La pazienza si impara giorno per giorno ma cambia velocemente tutta la vita

Nell'era della fretta, della velocità e del narcisismo è indispensabile non sprecare questa "virtù eroica". Senza, si spegne la speranza

pazienza

Banalmente: mai come in questo momento abbiamo bisogno di una risorsa fisica e mentale, che possiamo riscoprire, senza scomodare lo strizzacervelli di turno, se ci decidiamo a impararla giorno per giorno: la pazienza. Non è facile, innanzitutto perché la pazienza non appartiene al DNA, non si eredita, non si trova sotto un albero,  ma si accumula nel tempo, con un esercizio che evoca impegno e metodo, sorrisi e disciplina, leggerezza e determinazione.

Già l’etimologia della parola ci avverte dell’allenamento che ci aspetta: il termine pazienza deriva dal greco pathos, ovvero una forma  di dolore corporale e spirituale. Eppure è  proprio questo sforzo, al quale una volta che ci siamo abituati non riusciremo più a opporre qualsiasi resistenza, che ci aiuta a costruire relazioni, a coltivare il dovere alla tolleranza, a mostrare il volto empatico del nostro Io.

Avete pazienza? E quanto vi costa? Una «virtù eroica», come la definiva Giacomo Leopardi, o anche «una goccia che scava la pietra» secondo le parole di Gandhi, della quale abbiamo smarrito l’aspetto vitale. Viviamo sommersi  dal suo contrario, l’impazienza che si esprime nell’affanno delle vite sempre di corsa, del presentismo abbinato con il narcisismo, del desiderio irrefrenabile del “tutto e subito”, in qualsiasi latitudine del nostro percorso esistenziale. Dal lavoro agli affetti, dal tempo libero alle passioni. Senza la pazienza, c’è poco da fare, la sconfitta è annunciata. vincono la rabbia, l’intolleranza e la paura. Guardatevi intorno: queste tre parole, che la pazienza potrebbe azzerare o comunque depotenziare in un colpo solo, vi dicono niente?

La pazienza, diciamolo con chiarezza a scanso di equivoci,  non è rassegnazione, non è un sopportare in silenzio, da sconfitti o da ipocriti, ma è una luce accesa dall’ottimismo della volontà, senza la quale si spegne anche la candela della speranza.  La pazienza è una  misura anti-spreco, contro lo spreco dell’accelerazione spinta, evanescente, inconcludente. La pazienza ci ricorda la direzione lineare del tempo, il suo espandersi e la necessità di affrontarlo con un metodo che aiuti anche a rafforzare relazioni, legami, altruismo.

 

Viviamo incollati ai binari esistenziali dell’alta velocità, del “tutto e subito”, “dell’usa e getta”: i nostri orologi sono sempre sincronizzati a scadenze in arrivo, a impegni da rispettare, a programmi da portare a termine. «E invece la pazienza esige una dilatazione del presente, un suo allungamento, una sosta nell’incessante divenire. Occorre fare pausa, fare tregua, per essere pazienti» scrive Gabriella Caramore in un efficacissimo libricino intitolato appunto Pazienza (edizioni Il Mulino).

Eppure è proprio la pazienza, il suo passo lungo, distante dall’affanno del presentismo, che ci consente di aspettare il momento giusto, la maturazione delle cose e non la loro evaporazione, prima ancora di averle messe a fuoco. E’ paziente il corteggiamento di una donna, e non può giocarsi nell’attimo di uno scambio di sms o di messaggi sui social. E’ paziente l’attesa per il riconoscimento del proprio valore sul lavoro: al contrario un’eccessiva fretta, di posti nella scala gerarchica e di stipendi, porta al vizio del carrierismo. Ed è pazienza, talvolta faticosa e perfino frustrante, la ricerca di ciò che ci unisce rispetto a quello che ci divide. «La pazienza è ciò che nell’uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni» scrive Honoré de Balzac nel suo libro Le illusioni perdute. Pensate alle api, al loro paziente quanto essenziale lavoro di comunità: in un solo giorno un singolo alveare visita 225mila fiori, con un percorso pari a quattro volte il giro del Pianeta. E tutta l’attività delle api, la meravigliosa catena di ruoli e di funzioni, è declinata all’insegna della pazienza.

