
Nei giorni di una Pasqua sobria, anche per necessità, e all’insegna del risparmio, vorrei rivolgermi a chiunque alimenta una delle fabbriche più significative dello spreco made in Italy: quella delle pillole. Industrie farmaceutiche, ospedali e cliniche, medici, farmacisti, famiglie: vogliamo provare a contenere questo scempio? È possibile evitare che tanti farmaci finiscano nella spazzatura e poi perfino nelle discariche?
Tra i record che abbiamo in Italia, infatti, quello del consumo compulsivo di farmaci di traduce in una spesa media pro capite di 524 dollari. Che cosa alimenta questa corsa alla pillola? Innanzitutto la pressione dell’industria farmaceutica (25 miliardi di euro all’anno di fatturato) che utilizza tutte le armi a disposizione per aumentare la domanda. Si moltiplicano così le iniziative di marketing sia sulle singole malattie sia sui nuovi prodotti per curarle: per una sola patologia si arriva fino a 60 giornate nazionali dedicate all’argomento e 300 locali. Celebriamo perfino la giornata per la prevenzione degli attacchi di panico. Una macchina infernale di notizie, dati e sollecitazioni all’acquisto, messa a punto con l’obiettivo di sollecitare gli acquisti anche quando non sono necessari.
Il secondo anello debole della catena è quello dei medici, molto generosi quando si tratta di scrivere prescrizioni: si contano 7,3 ricette a cittadino. Tanto alla fine il conto lo paga il Servizio sanitario nazionale con una spesa complessiva pari a 4 miliardi di euro all’anno. Diverse indagini della magistratura hanno individuato la rete di questa “fabbrica dei farmaci” con alleanze strette tra i produttori, gli informatori scientifici (i venditori) e i medici. Rompere il meccanismo è molto complicato, anche perché il terzo anello riguarda i nostri stili di vita, le nostre abitudini quotidiane in materia di pillole. Pensate: gettiamo nella spazzatura qualcosa come un miliardo di medicine l’anno, con un costo di 650 milioni di euro. Una follia. L’uso e l’abuso dei farmaci è confermato dal “vizietto” degli italiani di avere medicinali sempre a disposizione in casa, negli armadietti, come se la malattia fosse costantemente in agguato. Il 65 per cento delle famiglie conserva, infatti, tra le 10 e le 20 confezioni di medicine, non curandosi di controllare le scadenze. Salvo poi accorgersi che il farmaco ha concluso il suo ciclo vitale e quindi può finire nel cestino dei rifiuti.
La sindrome della pillola facile, purtroppo, è in forte crescita. Da un lato le ricerche della medicina e della genetica hanno allargato l’area delle patologie, creandone alcune che non possono definirsi tali; dall’altro versante l’aumento medio dell’età della popolazione comporta automaticamente una crescita della domanda di farmaci. Possiamo fare qualcosa per spezzare la catena degli sprechi? Sicuramente sì.Innanzitutto scegliere medici responsabili, e non dei semplici dispensatori di medicinali. Un noto boss dell’industria farmaceutica americana un giorno confessò pubblicamente: «Il nostro sogno è quello di produrre farmaci per le persone sane». In secondo luogo, gli acquisti delle medicine vanno fatti con parsimonia e secondo le prescrizioni: le scorte sono inutili. Infine, attenzione alle scadenze: se sono troppo ravvicinate, è meglio cambiare confezione. In ogni caso ciascun consumatore di pillole dovrebbe convincersi che questa spesa è coperta dalla Stato, ma alla fine, attraverso le tasse, la paghiamo noi cittadini.