Biscotti, prodotti da forno, snack, zuppe: l’olio di palma è un ingrediente di origine vegetale presente in tantissimi prodotti alimentari, di uso comune. Con due incognite fondamentali. La prima riguarda la risposta a una semplice domanda: Può causare danni alla nostra salute? La seconda incognita è relativa alla distruzione di intere foreste ed ecosistemi nei paesi dove la sua produzione è più concentrata: dall’Indonesia all’Uganda, dalla Costa d’Avorio alla Tanzania. Moltissime foreste vengono devastate ogni anno per coltivare palme da olio. Spesso vengono addirittura incendiate per liberare più spazio possibile, provocando danni inestimabili alla flora e alla fauna. Secondo il rapporto di Greenpeace “Final countdown” (settembre 2018), “dalla fine del 2015 altri 130.000 ettari di foresta sono stati distrutti, il 40% dei quali in Papua, una delle regioni più ricche di biodiversità del Pianeta”.
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Cos’è l’olio di palma
L’olio di palma è un ingrediente di origine vegetale, estratto dai frutti dell’albero della palma, molto usato, in generale, da tutta l’industria alimentare per brodi, zuppe, biscotti per la prima colazione, creme e piatti pronti. Per tre motivi. Innanzitutto è un prodotto economico e facile da reperire sul mercato a buone condizioni, quindi serve ad abbassare i costi di produzione. In secondo luogo ha un potere stabilizzante, e questo aiuta i cibi a prendere la dovuta consistenza ed a conservarsi meglio. La terza caratteristica è quella di non alterare il sapore dei prodotti alimentari che lo contengono.
I danni alla salute
Sebbene l’olio di palma sia stato definito per lungo tempo nocivo per la salute, si è successivamente scoperto che non lo è poi così tanto. Tuttavia, trattandosi di un grasso saturo (come il burro) va consumato senza esagerare, onde evitare problemi alle arterie. Le linee guida per proteggere il nostro apparato cardio-vascolare consigliano di non varcare la soglia del 10 per cento complessivo, in termini di rifornimenti energetici, di grassi saturi ingeriti ogni giorno. Quanto ai rischi che collegano l’olio di palma ai tumori, come si ricorda anche sul sito dell’Associazione italiana sulla ricerca sul cancro (Airc), con una normale alimentazione è molto difficile raggiungere quantità con le quali l’olio di palma sia in grado di sviluppare cellule cancerogene. In ogni caso, a proposito di acidi grassi saturi, nell’olio di palma ce ne sono 49,3 grammi per ogni 100 grammi; nel burro sono 51,3 grammi; e nei prodotti confezionati con il burro di cacao, si sale al 60 per cento (dati di fonte Crea, Consiglio epr la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria).
Il rischio cardiovascolare
Una parola importante, e in qualche modo risolutiva, sul presunto rapporto tra l’olio di palma e l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, è stata pronunciata dall’Istituto superiore di sanità: “Non ci sono evidenze che l’olio di palma abbia effetti diversi sul rischio cardiovascolare rispetto ad altri grassi, come il burro”. Ma ci sono evidenze, e tante, per suggerire a tutti di ridurre al minimo, specie per i bambini, snack, merendine e prodotti alimentari realizzati con l’olio di palma.
Perchè l’industria alimentare non abbandona l’olio di palma
Tranne qualche caso isolato, in generale l’industria alimentare non molla l’olio di palma, nonostante i tanti dubbi su questo ingrediente. Per quali motivi? Innanzitutto ha la qualità di dare flagranza ai dolci, e di costare poco. Ed è molto più versatile di qualsiasi altro olio vegetale, tanto da poter essere usato in tantissimi prodotti dell’industria alimentare. Organizzazioni come Greenpeace sostengono che eliminarne la produzione non sia la soluzione migliore, bisogna piuttosto promuovere una coltivazione responsabile, rimuovendo dal mercato le coltivazioni che distruggono le foreste o che violano i diritti umani.
I piccoli agricoltori subiscono minacce per vendere i propri appezzamenti
Come evidenzia Greenpeace, spesso i piccoli agricoltori vengono minacciati e pressati per vendere e affittare gli appezzamenti di terreno al governo o alle multinazionali. Ritrovandosi a vendere a prezzi stracciati la loro unica fonte di sostentamento. L’aumento esponenziale delle piantagioni di olio di palma, per soddisfare la domanda dei grandi gruppi dell’industria alimentare, ha portato alla distruzione di milioni di ettari di foreste, in particolare in indonesia e in Malesia, con le corrispondenti emissioni di gas serra.Una deforestazione selvaggia.
