Il ritorno di Napoli nell’inferno dell’immondizia che ricopre strade e marciapiedi ha una sua precisa genesi: il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti, disegnato con un decreto governativo che risale al maggio del 2008, non funziona. E non potrà mai funzionare se gli impianti non andranno a regime, come era stato scritto nero su bianco, e la raccolta differenziata non diventerà un’abitudine diffusa nella popolazione. Nel decreto, per esempio, si prevedevano dieci discariche, e di queste ne sono state aperte solo sette, puntualmente in affanno. In particolare sulla seconda discarica di Terzigno, in località cava Vitiello, si é scatenata la protesta popolare dove, come al solito, le scorribande di torbidi burattinai si mescolano con la comprensibile indignazione dei cittadini sconcertati per il sacrificio bis di un territorio che, tra l’altro, fa parte del Parco del Vesuvio. L’amministrazione provinciale di Napoli condivide e cavalca gli umori della piazza, confortata anche dalle perplessità dell’Unione europea, ma finora si é guardata bene dall’indicare un’alternativa concreta alla seconda discarica di Terzigno. Il famoso termovalorizzatore di Acerra lavora a scartamento ridotto e non riuscirà a centrare l’obiettivo dello smaltimento previsto dal piano (almeno 400mila tonnellate in un anno), ma nessuno si assume la responsabilità di dire una parola chiara e definitiva sui limiti dell’impianto. Quanto al termovalorizzatore di Napoli, un altro snodo fondamentale nel sistema, siamo nella nebbia delle procedure, e soltanto qualche settimana fa la regione si é decisa a consegnare i suoli: passeranno mesi, anni, prima che la gara per l’assegnazione dei lavori sia conclusa. La raccolta differenziata in città non arriva al 20 per cento, un target lontanissimo dall’obiettivo del 35 per cento (pure raggiunto in altri capoluoghi della Campania), e l’amministrazione comunale si é arresa di fronte all’evidenza di un programma che non é in grado di rispettare. Risultato: 520 tonnellate di spazzatura sono seminate per le strade e altre 600 risultano contenute nei compattatori stracolmi di rifiuti. Sono i numeri dei giorni peggiori dell’emergenza, e documentano il ritorno alle immagini della vergogna che nel 2008 hanno fatto il giro del mondo con una ferita per il turismo e per l’intera economia ancora aperta.
Nel frattempo, ecco il punto, da quasi un anno l’emergenza rifiuti é stata chiusa per via legislativa e le competenze del commissariato sono finite nelle mani degli enti locali. Un passaggio di consegne disastroso, come si é visto. E se l’esecutivo si é affrettato a incassare il dividendo di una “operazione conclusa”, le varie amministrazioni si sono trovate con il cerino in mano al punto che mentre ieri reclamavano i loro poteri, oggi invocano il ritorno del governo in prima fila. Un apparente paradosso che la dice lunga sull’improvvisazione e anche sul cinismo con cui é stato gestito il passaggio delle consegne. Perché tanta fretta? E perché nessuno, né a Roma né a Napoli, si é posto il problema di procedere al trasferimento dei poteri con gradualità? Un elementare esercizio di buon senso avrebbe dovuto indurre tutti a una fase di accompagnamento dall’emergenza alla normalità, con il governo impegnato ad affiancare le amministrazioni locali almeno fino alla completa realizzazione degli obiettivi previsti dal piano. Si é scelta invece la scorciatoia di un fuga in avanti che ha lasciato gli enti sul territorio soli di fronte alle loro responsabilità, e da qui é nata un nuova catena di no. No alla scelte, no alle decisioni, no a una virtuosa collaborazione istituzionale. E con il corto circuito del sistema, la spazzatura é tornata a sommergere il centro e la periferia di Napoli.
In questa ricostruzione delle responsabilità non si possono ignorare quelle dei cittadini. Qualche giorno fa Legambiente ha presentato il suo rapporto annuale sulla qualità della vita nei comuni capoluoghi italiani: Napoli precipita al posto numero 96, scivolando di sei posizioni rispetto al 2009. Una deriva così marcata non può essere messa solo sul conto degli amministratori pubblici, ma denota un clima di rassegnazione più generale e una ribellione di massa rispetto ai canoni più elementari del vivere civile. Ai governi, nazionale e locali, i cittadini hanno il diritto di chiedere efficienza e trasparenza, ma devono anche sentire il dovere di contribuire, con i loro comportamenti, a una corretta gestione dei servizi. La spazzatura é il paradigma del destino di un popolo: fino a quando i napoletani non si convinceranno a trattare strade e marciapiedi come i salotti delle loro case, l’emergenza non potrà mai finire. E un viaggio di ritorno nell’inferno, con i falò dei rifiuti che divampano dappertutto, sarà.