Acqua, i cantieri che distruggono le sorgenti dell’Appennino

PAOLO RUMIZ     Attenti, oggi nessun titolare di acque libere è al sicuro. C´è sempre qualcuno che la pensa altrimenti e può sfrattarti per renderti dipendente dalla "tubocrazia" centralizzata. Questa, per esempio, è la storia di due giovani, Cristiano e Silvia, che decidono di stabilirsi in montagna, trovano una valle di sogno in Appennino […]

PAOLO RUMIZ

 

 

Attenti, oggi nessun titolare di acque libere è al sicuro. C´è sempre qualcuno che la pensa

altrimenti e può sfrattarti per renderti dipendente dalla "tubocrazia" centralizzata. Questa, per

esempio, è la storia di due giovani, Cristiano e Silvia, che decidono di stabilirsi in montagna,

trovano una valle di sogno in Appennino (comune di Firenzuola, Toscana), si fanno la loro

casetta e si conquistano la loro acqua di fonte, purissima, in alleanza con altri abitanti. Posto

fuori dal mondo, in mezzo a oasi comunitarie dove nidifica il falco pellegrino e si aggira il gatto

selvatico. Terreno di fuga di chi non ne può più della città e del rumore.

Ma un bel giorno, sul monte Faggiola da cui sgorgano le sorgenti, compare un anemometro. Ci

vuole poco a capire: c´è un progetto di centrale eolica. Ma nessuno sa nulla nei paesi di Coniale

e Tirli, alimentati dalle stesse acque. Cristiano Tarantino e Silvia Paolini sono gli ultimi arrivati

lassù, ma sono di città, usano internet e mangiano la foglia. Sanno che Firenzuola è il territorio

appenninico più violentato d´Italia. Una ventina di cave, il bucone della Tav Bologna-Firenze,

una mega-discarica e la variante di valico dell´autostrada. Tutti lavori che hanno portato soldi al

Comune ma hanno ucciso decine di sorgenti millenarie, come quella dell´abbazia di Moscheta,

e disseccato l´alveo di torrenti.

Scoprono un progetto di impianto industriale che cambierebbe i connotati a uno degli ultimi

paradisi dello spazio tosco-emiliano. Nove rotori di 125 metri, piantati sopra la valle perduta, a

400 metri dalla loro casa, con pali di fondazione di venti metri che schiaccerebbero il terreno

facendo morire le fonti. Non basta: alcune pale ruoterebbero sopra la strada di crinale, con

pericolo grave per i passanti. L´impianto è ancora sottoposto a esame di impatto ambientale ma

la "Infrastrutture spa" di Milano paga già un affitto 170 mila euro l´anno per l´uso dell´area e un

pezzo di bosco è già stato abbattuto.

Qualche mese fa Cris e Lucia vanno dal sindaco, Claudio Scarpelli, e manifestano allarme.

"Che problema c´è?" replica lui, "Se intercettiamo l´acqua, vi portiamo su il nostro acquedotto".

Nostro di chi? Della municipalizzata emiliana "Hera" che porta l´acqua a mezzo Mugello. Il "noi"

è autorizzato, perché Scarpelli è dipendente della società. Lavora per gli acquedotti emiliani.

Firenzuola e Hera sono da tempo la stessa cosa. E l´impianto eolico è uno strumento utile a

smantellare le ultime acque libere per consegnarle ai padroni di pianura, come vorrebbe la

legge Tremonti, quella che ha scatenato il referendum. Non contro il privato, ma contro il grosso

(coi padrini giusti) che si mangia il piccolo indipendente.

Il tam-tam si mette a rullare e qualcuno sale a vedere. Si scopre che nel solo comune di

Firenzuola sono in incubazione nove centrali eoliche. La gente si sente gabbata, fonda comitati,

e la valle perduta diventa punto di riferimento della lotta. Emiliano Vizzi, uno che è scappato

lassù da Livorno con moglie e figli: «Ho investito tutto in questa scommessa, e ora rischio di

non poter più rivendere la casa». Anche lui, come Lucia e Cristiano, non ha alternativa alla resistenza. A Claudio Magliulo, freelance toscano, il sindaco spiega che le pale servono a

finanziare acquedotti e ripetitori di cellulari, o spalare la neve proprio lì sotto il remoto monte

Faggiola. Dice: «Come glielo portò lassù l´acquedotto senza soldi?». Non conta che lassù

l´acqua ce l´abbiano già, e che i ripetitori siano già stati richiesti a una società privata dai

montanari. Non conta che la gente non voglia altra acqua e nemmeno le pale. Firenzuola vuole

soldi, anche se, con tutti quei cantieri aperti, è uno dei comuni più "compensati" d´Italia.

Temporali verso la Futa, bosco in movimento. Lucia racconta preparando una pasta al ragù.

«Abbiamo saputo della cosa per sbaglio, da un volantino bagnato trovato per terra. Lanciava

l´allarme per la valle. E quando abbiamo cercato di capire, ci è stato detto che sì, un´assemblea

era già avvenuta, un anno prima a Firenzuola. Ma i diretti interessati, i 250 abitanti della nostra

zona, non erano stati avvertiti».

«Non siamo contro l´eolico, solo contro impianti che distruggono il paesaggio» dice Cristiano e

mi fa sentire come canta la sua fonte sopra casa. È notte, ha appena piovuto e sono tornate le

stelle tra i vapori del bosco che respira. «Lo senti l´assiolo?» dice. Cris studia per diventare

veterinario e intanto fa la guardia ambientale nei parchi. E adesso? I valligiani sono risoluti a

combattere. Con l´aiuto di organizzazioni di città, hanno trovato tutti i punti deboli del progetto e

si mettono di traverso per difendere le loro acque. «Vendiamo tutto?» chiede ogni tanto Cris. E

Lucia gli risponde: «Non se ne parla, abbiamo speso tutto per venire qui».

Non andate in montagna in cerca di paradisi. Vi staneranno. Può succedere come per le

piantagioni di ananas in Africa. Un giorno arriva un emissario ben fornito di soldi (lo

"sviluppatore") e parla solo coi poteri locali, scegliendo quelli più indebitati. L´omino ben vestito

con la valigetta fa capo a società con vertici inaccessibili, porta progetti alla buona buttati lì per

subornare gli indigeni. Se ti opponi ti scoraggiano in tutti i modi. È così che oggi muoiono le

acque italiane.

Chiedo: ma che fa il Club Alpino? Sono 400 mila soci in tutta Italia. Ma il Cai tace. Si occupa di

pareti da scalare. Per questo Andrea Benati, socio del Club a Bologna e amico dei Tarantino,

ha dato le dimissioni per protesta. «Che bello, senti dire, andiamo a vedere il paesaggio eolico.

Ma sì, organizzano gite sull´energia pulita! E allora è ovvio che qualcuno si senta preso in giro».

 

 

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