Sparire all’improvviso, senza un messaggio o una spiegazione, lasciando l’altra persona in un limbo di dubbi e domande. È il ghosting, un fenomeno sociale ormai diffuso, ma i cui effetti sulla salute mentale sono stati solo di recente analizzati scientificamente.
Un nuovo studio italiano condotto dall’Università di Milano-Bicocca, ha dimostrato per la prima volta sperimentalmente quello che molti già sospettavano: il ghosting ferisce di più di un rifiuto esplicito.
Ma cos’è il ghosting e perché è un fenomeno così in auge oggi?
Indice degli argomenti
Cos’è il Ghosting
Il termine “ghosting” (dall’inglese ghost, fantasma) descrive l’atto di interrompere bruscamente ogni forma di comunicazione con una persona con cui si ha un legame (romantico, amicale o anche professionale) senza fornire alcuna spiegazione.

Come sottolineano gli esperti, non si tratta di una semplice “ritirata”, ma di una sparizione totale: non si risponde più a messaggi, chiamate, e si può arrivare a bloccare l’altro su tutti i canali social.
È una strategia di chiusura passivo-aggressiva che lascia chi la subisce (il “ghostato”) privo di un elemento fondamentale: la chiusura (closure).
Sfumature di ghosting
Il ghosting non è sempre una sparizione netta. Le sue “varianti” subdole, che sono molto comuni, sono:
- Slow Fade (o Caspering): La “sparizione lenta”. La persona non sparisce di colpo, ma dirada le comunicazioni, risponde dopo ore o giorni, con messaggi sempre più brevi e disinteressati, costringendo l’altro a “capire da solo” che è finita. È una forma di ghosting più “codarda”.
- Orbiting: Forse la più crudele. La persona sparisce dalla comunicazione diretta (messaggi, chiamate) ma continua a “orbitare” nella vita digitale dell’altro: guarda tutte le Storie su Instagram, mette “mi piace” a un post. Questo alimenta la confusione e si lega perfettamente alla domanda “allora mi pensa!”.
- Zombieing: Quando il “fantasma”, dopo mesi di silenzio assoluto, riappare all’improvviso con un messaggio banale (es. “Ciao, come va?”), come se nulla fosse successo, destabilizzando la persona che era (a fatica) andata avanti.
Il silenzio è ostracismo
Ma perché questo silenzio è così doloroso? Lo studio dei ricercatori della Bicocca ha confrontato tre scenari:
- Un rifiuto esplicito (“Non voglio più vederti”),
- Il ghosting (sparizione),
- Una sparizione giustificata (controllo).
I risultati sono inequivocabili: il ghosting è la strategia che provoca il maggior dolore emotivo.
La spiegazione scientifica è che il rifiuto esplicito, sebbene spiacevole, è chiaro e preserva in qualche modo l’esistenza dell’altro. Il ghosting, invece, viene percepito dal cervello come una forma di ostracismo sociale.
Come evidenziato dallo studio, questo silenzio deliberato attacca uno dei nostri bisogni umani fondamentali: il bisogno di appartenenza. Essere “ghostatati” equivale a sentirsi invisibili, socialmente esclusi, e il cervello umano, per motivi evolutivi, reagisce a questa esclusione con un dolore acuto, simile a quello fisico.
L’impatto sulla salute mentale
Le conseguenze psicologiche per chi subisce ghosting possono essere significative. L’assenza di spiegazioni innesca un circolo vizioso di ruminazione mentale:
- Autocolpevolizzazione: La vittima, non avendo un motivo esterno, cerca la colpa in sé stessa: “Cosa ho fatto di sbagliato?”, “Cosa ho detto?”.
- Ansia e calo dell’autostima: L’incertezza e il sentirsi “non degni” nemmeno di una risposta intaccano profondamente l’autostima.
- Difficoltà a “chiudere”: Senza un punto fermo, il cervello non riesce a elaborare la fine della relazione, rimanendo bloccato in un’attesa che genera ansia e, nei casi più seri, sintomi depressivi.
Questo fenomeno è particolarmente rilevante tra i giovani. Cresciuti nell’era delle app di incontri e della comunicazione digitale, i giovani sono più esposti a questa “fluidità” delle relazioni, che può portare a normalizzare il ghosting come un modo accettabile, per quanto doloroso, di chiudere un rapporto.
Non solo in amore: il ghosting nelle amicizie e sul lavoro
Sebbene il ghosting sia associato principalmente al dating online e alle relazioni sentimentali, questo comportamento si sta diffondendo in modo allarmante anche in altri due ambiti relazionali fondamentali: l’amicizia e il lavoro. In questi contesti, l’impatto può essere, se possibile, ancora più destabilizzante.
Il ghosting amicale
Quando a sparire nel nulla è un amico, magari di lunga data, il dolore provato può essere profondo e disorientante. A differenza di una relazione romantica, spesso soggetta ad alti e bassi passionali, l’amicizia è generalmente percepita come un legame stabile, un “porto sicuro” basato sulla stima e sull’affetto reciproci.
Il ghosting da parte di un amico viene vissuto come un tradimento inspiegabile, che attacca direttamente il valore della persona. Non essendoci la “scusante” della chimica o dell’attrazione venuta meno, chi lo subisce tende a colpevolizzarsi in modo ancora più radicale (“Cosa ho fatto di così terribile per essere cancellato in questo modo?”), minando la fiducia nelle proprie capacità relazionali.
