Crollano i consumi dei beni di fascia media

Si accentua la polarizzazione sui consumi degli italiani: diminuiscono i prodotti di largo consumo di prezzo medio, settore che vale circa 22 miliardi di euro, schiacciati dalla crescita di quelli più economici (12 miliardi) e dei "premium", un business da 14 miliardi. Proprio una decina di giorni fa la Procter & Gamble, il più grande […]

Si accentua la polarizzazione sui consumi degli italiani: diminuiscono i prodotti di largo consumo di prezzo medio, settore che vale circa 22 miliardi di euro, schiacciati dalla crescita di quelli più economici (12 miliardi) e dei "premium", un business da 14 miliardi. Proprio una decina di giorni fa la Procter & Gamble, il più grande produttore di beni di largo consumo al mondo, ha lanciato l’allarme: la classe media di consumatori statunitensi acquista prodotti più economici (mentre aumentano i consumi di quelli di fascia più alta) e il trend è da considerarsi duraturo, costringendo quindi le aziende a rivedere i piani di posizionamento dei prodotti. Il fenomeno c’è ed è registrabile anche in Italia.

Secondo Nielsen nel primo semestre di quest’anno la fascia media in Italia aveva una quota a valore del 45,3%. In totale la flessione è di oltre il 6% rispetto al 2003. Di pari passo la fascia dei prodotti più costosi, quelli cosiddetti premium, si avvicina alla soglia del 30% con una crescita del 3,6 per cento. Allo stesso modo avanzano del 2,5% i prodotti più economici.

 

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Uno scenario che potrebbe impattare sulle logiche industriali di sviluppo delle imprese fornitrici della grande distribuzione. «Il calo della fascia media mette a rischio i produttori che devono individuare nuovi obiettivi e presidiare quella superiore, investendo in innovazione, ricerca e sviluppo e pubblicità» afferma Romolo De Camillis, retail director di Nielsen Italia.

«Per l’industria vuol dire specializzarsi in modo chiaro sulle strategie di leadership di costo, per inserirsi nella fascia bassa degli assortimenti come il primo prezzo – sottolinea Sandro Castaldo, docente del dipartimento di Marketing della Sda Bocconi -, o su decise strategie di innovazione che permettono quella reale differenziazione riconosciuta dal cliente che per questo è disposto a riconoscere un premium price. Non è più tempo di "non scelte", di posizionamenti medi, di offrire prodotti generalisti».

La polarizzazione dev’essere vista positivamente perché per i produttori è il riconoscimento che alla loro merce viene riconosciuto un plus anche in un periodo di crisi e «in tutti i casi si deve sostenere l’innovazione per difendere il marchio e il "made in Italy"».

Polarizzazione come fonte di opportunità per il colosso P&G, a patto di «riuscire a sviluppare un’offerta completa per i tre segmenti» precisa Sami Kahale, presidente e amministratore delegato di P&G Italia. La strategia seguita per compensare il generalizzato calo della fascia media è «differenziare l’offerta anche all’interno della stessa famiglia di prodotti». Negli ultimi 24-30 mesi la reazione è stata una diversa segmentazione dell’offerta, verso quei beni con un migliore rapporto marca-qualità. «Sebbene lo schiacciamento della fascia media sia evidente, le vere innovazioni vengono premiate dal mercato» continua Kahale che ricorda come alcuni prodotti un tempo nati per i paesi emergenti oggi sono arrivati nei mercati dell’Occidente.

Per quanto riguarda il prossimo futuro, continua il presidente di P&G, la crisi dei consumi proseguirà fino al 2014. Se poi lo schiacciamento dell’offerta mediana proseguirà P&G punterà sulla fascia alta ma, constata, la Gdo «per diverse categorie riduce l’assortimento di marchi e prodotti».

Anche la private label non si salva dalla polarizzazione. «Le nostre vendite sono aumentate del 20% nell’area premium mentre non c’è stata una crescita rilevante del primo prezzo», segnala Francesco Cecere, direttore Pianificazione e controllo direzionale di Coop Italia. Allo studio nuove linee e una razionalizzazione dell’assortimento. L’area premium poi «rappresenta un’opportunità per i fornitori, anche quelli piccoli, per lo sviluppo di nuovi prodotti».

L’industria ha così davanti a sè nuove sfide che l’obbligano alla rimodulazione dell’offerta. «È molto cresciuta la domanda di carne nella fascia bassa come la macinata per hamburger mentre quella alta si mantiene» dice Luigi Scordamaglia, ad della Inalca (Gruppo Cremonini). Un riposizionamento delle richieste che porta alla ricerca di nuovi mercati per le parti nobili, «vendute alla ristorazione nazionale o esportate». Invece Vini Pasqua, ha aggiunto dei rossi prodotti con il metodo dell’appassimento delle uve. «È un’innovazione con cui puntiamo all’area premium – dice Umberto Pasqua, presidente della cantina – mentre il primo prezzo porta al massacro dei margini».

Un altro effetto della polarizzazione è nel taglio dell’assortimento, segnalato da Sami Kahale. «Stiamo riducendo il numero delle referenze per eliminare quelle che non hanno una chiara individuazione di prezzo – sottolinea Stefano Ballabeni, direttore commerciale di Grandi salumifici italiani -. Il nuovo modello per non perdere marginalità è un prodotto per categoria». Il risultato è che oggi Gsi con 120 referenze fa l’80% del fatturato mentre nel 2008 servivano 250 prodotti

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