incandescenza di una volta è un immediato richiamo nostalgico al buon tempo antico. In Italia e in tutta l’Unione Europea come noto quelle lampadine non sono più in circolazione, comprarne non è possibile. Qualcuno sostiene (nostalgicamente, perché in realtà non è neanche vero) che quelle […]

Per qualcuno la luce gialla e calda della lampadina a incandescenza di una volta è un immediato richiamo nostalgico al buon tempo antico. In Italia e in tutta l’Unione Europea come noto quelle lampadine non sono più in circolazione, comprarne non è possibile. Qualcuno sostiene (nostalgicamente, perché in realtà non è neanche vero) che quelle «nuove» e moderne non danno la stessa luce, e se ne ha qualcuna da parte se le tiene ben strette. Fatto sta che quelle piccole, romantiche lampadine hanno un «piccolo» difetto: il 95 per cento dell’energia che producono non è luce, ma calore. Durano poco, ma soprattutto sprecano energia e generano una montagna di emissioni di gas serra.

È anche per questo che l’UNEP – l’organizzazione dell’ONU per l’ambiente – insieme al Global Environment Facility (GEF) sta battendosi perché a livello planetario il più presto possibile le vecchie lampadine vengano sostituite ovunque da quelle più moderne, le cosiddette CFL (a fluorescenza) o quelle a LED (ancora migliori e prive di mercurio, come quelle a fluorescenza). Lampade che peraltro durano 10-12 volte di più.

I numeri parlano chiaro. La IEA, l’Agenzia Internationale per l’Energia, ha stimato che nel 2007 l’illuminazione ha rappresentato il 19 per cento dei consumi globali di elettricità. Per capirci, è l’intera produzione elettrica di tutte le centrali nucleari del pianeta. Per generare l’elettricità per l’illuminazione, vengono emessi la bellezza di 1528 milioni di tonnellate di gas serra (dati del 2005). Equivale all’8 per cento del totale delle emissioni mondiali, o per fare un paragone a due terzi delle emissioni prodotte da tutte le automobili in giro per la Terra. E se si pensa che per il 2030, viste le tendenze in atto nei paesi in via di sviluppo (che giustamente, vogliono lampadine e lampioni anche loro…), si stima che la domanda di luce artificiale aumenterà del 60 per cento, si capisce che non si tratta più di nostalgia, ma di salvare il pianeta dal riscaldamento globale e dalle sue conseguenze.

Il progetto dell’UNEP/GEF, decollato nel 2009 e sviluppato anche con alcune industrie private del settore, ha un semplice obiettivo: dimezzare le emissioni e gli sprechi eliminando entro il 2016 tutte le vecchie lampadine e sistemi di illuminazione. Riuscirci equivarrebbe ad azzerare tutti i consumi elettrici di Gran Bretagna e Danimarca sommate. «È un obiettivo assolutamente necessario e praticabile – dice il capo dell’UNEP, Achim Steiner – perché non solo si contribuisce alla difesa dell’ambiente, ma si ottengono risparmi importantissimi, per le aziende e i privati».

In Europa ormai il problema è stato risolto; in molti paesi dell’OCSE (quelli più ricchi e industrializzati) le vecchie lampadine sono in corso di graduale eliminazione. Bisogna accelerare, soprattutto nei paesi emergenti e in via di sviluppo, dove la domanda di illuminazione è ovviamente in forte crescita. Qualche segnale positivo, anche importante, per fortuna arriva. A Durban, a margine della Conferenza sul clima, il Sudafrica ha formalmente annunciato con il ministro dell’Ambiente Duipo Peters un piano in cinque anni. Stessa cosa ha fatto l’Uruguay. E soprattutto, con una legge approvata lo scorso settembre si è mossa la Cina, che (incidentalmente) è il maggior produttore e consumatore mondiale delle energivore lampadine a incandescenza, con 3,85 miliardi di pezzi.

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