Il ghosting professionale
Un fenomeno in netta crescita è anche il “professional ghosting”. Questo si manifesta principalmente in due forme:
- Nel recruiting: È sempre più comune che candidati, anche dopo aver sostenuto diversi colloqui e aver ricevuto feedback positivi, vengano “ghostati” dal recruiter o dall’azienda, che smette di rispondere a email e chiamate. Questo comportamento genera frustrazione, ansia e lascia il professionista in un limbo che impedisce di concentrarsi su altre opportunità.
- Tra colleghi o con i clienti: Il ghosting avviene anche tra colleghi che lavorano a uno stesso progetto e smettono di comunicare, bloccando il flusso di lavoro, o da parte di clienti che spariscono al momento di finalizzare un accordo o, peggio, di effettuare un pagamento.
In ambito professionale, l’impatto non è solo psicologico (senso di svalutazione, ansia da prestazione), ma anche pratico ed economico. Un professionista “ghostato” può perdere tempo, denaro e opportunità di carriera concrete, subendo un danno tangibile oltre alla frustrazione emotiva
La psicologia del “fantasma”: Perché si fa Ghosting?
Chi pratica il ghosting raramente lo fa per cattiveria calcolata. Le motivazioni principali, come analizzato dall’Istituto Europeo di Psicologia Positiva (IEPP) risiedono nel “fantasma” stesso:
- Perdita di interesse: Spesso, specialmente nel dating online, la persona ha semplicemente perso interesse e non ritiene necessario dare spiegazioni.
- Evitamento del conflitto: La paura di affrontare una conversazione difficile, di gestire la reazione emotiva (rabbia, tristezza) dell’altra persona.
- Immaturità emotiva: L’incapacità di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e di comunicare i propri sentimenti in modo adulto.
- Convenienza: È la via d’uscita più facile e veloce, che non richiede alcuno sforzo emotivo.
Come comportarsi se si viene “Ghostati”
Come comportarsi per uscire dal limbo e dal silenzio assordante? Ecco cosa consigliano gli psicologi:
Cosa NON fare:
- Inviare messaggi rabbiosi o offensivi.
- “Spammare” la persona con chiamate e messaggi nel tentativo di forzare una risposta (il cosiddetto “bombardamento di messaggi”).
- Cercare di contattarla tramite amici o profili social falsi.
Cosa FARE:
- Inviare un ultimo messaggio: Un messaggio non accusatorio, ma chiaro, che esprima la propria confusione e fissi un punto (es. “Noto che sei sparito/a. Mi dispiace, ma non posso restare in attesa. Ti auguro il meglio.”). Questo serve più a sé stessi che all’altro, per mettere un punto.
- Stabilire un “limite”: Decidere mentalmente che dopo un certo numero di giorni senza risposta, la questione è chiusa.
- Prendere il controllo: bloccare. Dopo aver accettato la situazione, bloccare la persona può essere un atto catartico per riprendere il controllo e impedire un suo eventuale ritorno (“zombieing”).
- Concentrarsi sulla cura di sé: Spostare l’energia investita nel “perché?” sulla cura di sé (hobby, amici, sport).
Chi fa ghosting ti pensa? Decodificare una domanda dolorosa
Il fatto che molti di coloro che vengono “ghostati” si ritrovino a pensare e a chiedere, nei casi in cui è possibile, se la persona stia pensando a loro è forse la manifestazione più chiara del dolore causato da questo fenomeno.
Queste persone cercano una rassicurazione. È il tentativo disperato di trovare un senso nel silenzio, di sperare che l’altro stia ancora pensando a lui/lei, magari con rimpianto.
La risposta onesta è: forse, ma non nel modo in cui spera chi è stato lasciato.
Come suggerito dagli psicologi, è probabile che chi ha fatto ghosting ci pensi, ma i suoi pensieri sono probabilmente centrati su sé stesso: il senso di colpa per essersi comportato male, la vergogna per la propria viltà, o più semplicemente il sollievo per aver evitato una situazione sgradevole.
Chi subisce ghosting deve capire che questa domanda è una trappola. Cercare un significato nel comportamento del “fantasma” significa rimanere legati a lui.
La vera cura, come indicano gli specialisti è accettare che la non-risposta è essa stessa una risposta: è la chiara dimostrazione della mancanza di rispetto e considerazione dell’altra persona.
Spostare il focus da “perché l’ha fatto?” a “merito io un trattamento del genere?” è il primo passo per iniziare a guarire.
Cosa capiamo dal ghosting?
In un’epoca che celebra l’iper-connessione come un valore assoluto, il ghosting emerge come il suo più oscuro paradosso. Non è semplicemente maleducazione; è un sintomo sociale.
Riflette una crescente incapacità collettiva di gestire il conflitto e di assumersi la responsabilità emotiva delle proprie azioni. In fondo, la diffusione del ghosting non ci dice nulla su chi lo subisce, ma ci dice tutto sulla nostra paura della conversazione difficile.
Dimostra, con una violenza silenziosa, che la facilità con cui possiamo “disconnetterci” digitalmente ci sta forse facendo disimparare cosa significhi restare umani.
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