Salute mentale in Italia: un’emergenza silenziosa. Dati, disturbi e a chi rivolgersi

La salute mentale in Italia è un'emergenza confermata dai dati: crescono gli accessi al pronto soccorso, 1 lavoratore su 5 è a rischio burnout e gli adolescenti sono sempre più fragili. Dall'OMS alle nuove iniziative come lo psicologo a scuola, ecco la mappa completa del benessere psicologico oggi.

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L’Italia sta affrontando un’emergenza sanitaria silenziosa, ma confermata da numeri allarmanti. La salute mentale e Il benessere psicologico degli italiani è in netto peggioramento, con un aumento significativo degli accessi ai pronto soccorso per disturbi mentali, che hanno visto un incremento di quasi il 70% in un decennio.

In particolare, si registra una crescita preoccupante dei casi di depressione e, tra i giovanissimi, di atti di autolesionismo e tentativi di suicidio.

Il quadro non migliora se si sposta lo sguardo sul mondo del lavoro: secondo recenti studi, un lavoratore italiano su cinque è a rischio burnout, una condizione di esaurimento psicofisico legata allo stress lavorativo cronico.

La salute mentale quindi non è più un problema di nicchia, ma un tema centrale per la sanità pubblica e la società.

Cos’è la salute mentale?

Prima di analizzare i dati, è fondamentale capire cosa si intende per salute mentale. Spesso si commette l’errore di pensarla come una semplice “assenza di malattia”. In realtà, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la definisce in modo molto più ampio e positivo.

Secondo l’OMS, la salute mentale è: “uno stato di benessere in cui l’individuo realizza le proprie capacità, può far fronte ai normali stress della vita, può lavorare in modo produttivo ed è in grado di dare un contributo alla propria comunità”.

Non si tratta quindi solo di non avere un disturbo, ma di possedere le risorse psicologiche per vivere una vita soddisfacente e partecipare attivamente alla società.

Ma in che modo e perché gli italiani si ritrovano in questa spirale negativa? Vediamolo nel dettaglio.

I disturbi mentali più comuni in Italia

Quando viene a mancare questo equilibrio descritto dall’OMS, si può sfociare in un disturbo. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i disturbi mentali più comuni tra la popolazione italiana sono:

  1. Disturbi d’ansia: Sono la categoria più diffusa e includono disturbo d’ansia generalizzato, attacchi di panico e fobie.
  2. Depressione maggiore e distimia: È la seconda patologia più frequente e una delle principali cause di disabilità a livello globale.
  3. Disturbi da stress: Includendo il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) e le reazioni acute allo stress.
  4. Disturbi correlati al lavoro: Come il già citato burnout, che l’OMS ha ufficialmente riconosciuto come “fenomeno occupazionale” (non una malattia, ma una condizione che richiede attenzione medica).

Chi soffre di più?

Sebbene il disagio psicologico sia trasversale, i dati recenti evidenziano due aree di particolare vulnerabilità: gli adolescenti e i lavoratori.

Un boom di disagio tra gli adolescenti

La situazione della salute mentale tra i più giovani è la più preoccupante. Come evidenziato da numerosi dati, la pandemia ha agito da acceleratore su un disagio già latente.

Si stima che circa il 20% degli adolescenti italiani manifesti sintomi di un disturbo neuropsichico.

Tra i disturbi più frequenti e più preoccupanti emergono l’autolesionismo e il suicidio: I dati degli ospedali pediatrici mostrano un aumento drammatico dei ricoveri per ideazione suicidaria e autolesionismo. Le cause principali? La solitudine, la pressione sociale (amplificata dai social media) e l’ansia per il futuro.

In accordo con i dati attuali, vi è una differenze di genere importante che evidenzia tassi più elevati di depressione e ansia per le ragazze adolescenti, mentre i ragazzi sono più soggetti a disturbi del comportamento e uso di sostanze.

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I disturbi alimentari negli adolescenti

Un capitolo critico del disagio giovanile, che richiede un’attenzione specifica, è quello dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

Patologie come l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata) sono in forte aumento, specialmente nella popolazione adolescente e pre-adolescente, con un esordio sempre più precoce.

Questi disturbi non sono una “scelta” o un capriccio, ma complesse patologie psichiatriche con conseguenze fisiche gravissime (l’anoressia, ad esempio, ha il più alto tasso di mortalità tra i disturbi mentali).

  • Anoressia nervosa: Caratterizzata da una restrizione alimentare estrema, un’intensa paura di ingrassare e una distorta percezione del proprio corpo.
  • Bulimia nervosa: Segnata da cicli di abbuffate compulsive seguite da condotte di eliminazione (come vomito autoindotto, uso di lassativi o eccessivo esercizio fisico).
  • Binge Eating Disorder (BED): Caratterizzato da episodi di abbuffate ricorrenti, vissuti con grande senso di colpa e perdita di controllo, ma senza le condotte di eliminazione tipiche della bulimia.