L’eclissi della pazienza è dovuta anche alla cattiva interpretazione della sua funzione. Viene spesso confusa con l’inerzia, con il compromesso al ribasso. O, peggio, viene catalogata come una sconfitta, una resa passiva di fronte all’ineluttabilità dei fatti. Al contrario, l’impazienza, accompagnata magari dalla rabbia, diventa un segno di forza, di risolutezza e di determinazione del carattere. Un vero equivoco, e un rovesciamento dei paradigmi. Con effetti micidiali, per esempio, nella relazioni con i nostri vicini. Siamo diventati un popolo di cittadini che scatenano una rissa di condominio ogni mezz’ora, mossi e ispirati proprio da quella perdita della pazienza che ci fa sentire forti, laddove invece siamo diventati tutti più vulnerabili.

Nel perimetro della vita pubblica, più specificamente della politica, come nella sfera privata è impossibile prescindere dalla pazienza, dai tempi e dalla tessitura necessaria per far coincidere il consenso con scelte non sempre popolari. Lo hanno capito sulla loro pelle anche i politici moderni, impazienti di dare, con dei risultati, spessore ai loro messaggi declamati in vertiginosa sequenza. Ma prima o poi, quando hai troppa fretta, ti scontri con la necessità di mostrare equilibrio e di ricercare nuove sintesi, innanzitutto con gli avversari. Nella Prima Repubblica forse la pazienza era troppa, ma molte crisi, nei governi, nei partiti, nei parlamenti, venivano evitate attraverso la formula magica di una «pausa di riflessione». E durante la seconda guerra mondiale l’opinione pubblica britannica scalpitava, con enorme malumore, per mettere fine “costi quel costi” a un sanguinoso conflitto: il governo inglese reagì con una campagna a tappeto, casa per casa, ispirata proprio all’esercizio della pazienza. Lo slogan era questo: Keep calm and carry on, Resta calmo e vai avanti. Nei libri di storia è scritto che fu proprio la pazienza, declinata e dimostrata con eroismo dal popolo inglese, a dare lo slancio necessario con il quale il mondo, e non l’Inghilterra, si liberò degli orrori criminali del nazismo e del fascismo, suo alleato.

Già resta calmo, sii paziente: ma come si fa quando la terra trema sotto i piedi e senti, con paura, che il tempo scorre? Qui più che l’esercizio pedagogico può aiutare la religione, il senso del trascendente con il quale la pazienza è sempre stata ben catalogata. Nella religione buddista, per esempio, la pazienza è considerata una delle sei pratiche essenziali per essere un buon discepolo e coltivata con cura attraverso la meditazione. In un libro del Dalai Lama, intitolato “L’arte di essere pazienti” (edizioni Neri Pozza), la massima autorità spirituale del buddismo scrive: «Qualsiasi azione positiva può essere distrutta da un solo scatto d’ira, da un solo gesto di impazienza». Nella Bibbia, invece, dove scopriamo la grandezza del patriarca Giobbe, la pazienza è catalogata come un dono dello Spirito Santo. E San Paolo in una lettera ai Romani avverte: «La pazienza porta alla speranza. Ma serve accompagnarla all’umiltà e alla riflessione». Bisogna riflettere, dunque, per essere pazienti, prendersi il tempo necessario, tirare un respiro prima di parlare, ascoltare e non solo comunicare a senso unico.

Ma questo sforzo verso la conquista della pazienza, una volta portato a termine, quando finalmente riusciamo a mettere “la virtù eroica” nella nostra cassetta degli attrezzi, ripaga a piene mani: ci può davvero cambiare la vita. Decisamente e solamente in meglio.

 

Frasi celebri sulla pazienza

  • «Un lungo viaggio di mille miglia di inizia muovendo un piede» Lao Tse

La millenaria saggezza cinese rende bene l’idea della pazienza, e di come si coltiva.  Una lunga marcia, con qualche fosso e diversi punti ripidi, nella quale è importante muoversi dal primo momento con il piede giusto.

  • «Che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non possono cambiare» Tommaso Moro

Anche la fede, come l’estremismo illuminista che affida alla ragione il soluzione di qualsiasi problema, devono fare i conti con la realtà. Ci sono cose che non si possono cambiare, e avere la pazienza di sopportarle è già un passo avanti.

  • «Non c’è nulla di più forte di due combattenti: tempo e pazienza» Lev Tolstoj

Tempo e pazienza vanno di pari passo. Nell’era del presentismo, con tutti noi avvitati in un eterno presente, abbiamo perso anche la capacità di avere pazienza. E di saper aspettare.

  • «Gli alberi che portano più frutti sono quelli lenti a crescere» Molière

Anche la Natura, se la osservate con lo sguardo giusto, insegna ad avere pazienza.

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