3D, la sfida italiana ai kolossal. “Ecco la mia macchina per girare low cost”

Una confezione di Lego, una scatola di cartone, due bottiglie di plastica – quelle dell’acqua minerale – e l’abilità di un tecnico che si occupa della manutenzione di un albergo. Vallo a raccontare a James Cameron, che per girare Avatar ha speso 300 milioni di dollari. Ma a sentire Francesco Gasperoni, sembra che non ci […]

Una confezione di Lego, una scatola di cartone, due bottiglie di plastica – quelle dell’acqua minerale – e l’abilità di un tecnico che si occupa della manutenzione di un albergo. Vallo a raccontare a James Cameron, che per girare Avatar ha speso 300 milioni di dollari. Ma a sentire Francesco Gasperoni, sembra che non ci sia niente di piú semplice, e soprattutto di più economico, che realizzare un film in 3D. Con un’apparecchiatura praticamente home made. Per un costo totale che non ha raggiunto i 500 mila euro. Lui, 43 anni, fisico ma anche dottore in Farmacia e già amministratore delegato di una società che costruisce parchi gioco, e un film all’attivo, Smile, B-Movie molto splatter, l’ha fatto. Si intitola Parking Lot, è la storia di un incubo nel quale chiunque potrebbe ritrovarsi (e Gasperoni ci si è ritrovato), è girato rigorosamente in 3D senza nulla da invidiare ai titoli americani milionari, e lo ha presentato al Taormina Film Fest, in questi giorni. Lanciando una sfida agli americani e piú in generale alle megaproduzioni che nella nuova tecnologia applicata al cinema si sono buttate a capofitto.

Parking Lot è la storia di Lorna, una ragazza che si smarrisce nel garage sotterraneo di un centro commerciale. Sviene, e quando torna in sé si rende conto che il garage è chiuso, è notte fonda e lei è di fatto prigioniera. Non è svenuta per caso. E non è affatto sola.

Gasperoni, perché costruire un dispositivo per girare in 3D piuttosto che procurarsene uno professionale?
"Dobbiamo partire dall’idea del film. Io ed Harriet (protagonista e sceneggiatrice del film nonché compagna del regista, ndr) un giorno ci siamo persi nel parcheggio sotterraneo di un grande centro commerciale, a Roma. Non riuscivamo piú a ritrovare la macchina. Allora ci siamo detti: proviamo a immaginare che cosa potrebbe accadere in una situazione del genere. Harriet ha cominciato a scrivere la storia. Io ho pensato che quella situazione fosse perfetta per il 3D. Ho cominciato a guardarmi intorno e le macchine disponibili, da affittare, costavano cifre folli, tipo 250 mila euro per cinque settimane, e servivano decine di persone per farle funzionare. Allora siamo andati in un negozio di giocattoli, abbiamo comprato una confezione di Lego Tecnica da 280 euro, poi in un negozio di elettrodomestici abbiamo preso due webcam. E ho cominciato a costruire il dispositivo. Con l’aiuto di Pietro Danieli che è un mio amico tecnico manutentore di un albergo. Ecco fatto: dispositivo brevettato".

Ed è stato così semplice?
"Il principio in realtà è più medico che tecnico. Bisogna far muovere la cinepresa come si muovono gli occhi. E’ sufficiente, diciamo cosí, ricostruire i muscoletti. Tutto si basa sul punto di convergenza delle due cineprese. Così come nella fotografia si usano le sfocature e la messa a fuoco per sottolineare il centro dell’azione o il protagonista, allo stesso modo per il 3D quel che conta è la convergenza".

Il risultato è esattamente lo stesso?
"Certo. Ma senza spese folli. Le faccio un esempio: qui a Taormina ho realizzato un docufilm dedicato al festival. E l’ho montato qui, giorno per giorno. Ieri dovevo finire alcune sequenze ma avevo lasciato in albergo gli occhialini anaglifici, quelli con una lente rossa e una lente blu. Per non tornare in albergo sono andato in un supermercato, ho comprato due bottiglie d’acqua minerale, una di plastica blu e una rossa, ho tagliato i fondi e sul monitor ho visto perfettamente l’effetto 3D. Se pensiamo che il film in 3D con il budget più basso è stato Street Dance, ed è costato circa quattro milioni e mezzo di sterline…".

Parking Lot è costato meno di mezzo milione di euro. La sua invenzione potrebbe concretamente rendere più facile la realizzazione di film in 3D in Italia o si tratta solamente di un esperimento ben riuscito?
"Diciamo che, nonostante i problemi giganteschi che il cinema incontra in Italia, se uno vuol fare un film, alla fine basta poco e ce la puó fare. E questa ne è la prova. E’ un mercato in espansione, fra poco il pubblico vorrá solo film 3D, come quando la televisione passò al colore e nessuno voleva più vedere programmi in bianco e nero. Il nostro è il qundicesimo o sedicesimo film girato con questa tecnologia, e il primo in assoluto in Italia. Ci sono stati, sì, alcuni tentativi, ma senza successo. Noi abbiamo girato tutto in tre settimane, nell’estate del 2010, nel parcheggio del centro commerciale La Romanina, a Roma. Di notte, con un caldo pazzesco. Il che, tuttavia, creava un clima perfetto per la storia. Tutto finanziato dalla Moviemaker, che siamo io, Harriet MacMasters-Green, Enrico Di Mambro e Giuseppe Proietti. E sono riuscito a pagare tutti! In Italia siamo bravissimi. Basta solo ingegnarsi un po’".

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