
di Marisa Fumagalli e Giacomo Valtolina
Vista da Nord, ad esempio dalla Finlandia, ma
anche da Bolzano, area di confine, la casa ecologica
quasi non fa notizia: è un modo virtuoso
di abitare e prima ancora di costruire acquisito
e diffuso. Una linea tracciata lungo il concetto
della sostenibilità che i politici, gli amministratori,
i cittadini «normali», seguono da qualche
tempo con convinzione. Se, invece, l’angolo
di visuale si allarga abbracciando l’Italia
intera, ecco che lo scenario muta. Certo, la
sensibilità «verde» è in crescita (con impennate,
o fuochi di paglia, di fronte alle catastrofi
nucleari come quella, recente, provocata dallo
tsunami in Giappone), ma in generale lo stile
di vita sostenibile è spesso guardato ancora
come una bizzarria.
Del resto, i testimonial del trend, stranieri o
italiani, si citano pescando tra i nomi dello star
system: Johnny Depp che, con due milioni e
passa di euro, si è fatto costruire su un’isoletta
privata delle Bahamas una eco-villa con tecnologia
solare a idrogeno. O Leonardo DiCaprio,
diventato ambientalista visitando le foreste
pluviali brasiliane, e neo fanatico di ogni tipo
di applicazione energetica green, dal pannello
solare all’auto ibrida. E se Brad Pitt è talmente
ecologista da aver finanziato un progetto a New
Orleans di case in grado di produrre energia,
che dire del Principe Carlo d’Inghilterra che
parrebbe intenzionato a costruire un piccolo
villaggio ecosostenibile in India (dopo aver
visto il famoso film The Millionaire). E via continuando.
Il Bel Paese, al netto del tormentone
ormai di lunga data di Beppe Grillo sui pannelli
fotovoltaici (da cui autoprodurre energia
elettrica e perfino cederne il surplus), vanta
un drappello di personaggi convertiti al credo
della sostenibilità. Tre per tutti: il pilota Giancarlo
Fisichella che ha dato una forte impronta
ambientalista alla sua nuova casa romana
all’Olgiata («abbiamo scelto con cura l’arredamento,
le vernici, gli accessori, tenendo conto
dei contenuti ecologici e puntando su consumi
a basso regime. Con piena soddisfazione»
dice); il numero uno di Leo Burnett, Giorgio
Brenna («sto ultimando la mia dimora a basso
impatto in Brianza: un’esperienza bellissima,
ha tutti i crismi dell’edilizia sostenibile e pure
l’orto biologico» racconta); e la dj Paola Mau geri.
La conduttrice incarna l’idea assoluta dei
comportamenti ecologici: dall’alimentazione
(è vegana) all’abitazione. Vive a Milano sui
Navigli, non ha una casa integralmente sostenibile
(«però, l’ho ristrutturata al meglio e, tra
le altre cose, ho installato un pannello solare
di 70 watt con il quale riesco a caricare il telefonino
e il computer; ho allestito una compostiera
per il riciclo dei rifiuti»), in compenso
ha vissuto per tre mesi a impatto zero, in una
casa nei pressi di Udine. Entusiasta, la Maugeri
dice meraviglie di Loris Clocchiatti (Le
Ville Plus), costruttore friulano, che «da tempi
non sospetti» punta sull’edilizia residenziale
innovativa, nel segno della bioedilizia e
della bioarchitettura. «Ho iniziato negli anni
Ottanta» conferma lo stesso Clocchiatti, «per
pura responsabilità ambientale: mi sento un
visionario». Ha brevettato un sistema reingegnerizzato
ispirato alle costruzioni dei borghi
normanni medievali e ora che di case ne ha
fatte a centinaia («tutte diverse l’una dall’altra
») dice: «È in corso una rivoluzione che non
si può fermare».
«Al giorno d’oggi, nessun professionista può
esimersi dal fare i conti con un’edilizia sostenibile
» sostiene Valentina Moretti, giovane
architetto della Moretti Costruzioni, con esperienze
a New York in prestigiosi studi come
quello di Richard Meier. «L’eco-sostenibilità è,
e deve essere, parte integrante della progettazione
architettonica». Come lei, anche gli altri
specialisti di eco-case (progettisti, imprenditori,
consulenti) stanno quasi tutti nel Nord
Italia dove il concetto di costruzione sostenibile
è saldamente tradotto in realtà, da almeno
un decennio. Oggi, si badi bene, avere una
casa ecologica (nuova o riqualificata) non è più
una soluzione per pochi. In molti possono permettersela.
