Guardate un attimo le fotografie di queste tre diverse bustine di zucchero. Hanno lo stesso contenuto, lo zucchero che usiamo in uno dei 150mila bar dell’Italia paese del caffè espresso e in compagnia, ma cambiano in modo sostanziale le dosi. Arrivano da tre bar, dove i cronisti di Non sprecare sono andati sul campo a fare la loro indagine: un bar di Reggio Emilia (la busta più piccola), un bar di Torino (il microsacchetto di carta medio) e un bar di Roma (la bustina più grande). E già lo spreco appare come un pugno nello stomaco, forte, evidente e doloroso. Ogni volta che mettiamo piede in un bar, infatti, non è difficile rendersi conto di quanto zucchero si paga e si spreca, proprio per colpa di queste micidiali bustine di carta quasi mai confezionate con i dosaggi giusti, ma quasi sempre fabbricate ad arte per alimentare sprechi e costi, per gli esercenti e quindi poi per i consumatori. Il contrario della sostenibilità.
Da quello che ognuno di noi può verificare con un suo mini-sondaggio, si arriva alla quantificazione di questo micidiale spreco di massa: quasi la metà di quello zucchero che viene usato per addolcire caffè e bevande finisce, con la puntualità di un orologio svizzero, nella spazzatura. Altro spreco: è un rifiuto, per giunta doppio, di carta e di zucchero, smaltito di solito in modo scorretto. La Federazione italiana dei pubblici esercenti (Fipe), alla quale sono iscritti la maggioranza dei bar italiani, ha fatto anche qualche conto della serva, ed è venuto fuori che accanto ai milioni di tonnellate di zucchero che si sprecano nei bar, ci sono 64 milioni di euro di costo extra pagati, ogni anno, da noi consumatori, dipendenti, come da una droga, dal piacere assoluto di un espresso al bar, possibilmente in buona compagnia e in un ambiente gradevole e confortevole.
Indice degli argomenti
Dove nasce lo spreco
Campagna Usa la zuccheriera
I titolari dei bar, in teoria, avrebbero tutto l’interesse, a mettere un freno a questo scempio. Quelle bustine di zucchero che loro mettono a disposizione dei clienti, sul banco, ai proprietari dei locali costano circa 2,5 euro al chilo, rispetto al prezzo dello zucchero sfuso, 1 euro al chilo. Ecco perché, tornando alle nostre foto, ci sono esercenti più intelligenti, responsabili e capaci che almeno riescono a ridurre spreco e costi acquistando bustine di zucchero più piccole, e altri che invece si arrendono a priori, alzano le mani e magari il conto lo mettono sulle spalle dei consumatori, aumentando il costo dello scontrino del caffè. Al momento, la stessa Fipe ha lanciato una campagna #Usalazuccheriera, che la comunità di Non sprecare condivide al mille per mille. E anzi, attraverso questo articolo e con i nostri social, rilanciamo a tutto campo.
Ma, attenzione, poiché lo spreco è, come al solito, un danno per (quasi) tutti e un vero affare per i (soliti) pochi, l’uso di una semplicissima zuccheriera in un bar non è agevole, e ci sono da superare innanzitutto le colonne d’Ercole delle leggi, nazionali e comunitarie, che puzzano di spreco, di lobbismo da parte di grandi e potenti gruppi industriali, e di politica debole, se non al soldo di qualcuno che ha la mano pesante.
Bustine
Già nel 2001 lor signori della Commissione europea hanno emanato una direttiva Ue per vietare la vendita e la somministrazione di zucchero sfuso, poi recepita in Italia, con il governo e il ministro competente dell’epoca in ginocchio, nel 2004. In pratica si tratta di norme severissime, per cui il proprietario del bar non può più mettere a disposizione dei clienti una normale zuccheriera, ma deve costringerli a ingoiarsi zucchero in bustina, per la gioia di chi produce quello zucchero, quei microcontenitori di carta, e di tutti coloro i quali ci possono guadagnare in modo non proprio trasparente, ma diciamo alquanto imposto. Se non applica la legge che vieta le zuccheriere con coperchio, paga una multa molto pesante, migliaia di euro. E rischia perfino che si arrivi al verbale con la chiusura del bar per qualche giorno.
Dosatori
Conosciamo l’obiezione: il divieto a usare le zuccheriere nei bar nasce per garantire più sicurezza alimentare e migliori condizioni igieniche, quindi è un vantaggio per i consumatori. Certo, bisogna riconoscere che lor signori di Bruxelles e i compagni di merenda in Italia, quando fanno danni ai consumatori li infiocchettano proprio bene, con confezioni molto più eleganti di una banale supposta. Ammettiamo anche che ci sia un’esigenza primaria di tutelare la sicurezza alimentare e l’igiene, ma allora perché non spingere i bar a usare i dosatori di zucchero con beccuccio, al posto delle zuccheriere aperte? Sono non sicuri, sicurissimi. Ne esistono non una, ma mille versioni. E non creano quella catena di sprechi, una vergogna se pensiamo a quante persone nel mondo non possono consentirsi l’uso dello zucchero, e una doppia vergogna, se ci ricordiamo dei danni che fa l’uso eccessivo di zucchero. Notate, infine, come il mondo sostenibile, quello che a parole vogliamo tutti, ma nei fatti troppi contribuiscono a distruggere, come al solito passa per qualche pensiero forte (l’eccesso di zucchero è un danno e uno spreco di salute e di soldi) e tanti piccoli gesti quotidiani. Raccolti anche in una microbustina di carta.
Come riciclare le bustine di zucchero
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