Le difficoltà dell’istruzione a Panarea

Adesso i paparazzi sono andati via e con loro attori, cantanti e personaggi politici di rilievo. Cala il sipario in un isola dove non è tutto oro quello che luccica.  Le scuole ormai sono iniziate in tutta Italia e, per i piccoli studenti panarellesi, anche per quest’anno accademico devono affrontare le fatiche scolastiche sotto un […]

Adesso i paparazzi sono andati via e con loro attori, cantanti e personaggi politici di rilievo. Cala il sipario in un isola dove non è tutto oro quello che luccica.  Le scuole ormai sono iniziate in tutta Italia e, per i piccoli studenti panarellesi, anche per quest’anno accademico devono affrontare le fatiche scolastiche sotto un tetto di una casa concessa da un privato, in attesa dal tanto agognato sogno di vedere realizzata una scuola sull’isola.

 

Un sogno, sì, perché in tempo di crisi, il diritto all’istruzione si veste in modo precario e malconcio e adotta soluzioni provvisorie al di fuori di ogni principio costituzionale che si rispetti. Ma procediamo per gradi. Nell’iconografia tradizionale, scuola significa edificio, lavagne, norme di sicurezza, spazi ludico ricreativi.

 

Ebbene, nell’arcipelago eoliano, la campana non suona, le porte sono fatiscenti, l’aria risente dell’odore nauseabondo che emanano i muri umidi, l’educazione fisica non è contemplata perché non c’è lo spazio dove praticarla e i Pc che dovrebbero essere utilizzati per l’informatica sembrano una catasta da mausoleo. Accessori superflui o condizioni minime necessarie? La domanda sorge spontanea.

 

Il secondo problema è legato alla maestra. Una sola, ma questo è comprensibile, l’unico elemento che desta preoccupazione è la provvisorietà del suo mandato. L’attuale insegnante rimarrà forse una settimana, perché la cattedra pare debba essere assegnata in maniera definitiva. Intanto, tra provvedimenti inesistenti, le mamme di Panarea non minacciano battaglie o scioperi ma, in modo composto, si augurano solo che qualcuno sia disposto ad abbracciare la loro causa. Maria Celeste Castro, mamma di due bambini, Matteo e Paolo di sei e sette anni ha esternato il suo rammarico per l’attuale situazione: “I nostri bambini, sono uguali a tutti i bambini d’Italia. Esiste un diritto chiamato pari opportunità, ed esiste anche uno stanziamento per costruire l’edificio scolastico, credo quindi che metà della battaglia sia vinta, ora c’è bisogno di qualcuno che abbracci l’altra parte della battaglia per realizzare un edificio. Vogliamo solamente sensibilizzare l’opinione pubblica, perché vivere su un isola non dovrebbe significare essere isolati dello Stato, dai pubblici interventi e la questione si fa più viva se si pensa che l’isola di Panarea gravita di esponenti politici”. Tre bambini alla scuola materna, cinque alle elementari e due alle scuole medie hanno nomi e volti e il segno di un diritto che gli è negato, il diritto all’istruzione. Questa gravosa situazione si affianca, d’altro canto, alla mancanza di spazi ludico-ricreativi, e se la realizzazione e la pianificazione di questi cadrà nel bidone delle opere mai compiute, i bambini avranno come unico svago la televisione.

 

Non resta che sperare rievocando Karl Popper che questa non sia “ una cattiva maestra” o ancora meglio che qualcuno si ricordi di quest’isola sperduta in mezzo al mare e dimenticata dalle istituzioni. Il sindaco di Lipari, Mariano Bruno, ha precisato che il piano regolatore è stato già pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Esistono quindi i fondi, circa 750.0000 euro per realizzare la scuola. Unico inconveniente – ma sembra un ostacolo enorme- rivedere l’area dove innalzare l’edificio. Sì, perchè quella individuata in passato dal comune è stata acquistata da un privato ad un prezzo superiore da quello offerto dall’Ente pubblico. Un gioco al rilancio e speculativo che fino ad ora ha solo mortificato i piccoli studenti dell’isola che siedono tra un banco precario e uno spazio, sicuramente, non a misura di bambino. La soluzione paventata dal primo cittadino è quella dell’esproprio “Se avrò le armi per poter aggredire quella zona io la farò: il comune dovrà espropriare”. Il Comune? E chi sarebbe? Un Ente astratto? A quali “armi” si riferisce il primo cittadino, se non quelle che la legge gli fornisce per risolvere il problema? Il Comune di Lipari è in grado di individuare un’area, ricorrendo anche all’esproprio, per costruire una scuola i cui fondi giacciono nelle proprie casse, o no?. L’unica certezza, se così si può affermare, è che la volontà di costruire, come ha sottolineato l’architetto Rosanna Galletta, curatrice del progetto già esitato, ci sarebbe. Adesso, dal momento che il piano regolatore è stato approvato, il progetto pure, i fondi ci sono, manca solo una cosa: la volontà politica.

 

 

 

 

 

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