La devastazione delle foreste provoca danni alle popolazioni indigene
La deforestazione intensiva dovuta alla coltivazione delle palme da olio non è distruttiva solo per gli animali e la vegetazione, ma anche per molte popolazioni indigene che vivono in queste aree del Pianeta. Che si ritrovano a dover abbandonare territori che abitano da secoli. L’esempio più evidente riguarda la provincia settentrionale di Esmeraldas, al confine tra Ecuador e Colombia: qui si trovano le più grandi piantagioni di olio da palma del mondo, e tra il 2001 e il 2019 questa provincia ha perso 116 mila ettari di foreste, l’8 per cento del totale. Alcune specie di piante autoctone sono scomparse, gli habitat naturali sono andati distrutti senza che la ricchezza prodotta dall’industria dell’olio di palma sia andata a beneficio, in modo significativo, anche delle popolazioni locali. Nella provincia di Esmeraldas il 72,2 per cento della popolazione non ha i mezzi per una vita dignitosa e un terzo degli abitanti vive in estrema povertà. Le piantagioni di olio di palma distruggono l’ambiente e non portano benessere al territorio dove si trovano.
Ripercussioni negative sull’assetto idrogeologico dei territori (e non solo)
Assetto idrogeologico dei territori coltivati stravolto e non solo. Le coltivazioni di olio di palma, per via degli incendi che vengono appiccati per dissodare il terreno e a causa della bonifica delle foreste torbiere, provocano impennate di gas serra nell’atmosfera, a tutto svantaggio dell’ambiente.
La nascita di nuove coltivazioni provoca spesso conflitti
A causa della nascita di nuove coltivazioni, si innescano spesso dannosi conflitti per accaparrarseli.
L’olio di palma è ancora troppo poco sostenibile
Nonostante molte organizzazioni si stiano impegnando per rendere le coltivazioni di palme da olio sostenibili, c’è ancora molto lavoro da fare. Perché purtroppo le aziende continuano a essere poco trasparenti e a sfruttare le foreste in modo indiscriminato.
Chi lavora nelle piantagioni spesso viene sfruttato
Un rapporto di Amnesty International “The great palm oil scandal” (2016) ha evidenziato che chi lavora nelle piantagioni di palma da olio spesso viene sfruttato. Il mercato dell’olio di palma è spesso associato alla violazione dei diritti dei lavoratori.
La coltivazione indiscriminata mette in pericolo diverse specie animali
Sempre secondo Greenpeace ci sono 193 specie di animali in grave pericolo di estinzione, minacciate proprio dalla coltivazione indiscriminata di olio di palma. Basti pensare che dal 1999 al 2015 metà degli oranghi del Borneo sono scomparsi e oltre tre quarti del parco nazionale di Tesso Nilo sono stati convertiti in piantagioni illegali. In questo parco vivono animali come le tigri, gli oranghi e gli elefanti.
Il villaggio distrutto dalle palme per l’olio
L’antropologa dell’università di Sidney, Sophie Chao, ha raccontato in un suo libro gli effetti devastanti per un intero popolo dalle piantagioni di olio di palma. Siamo nella regione del Merauke dove con un’operazione priva di qualsiasi trasparenza, il governo indonesiano ha assegnato due milioni di ettari di terreni a 36 multinazionali. Enormi aree della foresta tropicale sono state bruciate o disboscate per fare spazio alle palme da cocco o agli alberi di canna da zucchero. L’intero villaggio di Paulus è circondato da queste coltivazioni e il suo popolo, con la distruzione della foresta tropicale, ha perso una bussola esistenziale e una completa identità.
Il biodiesel ricavato dall’olio di palma non è ecologico
Dall’olio di palma viene ricavato un biocarburante la cui produzione oltre a essere molto costosa dal punto di vista ambientale, è considerata non ecologica dalla U.S. Environmental Protection Agency.
Alternative
Quali sono le alternative all’olio di palma? Innanzitutto l’olio di oliva purché di qualità, poi il burro che tuttavia, proprio come l’olio di palma, è ricco di grassi saturi. Ulteriori alternative sono rappresentata dall’olio di semi di girasole, dall’olio di cocco e da quello di colza. L’ideale è non focalizzarsi sull’impiego di un solo olio ma usarne diversi. Nel 2015 molte multinazionali della grande distribuzione si erano impegnate a sostituire l’olio di palma con prodotti meno dannosi per l’ambiente: lo hanno fatto?
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