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MICROPLASTICHE NEI COSMETICI
MICROPLASTICHE NEI COSMETICI: COSA SONO
Le microplastiche sono piccole particelle di natura sintetica, presenti come ingredienti in una moltitudine di cosmetici. Al pari di tutte le tipologie di microplastiche, il loro utilizzo è molto discusso poiché causa di inquinamento per gli ecosistemi acquatici. Dopo aver usato un cosmetico che contiene microplastiche, basta infatti un semplice risciacquo per far sì che queste sostanze altamente inquinanti finiscano nel sistema fognario e, di qui, direttamente in mare.
MICROPLASTICHE: IN QUALI COSMETICI SI TROVANO
Di queste microparticelle sono pieni centinaia di cosmetici: dai detergenti ai dentifrici, dagli shampoo ai saponi, dalle schiume da barba agli scrub. Nei prodotti esfolianti le microplastiche vengono sfruttate per l’azione delicata che svolgono nell’eliminazione delle cellule cutanee morte, aiutando così la pelle a rinnovarsi e ad apparire più morbida e luminosa. Ma se da un lato rappresentano un alleato per la bellezza, altrettanto non si può dire sul fronte ambientale. Un solo scrub può infatti contenere oltre 360mila microsfere plastiche. Accumulandosi giorno dopo negli habitat acquatici, le microplastiche provenienti dai cosmetici contribuiscono così all’inquinamento di laghi, fiumi, mari ed oceani. Con danni spesso irreparabili.
COME CAPIRE SE UN PRODOTTO CONTIENE MICROPLASTICHE?
INQUINAMENTO MARINO DA MICROPLASTICHE
Per il loro uso frequente e su larga scala, le microplastiche derivanti dai cosmetici costituiscono una fonte di inquinamento marino preoccupante. Sono i dati stessi a parlare. Si calcola che ogni anno i soli mari europei vengano contaminati da ben 8.600 tonnellate di microplastiche legate all’uso dei cosmetici. E il Mediterraneo non è escluso dal fenomeno, risultando uno dei mari con la più alta concentrazione al mondo di queste microparticelle.
Un’indagine sulla microplastica contenuta nei prodotti cosmetici in vendita in Italia, è stata di recente realizzata dall’associazione MedSharks con il supporto tecnico del CNR ISMAC Biella, dell’Università del Salento e dell’Università degli Studi Roma Tre. Il lavoro si è concentrato sul polietilene (PE), che rappresenta il 94% delle microplastiche presenti nei prodotti cosmetici. L’analisi condotta su un prodotto che indicava il polietilene come principale ingrediente dopo l’acqua, ha evidenziato come in un flacone da 250 ml sarebbero stati riscontrabili ben 750.000 frammenti della sostanza, per un peso totale di 12 grammi. Cifre che appaiono davvero impressionati, se messe in rapporto con la quantità di prodotti cosmetici che si utilizzano ogni anno.
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MICROPLASTICHE NEI COSMETICI: L’IMPATTO AMBIENTALE
La biodegradabilità delle microplastiche è molto ridotta. Considerate le loro piccolissime dimensioni, quando queste micro particelle raggiungono gli ambienti acquatici tendono a distribuirsi pressoché ovunque, rendendone praticamente impossibile la raccolta. Come riscontrabile nella letteratura scientifica internazionale, sono innumerevoli gli effetti negativi provocati dalle microplastiche. Tra i tanti danni, c’è quello di alterare il normale sviluppo delle specie vegetali marine. Alcuni studi hanno invece tracciato un legame tra la presenza di microplastiche negli oceani e il progressivo deterioramento delle barriere coralline. Non va infine dimenticato che gran parte dei pesci ingoiano queste piccole particelle, scambiandole per cibo. Si deduce con una certa facilità che le microplastiche finiscano per entrare nella catena alimentare. Anche noi umani ne diventiamo perciò consumatori, più o meno consapevoli.
Del resto, abbiamo poche vie d’uscita. La microplastica è stata rinvenuta nell’acqua di tutto il mondo, in quella di superficie e in quella delle falde. Così ci ritroviamo non solo a mangiare plastica, ma anche a berla sia dall’acqua in bottiglia sia da quella di rubinetto. Tra gli alimenti più contaminati ci sono i frutti di mare, il sale e la birra. E, come puntualizzato da vari studi, tracce di plastica si riscontrano ormai nel nostro sangue, nelle nostre urine e nelle nostre feci. Con quali risvolti per la salute? Tutto è ancora da dimostrare sotto il profilo scientifico ma le prospettive non sembrano buone.
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MICROPLASTICHE NEI COSMETICI: LE ALTERNATIVE NATURALI
L’industria cosmetica ha già iniziato da tempo a rimpiazzare queste microparticelle con eventuali alternative green. In prodotti come gli scrub, ad esempio, l’azione abrasiva assicurata dalle microplastiche può essere efficacemente sostituita da agenti del tutto naturali, come l’uva. Gli acini di questo gustoso frutto contengono sostanze preziose per la cura quotidiana della nostra pelle. È il caso del resveratrolo, fenolo non flavonoide che aiuta a contrastare l’insorgenza di macchie cutanee senili.
Dell’uva del resto non si butta via niente. Dal suo succo si ricava fruttosio completamente naturale che viene ampiamente utilizzato nei prodotti di bellezza, come creme idratanti e peeling. Dagli scarti della sua lavorazione derivano invece le cosiddette vinacce, ricche di molecole polifenoliche, dalla notevole azione antiossidante. Le formule di molti prodotti per la cura e l’igiene personale contengono altre tipologie di granuli naturali come noccioli, sale marino e jojoba.
LOTTA ALLE MICROPLASTICHE: L’IMPEGNO DELLE AZIENDE
Sotto la spinta dell’imminente divieto, le imprese italiane si stanno comunque sempre più impegnando nell’ideazione di soluzioni che non impattino sul nostro ambiente. L’azienda Novamont di Novara, tra i maggiori produttori europei di bioplastiche, ha brevettato il Celus-Bi , una microplastica cosmetica completamente biodegradabile. La biodegradazione di questa microparticella avviene in pochi giorni direttamente nel depuratore, assicurando così che nessun residuo finisca negli habitat acquatici.
L’impegno insomma c’è ed è crescente. Da parte nostra, come consumatori, è essenziale tenere sempre un occhio puntato sulle etichette dei prodotti cosmetici che utilizziamo quotidianamente. La differenza possiamo e dobbiamo farla anche noi.
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