Archeologia e ambiente, la battaglia di Paestum

Dalla Campania, da sempre ai primi posti nelle classifiche dei reati ambientali, questa volta arriva una bella notizia. Protagonista è Legambiente Campania – leggiamo sul sito de l’Unità – che da anni si batte per salvaguardare alcune delle zone più belle in una regione che in alcuni tratti ha una densità abitativa, e quindi una cementificazione, tra […]

Dalla Campania, da sempre ai primi posti nelle classifiche dei reati ambientali, questa volta arriva una bella notizia. Protagonista è Legambiente Campania – leggiamo sul sito de l’Unità – che da anni si batte per salvaguardare alcune delle zone più belle in una regione che in alcuni tratti ha una densità abitativa, e quindi una cementificazione, tra le più alte del mondo.

L’iniziativa degna di nota si chiama Paestumanità, un progetto di azionariato ambientale finalizzato ad acquistare i terreni privati dell’area dell’antica città della Magna Grecia. Paestum è un’area di emergenza archeologica che si estende per circa 120 ettari di cui 25 di proprietà pubblica e 95 di proprietà privata. Il progetto, fortemente voluto dalla direttrice di Legambiente nazionale Rossella Muroni, nasce con l’obbiettivo di riportare sotto tutela tutti quei terreni ricchi di resti di valore culturale che rischiano di essere devastati principalmente dall’abusivismo edilizio e dalla pratica della coltivazione agricola dei singoli privati. Infatti l’irrigazione forzata e l’utilizzo dei mezzi meccanici hanno provocato un’erosione del terreno di circa 50 cm in 50 anni, portando così il livello del suolo fertile al livello del suolo dove sono situati i resti archeologici. Un semplice aratro, guidato da un contadino intento a preparare il campo per la prossima semina, potrebbe portare alla luce, in modo selvaggio, anfore o pavimentazioni antiche risalenti al periodo dell’impero romano. In poche parole un gigantesco disastro culturale.

Oltre a Paestum, Legambiente è impegnata a preservare l’Oasi Dunale, la naturale porta sul mare dell’antica città. L’oasi, un tempo discarica e parcheggio abusivo, oggi è uno degli ultimi esempi di sistema dunale della costa campana, dato che negli ultimi decenni è stato consumato più dell’80% delle coste sabbiose e del loro relativo ecosistema. 

 

 

 

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