Immaginate la scena. Incontriamo un amico che non vediamo da tanto, scambiamo saluti affettuosi, e poi, sul più bello, fuggiamo. «Scusa, ma oggi non ho un minuto». «Devo scappare». «Ho fatto tardi». Le motivazioni di un arrivederci e grazie così repentino, laddove dovremmo invece lasciarci andare al piacere del calore umano, sono tutte comprensibili. Ma non sempre giustificabili. Con questa fretta, invece di guadagnare tempo, lo stiamo sprecando. Non lo stiamo utilizzando laddove è più necessario.
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Darsi tempo
Il presentismo, che significa vivere assediati dagli impegni e dalle ansie di un eterno presente, senza spazio per il passato (la memoria) e il futuro (i sogni) ci assedia. Siamo circondati. E abbiamo bisogno di ricostruire un sistema immunitario, di difesa contro questa perdita di senso del tempo, questo spreco della sua essenza e del suo valore. Dobbiamo darci del tempo, quando e come serve. Sfidando anche le leggi (ma chi le ha scritte?) della modernità, e ricordandoci quanto spazio e tempo siano limitrofi, ed entrambi diano qualità ai nostri stili di vita.
Tempo lineare
Non finiremo mai di ripetere che il tempo, per sua natura, è lineare: passato, presente e futuro. Se tutto si schiaccia sul presente, diventiamo schiavi del presentismo. Certo: le tecnologie non aiutano, in quanto rappresentano una continua sollecitazione a essere presenti, a stare in campo, a seguire i loro ritmi, a diventare multitasking, anche quando non abbiamo più l’età per esserlo. Né aiuta l’idea, ormai entrata nella nostra cultura fondata sul produttivismo che «il tempo è denaro» e va utilizzato in modo quasi forsennato. Così il tempo diventa una sorta di contenitore, una bottiglia, dei nostri impegni, e l’antropologo Edward Hall ha detto che gli americani (ma ormai anche noi italiani) vedono il tempo come un infinito nastro trasportatore carico di bottiglie da riempire. Se una rimane vuota, abbiamo sprecato tempo.
Padroni del tempo
Quando ci definiamo «padroni del tempo», stiamo mentendo a noi stesso. Non è vero. Non disponiamo in modo assoluto di questo bene così essenziale, e questo è un motivo in più per darsi del tempo, che non significa procrastinare, attività ad altissimo rischio di sprechi. Darsi del tempo, e diventarne davvero padroni, significa invece, per esempio, pazientare. Non rispondere a tamburo battente, non essere sempre sugli attenti, dare una gerarchia agli impegni e alle scadenza. Ascoltare, prima di parlare a mitraglietta. E con questo riuscire anche a ragionare meglio, con una buona dose di umiltà e di empatia.
Come imparare a darsi tempo
Esiste una variegata letteratura su Come imparare a darsi tempo. Si va dai tradizionali suggerimenti di yoga e meditazione agli esercizi mentali che, come la ginnastica per il corpo, aiutano la mente a trovare il suo equilibrio. Nel tempo necessario. Probabilmente la cosa più utile per imparare a darsi tempo è riconoscere il fatto che il tempo, per farsi largo, ha bisogno di spazio. E dobbiamo trovarlo. È il tempo per noi stessi, preziosissimo, per lasciare i pensieri andare senza un traguardo, per abbandonare il cervello a una navigazione senza bussola. È il tempo che lascia una pagina bianca nell’agenda. E non cerca di riempirla last minute, con qualche nuovo impegno.
Come svuotare il tempo
La mente è un cestino, non possiamo tenerlo sempre pieno. E con continuità dobbiamo svuotarlo. Si tratta di un breve quanto fondamentale esercizio d’igiene che, se diventa un’abitudine, può cambiare il nostro rapporto con il tempo e restituircelo nella sua pienezza. Un amico con l’agenda sempre molto inzeppata di impegni una volta mi ha raccontato un suo metodo per svuotare il cestino del tempo: alla fine di ogni incontro, dimenticava tutto, tranne una cosa che considerava importante. Eccoci così tornare al rapporto tra il tempo e lo spazio: il primo ha bisogno del secondo. E una volta che il cestino è pulito, sarà possibile riempirlo con nuovi pensieri, e noi saremo riusciti a darci il tempo necessario per elaborarli.
Brevi pause che fanno bene
Anche le brevi pause, non più di dieci minuti, fanno molto bene. Diverse ricerche dimostrano che in questo modo si riduce l’affaticamento mentale, aumentano invece la concentrazione e la creatività. In questi dieci minuti, basta fare qualche respiro profondo, camminare, sdraiarsi (meglio se all’aria aperta). Non fare nulla, insomma, e innanzitutto non cedere alla tentazione di riprendere il mano lo smartphone.
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