Covid e surriscaldamento, così è partito il virus. Tutto è iniziato con una fuga dei pipistrelli nello Yunnan

Una ricerca dell'università di Cambridge dimostra la relazione strettissima tra temperature più alte e inizio dei contagi. Altri studi sottolineano il rapporto tra inquinamento e morti per Covid 19. Le polveri sottili aumentano i fattori di rischio

smog e coronavirus

COVID 19 E INQUINAMENTO

Inquinamento e Covid-19. Surriscaldamento del pianeta e diffusione del virus. Attorno a questi legami tra fattori ambientali e questioni sanitarie si stanno sviluppando sempre più ricerche che vanno nella stessa direzione: le relazioni sono talmente forti al punto da fare pensare a un rapporto di causa ed effetto. Mentre lo smog viene considerato un fattore di rischio più alto di diabete, ipertensione e obesità.

SURRISCALDAMENTO E PANDEMIA

L’ultimo studio arriva dal Dipartimento di Zoologia dell’università di Cambridge e si è concentrato sull’analisi del boom di pipistrelli emigrati nella provincia cinese dello Yunnan, l’area da dove è partito il virus Sars-Cov-2 e gli animali che lo hanno trasmesso. Gli scienziati hanno dimostrato la seguente relazione tra i fenomeni: più di 40 specie di pipistrelli, in pochi anni, sono emigrate dalle loro zone per trasferirsi nello Yunnan. Fuggivano dall’innalzamento delle temperature, diventate incompatibili con le loro abitudini di vita, e andavano verso un habitat naturale per la loro specie, dove trovavano clima giusto e vegetazione adeguata. Peccato però che, secondo lo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, è stata propria questa altissima e innaturale concentrazione di pipistrelli ha creare il primo focolaio di coronavirus. Quello da dove poi tutto è partito.

CORONAVIRUS E INQUINAMENTO

Lo studio di Cambridge è solo l’ultimo di una lunga serie di ricerche che hanno messo a fuoco il rapporto tra inquinamento e Covid-19. Una ricerca americana, recentemente pubblicata, su Circulation Research mette in evidenza come l’esposizione al particolato danneggia le vie respiratorie e aumenta l’attività del recettore cellulare ace-2, che favorisce l’ingresso del virus Sars-Cov-2 nelle cellule dell’uomo. Da qui alcuni dati davvero impressionanti. Uno studio giapponese pubblicato su Environmental Research, partendo da un’indagine sui topi ha dimostrato la maggiore virulenza del Covid-19 in presenza delle «polveri sottili».

In Italia la percentuale di morti per Covid-19 riconducibili all’inquinamento atmosferico è del 15 per cento, in Europa del 19 per cento, in Nordamerica del 17 per cento e in Asia orientale, dove l’inquinamento è più elevato, si arriva al 27 per cento.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO E COVID-19

Le due università che sono partite per prime, a proposito del rapporto tra smog e coronavirus, e hanno messo sul tavolo risultati molto chiari e interessanti sono Harvard (Stati Uniti) e Cambridge (Inghilterra). Gli scienziati americani hanno fornito prove puntuali e rigorose, esaminando i dati in 3mila contee, e sono arrivati fino mal punto di quantificare con precisione il rapporto tra polveri sottili (PM) e morti di Covid-19. Un aumento di 1 microgrammo per metro cubo di particolato comporta una crescita delle morti per effetto del contagio da coronavirus del 15 per cento. Una cifra davvero impressionante. E assolutamente provvisoria, come indicano gli stessi ricercatori nel presentare il loro studio.

Ricordiamo che il particolato è formato da sostanze solide e liquide sospese nell’aria, con un diametro fino a mezzo millimetro. E quanto più i frammenti di PM sono piccoli tanto meglio riescono a infilarsi nel nostro organismo andando a colpire organi vitali come il cuore e i polmoni. Secondo l’Organizzazione mondiale della salute ogni anno nel mondo 4,2 milioni di persone muoiono per l’inquinamento dovuto alle polveri sottili.

LO SMOG AUMENTA I CONTAGI

E da dove arrivano le polveri sottili? Per la quasi totalità dall’attività umana. Prendiamo il caso dell’Italia: il 57 per cento del particolato è causato dai sistemi di riscaldamento, prima causa, seguita poi dagli scarichi industriali e dallo smog del traffico stradale. La quota “naturale” del particolato, quella dovuta a eventi atmosferici (perturbazioni) o fenomeni legati ai cicli stagionali (l’impollinazione) oscilla tra il 6 e l’8 per cento. Niente di più.

La seconda ricerca internazionale molto completa e approfondita è quella che arriva da Cambridge ed è stata pubblicata sulla rivista News Scientist. In questo caso, le stazioni monitoraggio attraverso le quale esaminare i dati sono state 120, in tutta l’Inghilterra. E anche in questo caso, e con la premessa che serviranno altri studi per approfondire con più sicurezza il tema, gli scienziati inglesi sono arrivati alla stessa conclusione dei colleghi americani: esiste un nesso molto stretto tra inquinamento e tassi di infezione di mortalità. «Più che ulteriori prove, delle quali ormai non abbiamo più bisogno, serve rintracciare la causa di questa correlazione» afferma Marco Travaglio, dell’università di Cambridge.

E sulle cause gli studiosi puntano a seguire la pista della condizione di partenza delle persone esposte ai rischi dell’inquinamento. Si tratta di uomini e donne che hanno maturato malattie respiratorie e cardiache, per non parlare del fatto che l’inquinamento indebolisce il sistema immunitario. Bisognerà dunque approfondire come e per quali fattori chi vive in zone con l’aria sporcata da alti tassi di polveri sottili sia condannato ad avere un organismo più esposto al micidiale attacco del coronavirus.

PER APPROFONDIRE: Aria pulita in casa, le piante utili per allontanare l’inquinamento domestico

INQUINAMENTO AUMENTA I CONTAGI

In questa direzione va anche una ricerca universitaria made in Italy, firmata da studiosi del calibro di Leonardo Becchetti e Gianluigi Conzo (Tor Vergata), Pierluigi Conzo (Torino), in collaborazione con Francesco Salustri (università di Oxford). Che cosa viene fuori dalle indagini sui dati raccolti e messi in relazione tra loro in diverse aree del Paese? Primo: la prolungata esposizione alle polveri sottili incide in modo molto significativo sui contagi e sui decessi. Elemento confermato, per esempio, da un tasso di infezione di letalità molto più alto nella Pianura Padana rispetto ad altre regioni italiane. Secondo: l’inquinamento da PM può perfino portare a un raddoppio dei casi, come è avvenuto confrontando i numeri di Sardegna e Lombardia. In pratica, conclusioni non molto diverse da quelle alle quali sono arrivati americani e inglesi. E studi simili condotti in Giappone, in Germania, in Francia e in Spagna. Mano a mano che dalla paura passeremo alla convivenza con i rischi del virus questo aspetto del legame tra Covid-19 e inquinamento sarà sempre più approfondito. E sempre più allarmante in assenza di adeguate contromisure.

CORONAVIRUS E INQUINAMENTO AMBIENTALE, COSA SAPERE:

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