«Occorre essere informati e incentivati,
non solo economicamente» sottolinea
Marco Calliari, architetto che collabora con la
rivista La vita in campagna, coordinatore di
progettazione bioclimatica della società Mrc
Calliari Engineering. «Nessuno è così sciocco
da non volere un’abitazione che fa risparmiare
energia» prosegue, «ma purtroppo, la confusione
è tanta: è più facile trovare nuove sensibilità
e buone risposte tra gli amministratori
di piccoli e medi comuni che tra i politici di
rango». Lo conferma Marco Manoli, direttore
commerciale di Haas Fertigbau (società che
fa capo al grande gruppo tedesco Haas che lo
scorso anno ha venduto 850 case prefabbricate
in Europa, per 400 milioni di euro): «Da noi
comprano molti amministratori locali».
In Italia, in base al decreto legislativo 311
(che recepisce una direttiva Ue del 2002), dal
2006 le case di nuova costruzione dovrebbero
essere a basso consumo energetico. Cioè
non consumare più di nove litri di carburante
per metro quadro l’anno. Tenendo conto che,
in precedenza, se ne consumavano dai 18 ai
25, la performance è buona. Ma che succede?
Sovente i controlli sono superficiali, e le scappatoie
dietro l’angolo. Del resto, le norme
attuative consentono al costruttore di scegliersi
il proprio certificatore. La qualità della
certificazione, garanzia per il cliente, è basilare.
Nel settore, fa scuola CasaClima, nata nel
2002 nella Provincia Autonoma di Bolzano, da
un’idea di Norbert Lantschner (ex dirigente
dell’Agenzia per l’Ambiente) e diventata punto
di riferimento a livello nazionale: con una retedi due mila professionisti, ha al suo attivo più
di tre mila edifici certificati su tutto il territorio
italiano. «Per una casa monofamiliare il prezzo
di una buona certificazione energetica non può
essere inferiore ai 1.500 euro» osserva Lantschner.
«Le verifiche, infatti, devono essere capillari,
i giudizi severi e imparziali». Sulla stessa
linea, Calliari attacca: «Spesso si trovano produttori
di prefabbricati in legno che offrono
prezzi incredibili, come 1.000 euro al metro
quadro. Ma alla fine, la casa è semplicemente
il cosiddetto “grezzo avanzato”, cioè priva
di tutte le finiture. Ciò significa che il prezzo
finale, a parità di prestazioni energetiche, può
lievitare in media del 15 per cento». Sul tema
certificazioni, infine, è Clocchiatti a rilanciare:
«CasaClima merita rispetto per tutto quello che
sta facendo in Italia. Ma, a mio parere, l’unica
certificazione che tiene veramente in considerazione
tutti gli aspetti ambientali è l’americana
Leed. Perché non vale se, per costruire
una casa ecologica, anche della classe più alta
esistente, si distrugge un intero bosco».
Qual è dunque l’obiettivo da raggiungere
perché una casa possa definirsi davvero ecologica?
«La riduzione del fabbisogno energetico
con semplicità ed efficacia» sintetizza
l’architetto Matteo Thun, autore di uno dei
più fulgidi esempi di edilizia sostenibile
metropolitana e cioè il progetto Tortona 37 di
Milano. E aggiunge: «La sostenibilità comincia
dalle risorse. L’unico materiale da costruzione
rigenerabile è il legno. Adatto a essere
usato sia su piccola sia su grande scala».
Più in dettaglio, Thun indica le tecnologie innovative
che danno il massimo a una costruzione
green, cominciando «dal giusto orientamento
dell’edificio, in rapporto all’asse eliometrico,
alla direzione dei venti prevalenti». Quindi:
«L’adeguata coibentazione delle pareti e del
tetto, l’uso di infissi ad alta capacità isolante,
il controllo dell’irraggiamento solare con l’utilizzo
di opportune schermature. L’uso dei pannelli
solari per la produzione di acqua calda
sanitaria e per l’integrazione dell’impianto di
riscaldamento; gli impianti di generazione di
acqua calda a biomassa (il combustibile pellet,
ad esempio) e gli impianti a pompa di calore
geotermica. Ancora: pannelli solari fotovoltaici
per produrre energia; caldaie a condensazione,
sistemi di reimpiego dell’acqua piovana per gli
scarichi sanitari e l’irrigazione esterna».
Non c’è da spaventarsi. La tecnologia, in
continua evoluzione, aiuta. E sono sempre
più numerosi i progettisti e gli imprenditori
specializzati. L’optimum, spiegano gli esperti,
sarebbe, nella scala del risparmio energetico,
avere una casa «fuori rete», o casa passiva.
