Il Fli rompera’ con il Pdl? Come reagiranno Pd, Udv e Udc? E come finira’ tra Fiat e Cgil, anzi Fiom? Che differenza c’e’ tra Dia e Digos? E cosa fa invece il Sismi? Cosa e’ meglio tra Enpam, Inps e Inail? C’entrano qualcosa con la Siae? Ma fatti una Tac! Etc, etc, etc. Non e’ chiaro perche’, ma parliamo e scriviamo sempre di piu’ per acronimi. Cioe’ con quelle paroline, generalmente composte di tre o quattro lettere, talvolta scritte tutte in caratteri maiuscoli, che sono formate con le lettere o le sillabe iniziali di determinate parole di una frase o di una definizione. Il fenomeno e’ universale. Impazza in tutte le lingue, ma soprattutto in inglese, idioma che ama la brevita’ e si presta al suono sincopato di una sigla. Il Ceo (Chief Executive Officer) ha ormai sostituito la definizione completa di capo dirigente di un’azienda, cosi’ come in Italia ormai si dice e si scrive sempre piu’ spesso ad, piuttosto che amministratore delegato. L’acronimo ha invaso l’economia e la finanza, ma pure il sindacalismo, le forze armate, i servizi di sicurezza, il mondo accademico, lo sport, i media. Si va dall’At&t all’Ibm, dal Centcom (Central Command, il comando centrale delle forze armate americane) al Mad (Mutually Assured Destruction, la reciproca distruzione assicurata, formula che teneva il mondo in pace durante la guerra fredda ricordando a tutti quale sarebbe stato il risultato di una guerra termonucleare, “mad”, folle appunto), dalla Cia all’Fbi, dal Kgb alla Stasi, dall’Eta basco all’Ira nord-irlandese, senza dimenticare Bbc, Ddt e Wc.
Poi c’e’ una seconda categoria di acronimi, che il trimestrale Il (acronimo di Intelligent Life, costola del britannico Economist) definisce “inizialismo”, ovvero la mania di dire le cose usando solo le iniziali: Omg, Oh my God; Lol, Laugh out loud (fatti una risata); Asap, as soon as possible (il piu’ presto possibile); e naturalmente Wags, Wives and girlfriends, mogli e morose, sottinteso dei calciatori della Premier League britannica, che con Victoria Beckam in testa ne combinano (insieme ai mariti) di tutti i colori. Un linguaggio, questo a base di inizialismo, che e’ ormai dominante in messaggini (sms, appunto) ed email, dove c’e’ una gara a essere piu’ telegrafici, a fare economia di parole e perfino di lettere, come in Cul8r, che in inglese si legge “see you later”, ci vediamo piu’ tardi. C’e’ addirittura chi chiude le comunicazioni con un Ta, per risparmiare qualche consonante e vocale anziche’ dire o scrivere “thanks”. La parola d’ordine e’ per l’appunto il risparmio: di tempo e di spazio. Comunicare piu’ in fretta, perche’ gli altri non si distraggano. Gli acronimi, per la verita’, hanno una lunga storia: ripercorrendone le tappe, il trimestrale dell’Economist ricorda Fdr e Jfk, come venivano chiamati due grandi presidenti degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt e John Fitzgerald Kennedy, ma si potrebbe andare ancora piu’ indietro. Ultimamente, pero’, le tre letterine danno l’impressione di voler conquistare il pianeta, come se non potessimo, o sapessimo, parlare in altro modo.
Ma se da un lato e’ una tendenza criticabile, dall’altro si presta anche a nuove forme di creativita’ e di ironia. Isaf, acronimo di International Stabilization Force for Afghanistan, sigla del contingente militare della Nato che fa la guerra ai Talebani, viene tradotto da alcuni soldati come “I suck at fighting”, faccio schifo a combattere. E Alitalia, la nostra compagnia di bandiera, viene malignamente considerato in inglese l’acronimo di “Always late in take-off always late in arrival”: sempre in ritardo al decollo, sempre in ritardo all’arrivo.