“La Bp sapeva delle falle”. Già spesi due miliardi di dollari

Per arginare la marea nera nel Golfo del Messico, la British Petroleum ha riferito di aver speso finora circa due miliardi di dollari tra lavori di recupero del petrolio, perforazione del pozzo di soccorso, donazioni agli Stati rivieraschi del golfo e somme versate alle autorita’ federali. Nei giorni scorsi la compagnia, che ha ricevuto 65mila […]

Per arginare la marea nera nel Golfo del Messico, la British Petroleum ha riferito di aver speso finora circa due miliardi di dollari tra lavori di recupero del petrolio, perforazione del pozzo di soccorso, donazioni agli Stati rivieraschi del golfo e somme versate alle autorita’ federali. Nei giorni scorsi la compagnia, che ha ricevuto 65mila richieste di risarcimento e ne ha soddisfatte 32mila, per un totale di 105 milioni di dollari, ha annunciato la creazione, su richiesta della Casa Bianca, di un fondo di 20 miliardi 1 per garantire il pagamento dei costi.

Ma i problemi per la BP sono solo iniziati: secondo l’operaio Tyrone Benton, sopravvissuto all’incidente, la compagnia sapeva che c’erano falle nel sistema di sicurezza della piattaforma Deepwater Horizon gia’ settimane prima che questa esplodesse, causando la disastrosa marea nera nel Golfo del Messico. Benton ha anche aggiunto che la responsabilita’ della manutenzione dell’attrezzatura era della compagnia proprietaria della piattaforma, la Transocean, la quale pero’ ha replicato di aver testato con successo quel sistema prima del disastro.

Il dispositivo in questione, progettato per impedire le fughe di gas, e’ il “Blowout preventer” (Bop), ed e’ il piu’ critico dell’intera piattaforma, perche’ in grado di tagliare e bloccare il flusso di petrolio dalla condotta principale. Il Bop e’ stato progettato per prevenire disastri proprio come quello accaduto il 20 aprile nel Golfo del Messico e il suo “cervello” e’ costituito da unita’ di controllo (i cosiddetti “control pods”) predisposte per rilevare le irregolarita’. “Abbiamo notato – racconta Benton – una perdita sull’unita’ di controllo e abbiamo informato gli uomini della compagnia: si trovavano in una postazione dalla quale potevano accendere o spegnere l’unita’ e accenderne un’altra, cosi’ da non dover necessariamente interrompere la produzione”.

Intervistato dalla BBC, il professor Tad Patzek, dell’Universita’ del Texas, ha definito “inaccettabile” questo comportamento: “Se si intuisce che il Bop non sta funzionando a dovere, lo si deve riparare a qualunque costo”. Secondo l’operaio, riparare l’unita’ di controllo piuttosto che attivarne un’altra avrebbe pero’ significato interrompere temporaneamente l’attivita’ di trivellazione sulla piattaforma Deepwater Horizon, “che – ha aggiunto – costava alla BP 500mila dollari (circa 400mila euro) al giorno”.

Secondo gli esperti il pozzo ha una riserva di circa 50 milioni di barili e con un flusso di 60mila giornalieri potrebbe continuare a disperdere oro nero in mare per un periodo dai due ai quattro anni. Una volta esaurito il gas naturale contenuto nel giacimento – forza motrice del greggio, che deve vincere una pressione di 150 atmosfere – il tasso di perdita sarebbe pero’ di gran lunga inferiore. La BP e l’amministrazione Obama sperano di poter arginare completamente la fuga entro il prossimo agosto con lo scavo di altri due pozzi collaterali, in modo da far defluire il greggio. In caso di fallimento, le conseguenze ambientali sarebbero incalcolabili.

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