La pressione sociale verso modelli estetici irraggiungibili, amplificata dai social media, l’ansia da prestazione e le fragilità emotive tipiche dell’adolescenza sono tra i principali fattori di rischio che alimentano questa emergenza.

Il mondo del lavoro e il rischio burnout

Il secondo fronte è quello professionale. Lo stress cronico da lavoro, la cultura della “sempre connessi” (iperconnettività) e la precarietà economica stanno portando, come detto, un lavoratore su cinque a un passo dal burnout.

Questa sindrome si manifesta con esaurimento emotivo, cinismo verso il proprio lavoro e una sensazione di inefficacia professionale, con gravi ricadute sulla salute mentale e sulla produttività.

I test per la salute mentale: come orientarsi

In un contesto di crescente consapevolezza, molte persone cercano online “test per la salute mentale”. È importante fare chiarezza.

Esistono strumenti di autovalutazione validati, come:

Si tratta di soluzioni preliminari che possono aiutare a identificare la presenza di sintomi ansiosi, depressivi o legati allo stress.

Tuttavia, questi test non hanno alcun valore diagnostico. Non possono sostituire il colloquio con un professionista. Devono essere usati solo come un primo strumento di autoconoscenza per capire se è il caso di approfondire e chiedere aiuto qualificato.

A chi rivolgersi

La buona notizia è che il tabù sulla salute mentale sta lentamente cadendo, e le istituzioni iniziano a rispondere.

  • Iniziative istituzionali: Il Bonus Psicologo è un aiuto dello Stato per sostenere i cittadini che non possono permettersi un percorso di psicoterapia. Sebbene abbia ancora molte lacune e non risolve per nulla il crescente problema nazionale.
  • Il modello della Calabria: L’iniziativa più innovativa arriva dalla Calabria, che è diventata la prima regione italiana a rendere obbligatorio lo psicologo di base nelle scuole di ogni ordine e grado. Un passo fondamentale per intercettare precocemente il disagio giovanile e offrire un supporto accessibile e de-stigmatizzato.
  • Sportelli d’ascolto: Molte scuole e università si stanno dotando di sportelli d’ascolto psicologico gratuiti per gli studenti.
  • Servizi online: Accanto ai servizi pubblici (Centri di Salute Mentale – CSM) e agli studi privati, negli ultimi anni sono cresciuti esponenzialmente i servizi di psicologia online. Piattaforme certificate permettono di accedere a psicoterapeuti qualificati in modo flessibile e spesso a costi più contenuti, abbattendo le barriere geografiche e logistiche.
  • Linee telefoniche di emergenza come Telefono Amico e Samaritans.

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma il primo, fondamentale passo per prendersi cura di sé e rivendicare il proprio diritto al benessere psicologico.

Eppure, ancora troppo spesso, ci si ritrova ad affrontare problemi di diversa natura, dovuti anche all’inefficienza e alla mancanza di servizi a livello nazionale.

Il divario per le cure: l’enorme ostacolo dell’accesso ai servizi

Il problema italiano non è solo l’aumento dei disturbi, ma la difficoltà nell’accedere alle cure. L’Italia soffre di un cronico sottofinanziamento dei servizi pubblici di salute mentale. E in particolare chi soffre di un disturbo deve dover affrontare problematiche riconosciute come:

  • Servizi pubblici al collasso: I Centri di Salute Mentale (CSM), pilastro del sistema pubblico, sono spesso al collasso. Secondo i dati del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi (CNOP), le risorse destinate alla salute mentale sono ben al di sotto delle raccomandazioni europee.
  • Liste d’attesa: Questo si traduce in liste d’attesa che possono durare molti mesi, un tempo insostenibile per chi vive un disagio acuto come un attacco di panico o una depressione.
  • La barriera economica: La psicoterapia privata ha costi che la maggioranza della popolazione non può sostenere con continuità. Il “Bonus Psicologo” è nato proprio per tentare di colmare questo vuoto, ma agisce come un tampone su un sistema che necessiterebbe di riforme strutturali.

Perché ancora non si chiede aiuto? Il peso dello stigma

Infine, un quadro panoramico dell’Italia non può ignorare la barriera culturale dello stigma.

Sebbene le generazioni più giovani (Gen Z e Millennials) siano molto più aperte a parlare di benessere psicologico, in molte fasce della popolazione e contesti lavorativi persiste l’idea che chiedere aiuto sia un segno di debolezza.

Molte persone, specialmente uomini e anziani, faticano a riconoscere il proprio disagio o se ne vergognano. Preferiscono parlare di “stress” o “esaurimento” piuttosto che di “ansia” o “depressione”.

Questo stigma ritarda la richiesta d’aiuto, trasformando spesso un disagio gestibile in una patologia cronica e portando, come visto nei dati, a un accesso ai servizi sanitari solo quando la situazione è già grave, come nel caso degli accessi al pronto soccorso.

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