Arrivano i piani regolatori a crescita zero

Un nuovo quartiere di villette che porta in dote al Comune una strada e due rotonde. Oppure un centro commerciale che frutterà una pista ciclabile, una piscina, magari un asilo. Come si comportano i Comuni, quando non hanno abbastanza soldi e hanno bisogno di opere pubbliche? Quasi sempre cercano di ottenerli con gli oneri di […]

Un nuovo quartiere di villette che porta in dote al Comune una strada e due rotonde. Oppure un centro commerciale che frutterà una pista ciclabile, una piscina, magari un asilo. Come si comportano i Comuni, quando non hanno abbastanza soldi e hanno bisogno di opere pubbliche? Quasi sempre cercano di ottenerli con gli oneri di urbanizzazione. In Lombardia, invece, c’è chi ha fatto una scelta controcorrente. Sono i Comuni di Cassinetta di Lugagnano, Solza, Pregnana Milanese, Ozzero e Ronco Briantino. Questi cinque centri, tutti sotto i 10 mila abitanti, hanno adottato un piano regolatore «a crescita zero». Ovvero, un piano che non concede più costruzioni su terreno vergine, né permette di fare varianti per rendere un terreno agricolo edificabile. Si può costruire solo sull’esistente o sulle aree dismesse e si fanno eccezioni solo per le aziende situate nella zona industriale e che abbiano necessità di espandersi, perché questo giova al mercato del lavoro.

STOP ALLE COSTRUZIONI – Pioniere in questo campo è stato il Comune di Cassinetta di Lugagnano, piccolo centro di 1.800 abitanti sul Naviglio Grande, nel Parco del Ticino. Qui il piano di governo del territorio (Pgt) «a crescita zero» è in vigore dal 2007. «Volevamo svincolare il futuro del nostro territorio dalle esigenze di bilancio. In Italia la pianificazione urbanistica è pressoché assente, e dove non vi sono regole a garanzia dell’interesse collettivo, prevalgono gli interessi di pochi, di chi domina il mercato», spiega il sindaco e blogger Domenico Finiguerra, che in questi anni si è dedicato anche alla fondazione di un movimento nazionale contro il consumo di territorio. «È un meccanismo deleterio, che permette di finanziare i servizi ai cittadini con l’edilizia. Si tratta però di entrate una tantum e siccome il territorio non è infinito, prima o poi termineranno».

RISPARMIO, GARE E MATRIMONI – Ma come si fa a tenere in piedi un bilancio rinunciando a una fonte di introito così importante? Con rinunce a ciò che non è indispensabile (niente staff per il sindaco, niente auto comunali, niente eventi se non sono sponsorizzati) e poi dedicando molto tempo alla stesura di progetti per la partecipazione a bandi di finanziamento pubblici e privati. «Solo per la nuova scuola dell’infanzia abbiamo acceso un mutuo da un milione di euro, coperto con l’aumento di un punto dell’Ici sulle seconde case, sui capannoni e sulle attività produttive. Una sorta di tassa di scopo», spiega Finiguerra. La fonte di introito più originale a Cassinetta è però quella dei matrimoni: in Comune ci si può sposare anche a mezzanotte, e sindaco e consiglieri vanno a celebrare le nozze ovunque gli sposi vogliano: il paese è pieno di ville settecentesche sul Naviglio che possono essere affittate per il ricevimento. Ovviamente, le tariffe sono elevate, ma questo ha portato nelle casse comunali quasi 20 mila euro l’anno scorso.

LE CRITICHE E IL PARERE DEI COSTRUTTORI – «Un piano simile può tenere in piedi un paesello, ma non può funzionare in una città». È un piano «bello nell’idea, ma irrealizzabile». «È solo una moda che passerà». Queste le critiche più frequenti che i Comuni si sono trovati ad affrontare. Anche la Provincia di Torino, tuttavia, ha recentemente adottato un piano territoriale di coordinamento provinciale (l’equivalente del Pgt, ma a livello di provincia) che cerca di limitare il consumo di suolo e norme simili sono la normalità in Germania. «Se lo fa Monaco di Baviera non vedo perché non può riuscirci una città italiana», ribatte Finiguerra. «È un tentativo di frenare la conurbazione, che invece nei dintorni di Milano sta diventando un fenomeno inarrestabile». D’altronde, sulla necessità di frenare la conurbazione è intervenuto più volte anche il presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Paolo Buzzetti. «Vi è bisogno di una visione strategica a medio-lungo termine dello sviluppo del territorio urbano», ha spiegato Buzzetti agli stati generali delle costruzioni. «Occorrono nuovi meccanismi urbanistici che rendano possibili, anche da un punto di vista economico, le operazioni di riqualificazione urbana, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di sostituzione. E considerata la scarsezza di risorse pubbliche devono, per forza, rinvenirsi processi virtuosi con il coinvolgimento dei privati». In pratica, è necessario «il passaggio da una cultura di espansione a una cultura di riqualificazione». Sempre secondo l’Ance, il 2010 ha segnato per il terzo anno consecutivo una riduzione nel settore delle costruzioni, che dal 2008 a oggi ha perso il 17 per cento del mercato.

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IL MOVIMENTO «STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO» – In Italia spariscono ogni anno 500 chilometri quadrati di suolo. Inoltre, si stima che esistano almeno 2 milioni e mezzo di case vuote. Sulla base di questi dati è nato il movimento nazionale Stop al consumo del territorio, la cui assemblea costituente si terrà sabato 29 ottobre a Cassinetta di Lugagnano. Al movimento aderiscono molte associazioni, tra cui anche Slow Food. L’obiettivo è lanciare la campagna «Salviamo il paesaggio» con anche una proposta di legge popolare per cambiare le cose.

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