Siamo diventati tutti più intolleranti. Specie in famiglia. E un matrimonio si regge su equilibri sottili, talvolta fragilissimi. A volta basta un nulla e scatta l’effetto valanga: un singolo incidente si trasforma in una somma di reciproche recriminazioni fino alla rottura totale. Ecco perché per salvare un matrimonio la prima cosa è evitare il solo formarsi della valanga. Papa Francesco disse una cosa molto saggia alle famiglie del popolo di Dio: quando litigate, fatelo anche in modo aspro, ma chiudete l’incidente entro la fine della giornata. Non lasciatelo aperto al rancore che si andrà accumulando nei giorni successivi.
Un matrimonio finito è un matrimonio sprecato. Una vita di coppia (e di famiglia) che si spegne è una vita che ha perso qualcosa di importante per strada. Non bisogna sottovalutare l’onda anomala che, da qualche tempo, sta travolgendo le nostre relazioni più intime, in un susseguirsi di numeri che, messi in fila, fanno davvero spavento. E dovrebbero indurci a qualche riflessione, magari autocritica. Oppure a qualche pausa di sana riflessione. Specie dopo l’estate, la stagione per eccellenza durante la quale “le coppie scoppiano”.
Dal 1991 in Italia, alla faccia di tutta la retorica della famiglia in formato Mulino Bianco e di tutte le fake news che leggiamo su questo istituto, i divorzi sono quadruplicati. Stiamo scappando dalla famiglia, a gambe levate. E lo facciamo anche in età avanzata, ovvero tra i 55 e i 64 anni, come se ci fosse sempre tempo, sempre spazio, sempre modo, anche il più violento, per rompere una relazione e fare male a qualcuno. A un partner, a un figlio, a una persona che fino a ieri dicevamo di amare. Secondo elemento quantitativo: non sono sposati l’81 per cento dei giovani maschi tra i 25 e i 34 anni, e il 65 per cento delle donne. In pratica abbiamo 3 milioni di nubili e celibi in più rispetto al 1991. Altra caduta libera della vita di coppia, di comunità, di uno stare insieme. Terzo dato di questo bel quadro di sprechi familiari: il tasso di natalità in Italia è agli ultimi posti in Europa, e stiamo andando dritti verso un baratro demografico ed economico, con un Paese di vecchi e per vecchi. Il numero di figli per donna, nella media europea, è 1,59; in Italia crolla a 1,32, mentre in Francia sale a 1,90.
Nello scenario che stiamo raccontando c’è un pezzo importante della nostra qualità della vita e della sua sostenibilità in termini di affetti e di relazioni umane. Divorzi, separazioni, rotture delle coppie, figli massacrati dalle risse tra genitori: i numeri si possono spiegare e raccontare soltanto se partiamo da una premessa che ci riguarda tutti. Abbiamo sempre meno voglia e pazienza di ricucire, di non rompere, di coltivare l’arte della pazienza e di esplorare, senza sentirsi sempre all’ultima curva, i limiti di una vita di coppia. Un contatto fisico che si è andato attenuando, qualche tensione che si è andata esasperando, difficoltà temporanee che in automatico trasformiamo in problemi insormontabili. E, zac, l’unica soluzione, immediata, da “ora e subito” come si vive in questa stagione, diventa lo spreco di una rottura insanabile. Laddove, forse, basterebbe poco, molto poco per evitarla.
I piccoli gesti nella vita come in amore fanno la differenza. Ad esempio, da uomini, fate sempre passare prima vostra moglie quando dovete attraversare una porta? Le versate acqua e vino a tavola? Le dite grazie quando vi porta un vestito in lavanderia? La gentilezza, nelle relazioni di coppia, si misura su questi gesti e talvolta si appanna con l’usura dell’abitudine che ci porta a dimenticarla.
Esistono centinaia di manuali per le relazioni di coppia, su come salvare un matrimonio e come reggere allo stress di una lunga convivenza. Tutti inutili. Molto meglio, invece, tornare ai fondamentali, a quei comportamenti semplici e quotidiani che possono essere determinanti per la buona tenuta di un rapporto matrimoniale o di una qualsiasi convivenza. A partire dalla gentilezza.
La fine di un matrimonio si intuisce attraverso segnali inequivocabili. Di fronte ai quali è bene non arrendersi fino alla fine, ma certo anche per sperare in un recupero bisogna essere consapevoli di quanto sta accadendo. Il rapporto a due è in crisi profonda se i litigi e le critiche, anche pretestuose, sono continui, e ogni occasione è buona per dirsene di tutti i colori; quando scompare l’intimità e i rapporti diventano molto formali, quasi ipocriti, per poi scivolare nella zona grigia della mancanza di rispetto. Quando si rincorrono fughe esterne: non solo con il classico tradimento, ma anche attraverso il rimpianto per la vita di single, che viene idealizzata in funzione antimatrimoniale. Infine, quando la coppia sta scoppiando ognuno tenta di dare la colpa all’altro per qualsiasi incidente di percorso o problema che sorge. È il sintomo di un rancore si sta accumulando da tempo ed è pronto a esplodere, trascinando i coniughi verso relazioni persino poco gentili.
Essere gentili è fondamentale nei rapporti di coppia. Questa notizia arriva dall’America: conta più della passione, dell’attrazione fisica e della ricchezza nel tenere unite le coppie. Specie i matrimoni. John Gottman, professore emerito di Psicologia all’università di Washington, è un vero scienziato della vita coniugale. Uno dei suoi studi, pubblicato sulla rivista The Atlantic, è una ricerca sui segreti dell’amore durevole attraverso l’analisi, durata sei anni di osservazione dei comportamenti delle coppie, di ciò che unisce e ciò che divide gli sposi.
Che cosa ha scoperto Gottman con il suo team? Semplice: le coppie che hanno divorziato sono quelle che nell’arco del periodo di osservazione hanno superato meno (tre volte su dieci) il test della gentilezza e dell’empatia; le coppie che hanno retto, invece, sono quelle che hanno soddisfatto meglio (nove volte su dieci) le prove. In questa chimica, contano molto i dettagli. Per esempio, la capacità di ciascuno di ascoltare i racconti dell’altro, di condividerli, di assorbirli anche quando non sono particolarmente allegri. E ancora: tornare ai fondamenti, come l’uso frequente delle parole “grazie” e “prego”. E perfino fare strada, sempre e comunque, alle donne quando si apre una porta. Ma anche alleggerire le tensioni, non sovraccaricarle. Riflettere se e come sono transitorie, dove sono gli errori, innanzitutto i propri. Insomma: guardarsi dentro, prima di accusare e sfogarsi fuori. Magari con violenza, e non solo verbale.
Per salvare un matrimonio, per farlo durare a lungo, per coltivarlo con la giusta dose di equilibrio e di passione, come abbiamo visto, non servono troppe parole. Bastano pochi ma importanti segnali. A volte i lunghi chiarimenti, i dibattiti che si trascinano a puntate nel tempo, le parole che si sommano a parole, fanno più male che bene alla vita di coppia. E invece un abbraccio silenzioso, uno solo, chiude qualsiasi scontro. La gentilezza conviene, anche in quella complessa e misteriosa scommessa della vita di coppia. Una scommessa che gli italiani stanno perdendo. Con la gentilezza, invece, si guadagna in salute e in eleganza, e si allunga la vita matrimoniale.
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