È in arrivo una vera e propria "rivoluzione" per l’attività di pesca in Europa. La Commissione europea ha infatti varato una riforma il cui obiettivo centrale è ottenere una «pesca sostenibile, che non metta a rischio la riproduzione delle risorse del mare». Per questo, dice la commissaria responsabile alla pesca Maria Damanaki, «entro il 2015 gli stock dovranno essere sfruttati a livelli sostenibili»: ossia i pescatori dovranno limitarsi a pescare le risorse in "eccedenza".
Del resto, alza i toni Damanaki, «gli stock sono proprietà pubblica» e «occorre agire subito, in quanto tre stock su quattro sono soggetti a sfruttamento eccessivo: l’82% nel Mediterraneo, il 63% nell’Atlantico». Insomma, con la sua proposta Bruxelles non introduce un obiettivo cifrato di tagli alla pesca ma – ammette Damanaki – «mi rendo conto del rischio di perdite di posti di lavoro». La commissaria individua però nuovi sbocchi per chi fosse costretto a tirare i remi in barca: «Oltre alle compensazioni – dice – la flotta non più in attività potrebbe dedicarsi alla pulizia dei mari, come la raccolta di plastica in mare, o ancora riconvertirsi verso la trasformazione dei prodotti, oppure dedicarsi al turismo marittimo».
Ma anche il rilancio dell’acquacoltura e dell’itticoltura, è considerato una soluzione «intelligente e sostenibile». Un’attenzione particolare viene portata ai consumatori grazie ad un’etichetta più chiara e trasparente, mentre la pesca artigianale, il 77% dell’intera flotta Ue, viene esclusa da nuove imposizioni. E proprio tra i nuovi obblighi c’è la proposta di introdurre, dal 2014, un sistema di quote di cattura trasferibili individuali per le navi di oltre 12 metri e per tutte quelle con attrezzi trainati, sulla falsa riga di quanto già avviene in Danimarca, che in questo modo ha ridotto del 30% la flotta in pochi anni. Queste "concessioni", destinate solo agli armatori, avranno una validità minima di 15 anni e potranno essere affittate o scambiate a livello nazionale, ma non con altri Stati membri.
Per Damanaki lo strumento permetterà, «entro il 2022, una crescita dei redditi di oltre il 20% e per i salari degli equipaggi dal 50% a più del 100%». Per rafforzare poi il principio di sostenibiità della pesca, Bruxelles vuole anche mettere al bando progressivamente i ’rigetti di pesce in marè che non hanno un valore economico. La proposta infine introduce un nuovo approccio per lasciare la «microgestione» delle misure ai singoli stati e all’industria. Contro la proposta gli ambientalisti di Ocean 2012 e Greenpeace secondo cui «non risponde alle sfide ambientali e sociali», mentre Giampaolo Buonfiglio, presidente delle cooperative Ue (Europeche) dice: «Se la pesca è ammalata, ed effettivamente troppo bene non sta, con questa terapia rischia di morire». Il vicepresidente della commissione pesca del Parlamento europeo Guido Milana ha però commentato: «Ho la sensazione che cambieremo queste proposte».