Secondo l’economista britannico Tim Jackson, «la prosperità consiste nella nostra capacità di crescere bene come esseri umani, entro i limiti ecologici di un pianeta finito. La sfida che la nostra società si trova davanti è creare le condizioni perché questo sia possibile». E’ chiaro ormai che il prodotto interno lordo non possa più rappresentare, se mai lo ha fatto, un indicatore attendibile della prosperità di un popolo: il PIL misura soltanto le transazioni economiche che passano per il mercato tramite un prezzo, e non considera tutta una serie di variabili che contribuiscono profondamente al benessere della nazione. Ad esempio, un incidente stradale fa aumentare il PIL, come pure le spese sanitarie; mentre il volontariato, un parco naturale e tutto ciò che riguarda la preservazione dell’ambiente non hanno traccia nella contabilità economica. Di contabilità ambientale si è parlato nel corso di un seminario organizzato il 24 febbraio a Roma dai Radicali Italiani, dal titolo “Come definire nuovi indicatori di benessere”. Già il presidente francese Nicolas Sarkozy, nel 2009, prendendo coscienza di un problema che va al di là delle ideologie politiche, aveva creato una commissione ad hoc, la Commissione sulla Misurazione della Performance Economica e del Progresso Sociale, formata da illustri economisti come Joseph Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi, per approfondire le possibili soluzioni. Lo scopo della commissione era infatti quello di superare i limiti del PIL come indicatore del benessere, essendo ormai ampiamente dimostrato che i soldi non fanno la felicità di un popolo. E’ Donato Speroni, docente di economia e statistica presso la scuola di giornalismo dell’Università di Urbino, a spiegare, nel corso del meeting romano, il cosiddetto paradosso di Easterlin, “fino a un certo livello, le dichiarazioni di soddisfazione individuali procedono parallelamente all’aumento del reddito; arrivati a un certo punto del reddito c’è una discrepanza. Alcuni economisti, tra cui Stefano Bartolini, affermano addirittura che, oltre a un certo livello, gli aumenti di reddito non aumentano ma distruggono felicità”.
E allora come misurare la felicità? Esiste il metodo delle interviste a campione di una popolazione, ma è stato rilevato che sono troppo soggettive: in una giornata di sole, ad esempio, più persone saranno propense a ritenersi felici. Così come porre domande sulla politica abbassa, statisticamente, il livello di contentezza. In Italia è nato ora un nuovo progetto, da una iniziativa congiunta di Cnel e Istat, per la creazione di un strumento di misurazione del Benessere Equo e Sostenibile (BES), con l’individuazione di dodici campi del benessere, o “domini”, di cui dovranno essere individuati alcuni indicatori – tra i quali anche il paesaggio e l’ambiente.
A livello internazionale la discussione sugli indicatori integrativi a quelli economici ha portato alla creazione di sistemi di contabilità con “conti satellite” collegati a quelli economici, come, ad esempio, quelli basati sul Manuale SEEA (System of Environmental-Economic Accounts). Cesare Costantino, responsabile della contabilità ambientale dell’Istat anticipa che, a breve, ci sarà una grande novità nei conti pubblici: il nuovo manuale SEEA, in uscita a giorni, verrà infatti elevato al rango dei conti economici dalle Nazioni Unite, per diventare uno standard System National Account. “Un fatto clamoroso”, dice Costantino, con conseguenze anche riguardo alla capacità di controllo degli stanziamenti economici. L’argomento della contabilità ambientale approderà, del resto, anche alla Conferenza di Rio+20 di giugno.
Anche l’Europa, parallelamente all’ONU, si sta muovendo: dall’autunno 2013 ci sarà l’obbligo di produrre alcuni moduli integrativi, con l’approccio NAMEA (National Account Matrix including Environmental Accounts), una matrice che connette i flussi, tra cui usi di materia e conti delle emissioni, ai risultati economici. Questo approccio è particolarmente utile per verificare l’apporto dei vari settori produttivi alla riduzione del carico ecologico, l’efficacia delle politiche ambientali e l’origine di alcune dinamiche: nel caso dell’efficienza energetica è, ad esempio, possibile verificare quanto una riduzione dei consumi energetici è imputabile alle politiche dedicate e quanto alla diminuzione operata da un settore industriale.
Potrà tutto ciò migliorare anche la qualità della politica e dell’attività amministrativa al servizio del cittadino? Elisabetta Zamparutti, deputata radicale, si dichiara ottimista, anche se sui temi della contabilità ambientale e del debito ecologico, dice, “occorre una riflessione su come i termini politici si possano tradurre in fatti concreti”.
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