
Se provate a ricostruire le fiamme dell’incendio divampato dentro di voi con la miccia del rancore, farete presto una scoperta preziosa: in questo sentimento non c’è nulla di utile. È spreco puro. Di energie, sentimenti, tempo.
RANCORE PERICOLI
Ci sono sempre buoni motivi per scatenare questo misto di rabbia e sdegno, e di spingerlo fino al confine, sottilissimo, con la palude dell’odio, e dunque non è molto importante scavare nelle cause del rancore. Potrebbe essere un torto che abbiamo subito. Una ferita che non ci aspettavamo. Un senso latente di invidia per chi ha ottenuto dei risultati inaspettati, che noi non siamo riusciti neanche a sfiorare. Un complesso di inferiorità rispetto a quanti riescono a suscitare empatia e ammirazione, senza neanche sforzarsi troppo, quasi in modo naturale, istintivo. L’espansione di un rimpianto, molto più doloroso della dolcezza della nostalgia, per ciò che potevamo fare e non abbiamo fatto.
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IL RANCORE ROVINA LA VITA
Nella sua potenza distruttiva, la prima cosa che viene uccisa dal rancore è la fragilità dei nostri sentimenti. Quanto mai necessaria in tempi di narcisismo e di egoismi dilaganti. Dobbiamo essere vulnerabili, pronti a cadere per rialzarci, non possiamo avere paura dei nostri errori e del dolore che ne consegue. Il rancore è un insetticida di tutto ciò che circola attorno all’amore, anche nel suo stato primordiale. Nel momento in cui lo spruzziamo la vita si impoverisce, il cuore si indurisce e rischiamo di restare intrappolati nel buio del nostro egoismo. Lontani dal piacere di una vita fatta di relazioni sane, dense e leggere ma allo stesso tempo profonde. Indifferenti e derubati di quell’attenzione che di fatto è un sinonimo di amore. Per chiunque ed a qualsiasi età.
Un’altra vittima del rancore è l’energia fisica. Non ci crederete, ma il rancore è uno sforzo che mette in discussione perfino muscoli e fisico. Se fate una ricerca su Internet, scoprirete che esistono diversi studi in base ai quali le persone rancorose hanno precisi connotati estetici. Sguardi torvi, ma innanzitutto muscoli facciali induriti. E la fatica del rancore, tutta sprecata, non si recupera, neanche nel tempo. Si disperde come polvere al vento, laddove basterebbe un attimo di ironia, di leggerezza calviniana, per evitare al misto di rabbia e sdegno di prendere piede e allungarsi con il suo odore di muffa ovunque nella nostra persona.
DANNI RANCORE
Sì, avete capito bene: muffa. Il rancore spande cattivi odori, il lezzo di una cosa stantia. E questo è chiaro già nell’etimologia della parola che deriva dal latino rancere, ovvero rancido. Un aggettivo che descrive a pennello l’uomo rancoroso.
Anche per questo il rancore, destinato per sua natura ad espandersi senza limiti, produce danni molto diretti alla nostra salute. Per esempio: abbassa le difese immunitarie e aumenta i rischi di malattie cardiache.
TRASFORMARE IL RANCORE IN PERDONO
Restando alla metafora dello spray, il rancore elimina con gettiti velenosi la nostra capacità di esprimere dubbi, di mettere in discussione le nostre idee e i nostri punti di vista. In un colpo solo ci barrichiamo dentro alcune certezze, comprese le più miserabili. Non accettiamo più domande, dubbi. E rischiamo, nel naufragio verso l’intolleranza, di non capire il senso della vita, i punti cardinali dello stare al mondo, il tessuto vitale delle relazioni. La realtà della cose ci sfugge, diventiamo irragionevoli, e conta solo ciò che vediamo attraverso l’orizzonte del nostro ombelico. Un atteggiamento che può tracimare in comportamenti collettivi, come abbiamo visto nel caso di molte società, a partire da quella italiana, colpite dalla durezza e dalla lunghezza della crisi economica. Società rancorose, e dunque mutevoli e instabili nei loro stati d’animo.
La persona rancorosa, andando indietro alla fatuità di questo sentimento, spreca tempo prezioso, e fa terra bruciata di quella saggezza che abbiamo prima nel cuore e poi nella testa. La saggezza di non essere travolti dalle cose, anche le peggiori, di non rinunciare al valore dei fondamentali, come la gentilezza e la tolleranza, di provare sempre a coniugare nei nostri atteggiamenti la libertà con la responsabilità. E quando il rancore sale, trasferendosi dalla testa agli occhi fino ad annebbiarli, ricordiamoci banalmente di Dante e di un verso al quale dovremmo essere molto affezionati come cultori della vita lieve. Recita così: «Non ti curar di lor, ma guarda e passa…».
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