Che produce cioè, autonomamente, la propria
energia. E siamo al top. La certificazione
di risparmio, però, parte dalla classe B (sotto i
50 kWh di consumo per metro quadro, l’anno);
a seguire, A (30 kWh) e A+ (sotto i 30). Le
costruzioni «inadeguate» (tra il 70 e l’80 per
cento del patrimonio edilizio italiano) si attestano,
mediamente, sui 150 kWh. A fronte dei
benefici, quanto incide sui costi costruire una
casa ecologica? Ovviamente, dipende dalla
classe energetica e da altre variabili. Norbert
Lantschner di CasaClima stima tra il due e
il quattro per cento di costi aggiuntivi per la
classe B e il cinque per cento per la classe A.
E se il mercato va veloce, non mancano
neppure gli innovatori. Come Giovanni Spatti,
direttore tecnico e co-fondatore di Wood
Beton, l’impresa che ha inventato il sistema
Aria: «Il punto di forza, che fa la differenza, è
una parete autoportante; l’anima è un telaio
di legno lamellare, collaborante con lo strato
(esterno) di calcestruzzo. Un pannello a sandwich
composto da 20 cm di isolante, legno,
camera d’aria e cappotto. È un sistema che
tiene conto delle problematiche connesse sia
al riscaldamento invernale sia al surriscaldamento
estivo». Il costo di una siffatta casa? «Il
10-15 per cento in più. Ma è inutile aggiungere
i vantaggi del rapposto costi-benefici» conclude
Spatti, indicando il prossimo traguardo:
«La casa che produce e distribuisce energia».
Ma novità a parte, oggi uno dei nodi cruciali
nell’edilizia nazionale è la riqualificazione
delle vecchie abitazioni. Nota l’architetto Calliari:
«Anche per non consumare terreno, si
tende a recuperare il patrimonio edilizio esistente.
Ed ecco la necessità di interventi mirati
al risparmio energetico. Personalmente, ricevorichieste di consulenza che, nell’80 per cento
dei casi, riguardano proprio la riqualificazione
». Entriamo così nel capitolo degli ecoincentivi,
che, in Italia, hanno esordito con
la Finanziaria del 2007, e prorogati, poi, con
alcune modifiche. L’elemento più significativo
è la detrazione d’imposta del 55 per cento
delle spese sostenute per ridurre i consumi
energetici. All’interno della stessa legge si
colloca anche la sostituzione delle caldaie da
riscaldamento. Purtroppo, la cattiva abitudine
di pagare l’artigiano «in nero» frena anche
questa opportunità, anche se il 2010 sarà ricordato
come l’anno record per questa detrazione
(la cui conferma per il futuro è ancora ignota).
Sono infatti oltre 300 mila le domande giunte
all’Enea nel 2010. «Per il resto, lo Stato non fa
molto» afferma Patricia Ferro della ong Kyoto
Club. «A livello comunale esistono alcune agevolazioni,
premiate con aumenti di metratura
o sconti sugli oneri di urbanizzazione. Troppo
poco. Anche il piano casa prevede incentivi
solo per la costruzione di edifici pubblici e,
nell’attuazione, le Regioni possono anch’esse
istituire sgravi fiscali o espansioni volumetriche,
ma sono poche le amministrazioni ad
averle previste». «La normativa è carente»
conferma il vicedirettore di Legambiente,
Andrea Poggio, «in Lombardia, ad esempio, le
domande dei privati per avere accesso al piano
casa sono state solo 200». Altre forme di finanziamento,
poi, sono state istituite dal Gestore
servizi energetici (Gse). I certificati verdi, ad
esempio, sono titoli comprovanti la produzione
di una certa quantità di energia da fonti
rinnovabili da parte del singolo cittadino. E
poi c’è il conto energia fotovoltaico, cioè il programma
di incentivazione per la promozione
di elettricità da fonte solare, in funzione dei
kWh prodotti dall’impianto.
Intanto, l’Unione Europea ha recentemente
approvato una direttiva per la quale dall’1 gennaio
2019 tutte le nuove costruzioni dovranno
essere completamente autonome (case passive),
producendo più energia di quanta ne
consumano. Un’utopia o un’accelerazione
decisa verso un mondo più responsabile?
Chissà. Fatto sta che, come diceva il friulano
Clocchiatti, «le rivoluzioni, una volta incominciate,
non si possono più fermare».