Come sprechiamo la magia del Natale tra ansia di prestazione e risse sotto l’albero

Sono i due rischi che corriamo ogni anno. Due veleni che possono intossicare un periodo unico per le emozioni e le gioie che regala

Come sprechiamo la magia del Natale
Ci sono due ombre che pesano sul Natale, due nubi che possono portarci a sprecare la magia di una tradizione che, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare, laico o religioso, resta un momento unico e irripetibile nel corso dell’intero anno: l’ansia da prestazioni natalizie e la rissa familiare sotto l’albero. Sono due fenomeni molto frequenti nei nostri stili di vita compulsivi e hanno in comune le tossine che trasformano un tempo privilegiato, per tutto ciò che ci può dare, in una sorta di incubo da fine di un anno da dimenticare.
L’ansia da prestazioni natalizie ha connotati molto affini all’abitudine di creare, con una certa dose di incosciente autolesionismo, false urgenze. Cose irrilevanti che impacchettiamo nella nostra agenda dominata dalla fretta, dal presentismo, dall’ora-e-subito, e rendiamo imprescindibili, con un gioco di prestigio che mette a dura prova la nostra (presunta) intelligenza.
Durante le feste di Natale, l’ansia da prestazione decolla a bassa quota (“Dove facciamo la cena del 24? E il pranzo del 25?”) e poi sale, per liberarsi nell’aria come un deltaplano imbrigliato in enigmi amletici quanto vacui (“Dopo Natale andiamo al mare o in montagna?”). Direte: ma le vacanze arrivano due volte l’anno, e il tema del come, quando e dove, va comunque affrontato. Giusto: ma perché condirlo con l’ansia, con la ricerca spasmodica del luogo originale, particolare, unico, tutta roba che nella realtà è più o meno come l’isola che non c’è, titolo di una dolcissima canzone  di Edoardo Bennato?
Nel mezzo, tra l’afflitta decisione sulla tavola natalizia (anche il menù, in alcuni casi, diventa una fonte di inquietudine, perché a Natale, nessuno sa davvero per quale motivo, non si può sbagliare, tantomeno con le ricette) e quella che riguarda spedizioni vacanziere, si gonfia, come una gigantesca bolla di sapone, la tensione per i regali. Cosa gli faccio? Ma già lo ha! Gli piacerà? Temo proprio di no! In questo caso l’ansia da prestazione natalizia non è solo l’evanescente paura di deludere, ma è anche una sorta di cruciverba da completare in tempo: guai a dimenticare qualcuno nella lista dei beneficiari natalizi. E pazienza se  per non fare sgarbi a persone che magari, grazie al loro naturale buonsenso non hanno alcuna fibrillazione per i regali natalizi, ne usciamo con una bella gastrite da pacchi da mettere sotto l’albero.
Per chi ha il dono della fede, il valore del Natale dovrebbe essere imprescindibile dal suo potentissimo significato religioso. Tutto avviene tra l’Avvento e la Natività, in una dimensione di senso che meriterebbe raccoglimento, preghiera, incontro, condivisione, gioia, mistero. E invece riusciamo, da credenti, a fare delle torsioni, con lo stress da calendario alla mano, che ci allontanano in modo inesorabile da questa prospettiva, restringendo  un orizzonte che a Natale dovrebbe proiettarci verso l’Infinito, e invece ci schiaccia in uno spazio che sembra un campetto di calcio per quanto è piccolo, modesto, poco rilevante. Uno spazio dove le aspettative più autentiche, quelle che possono dare una scossa alla nostra esistenza, vengono sprecate in un vortice di piccoli obiettivi a cortissimo raggio.
Per chi non ha il dono della fede, comunque la carica spirituale del Natale, e dell’intero periodo natalizio, non può essere ignorata o, peggio, manipolata. Si tratta di una breve stagione nella quale possiamo dedicarci ai nostri affetti più cari, figli, nipoti, famiglie, compagni, compagne, nel tempo lungo e pacato dell’amore che si esprime finalmente con baci, carezze, abbracci, gesti veri e autentici, e non virtuali come le faccine e i cuoricini degli emoji. Il vero Natale è questo: l’apice di emozioni che nascono tutte dal desiderio di stare insieme, di condividere qualcosa, cercando di aprire al massimo le porte delle nostre gabbie esistenziali e liberarci dalla solitudine, vera o artefatta che sia. Nella vita ci sono rari momenti nei quali il rito, la tradizione, uniscono davvero le comunità: e l’intero ciclo natalizio, con la sua lunga scia magica, appartiene di diritto a questa ristretta categoria di appuntamenti.
Stare insieme, curare l’altro, il noi, più che il solito io, significa anche ricordarsi, con una versione dolce della nostalgia, di chi non c’è, e magari manca all’appello perché ci ha lasciato troppo presto, nella vita e non sotto l’albero. E di chi c’è ma non si vede, perché soffre, anche per la distanza che lo separa dalla nostra liturgia natalizia, che mette da sempre insieme il sacro e il profano, la messa con la pioggia dei regali.
 Per chi c’è e non si vede, lo sfondo del Natale non è il verde dell’albero e il rosso dei pacchi: è solo il nero del dolore, della soffrenza, della povertà come della guerra. Cose vere, altro che le nostre ansie natalizie!
Come purtroppo sono cose vere, e talvolta tragicomiche, le risse familiari che il Natale genera, di solito in quelle famiglie che sono già disgregate e neanche lo sanno. Nessuno di noi è riuscito a sfuggire anche a questa tradizione natalizia: il litigio sotto l’albero. Inevitabile, come il fumo che esce da un motore a scoppio, con le aspettative e le emozioni che si vanno ad accumulare attorno al Natale. Così possiamo non invitare o, peggio, insultare tra un tortellino in brodo e una fetta di pandoro, il parente stretto che non sopportiamo da sempre. Così i figli ribelli e capricciosi hanno finalmente l’occasione ghiotta per regolare i conti con il padre che nella sua vita si è messo a fare l’amico, e la mamma che ha scelto la vocazione della madre-elicottero.
 C’è sempre un conto da regolare a Natale, per sprecarlo nel modo peggiore, e non esiste un momento nel quale quel sottilissimo confine che separa l’amore dall’odio sia così evidente. Al punto che serve tanta energia, tanta buona volontà, tanta forza interiore, per non azzardarsi ad attraversarlo. Ma sicuramente non bisogna cedere al pessimismo cosmico: anche le risse familiari natalizie si possono evitare, e basta poco, molto meno di ciò che sembra. Specie se riflettiamo, anche solo per un attimo, anche con tutte l’agnosticismo di questo mondo, davanti a un presepe dove, tra le casette e i pastori, c’è innanzitutto la Persona che a Natale, più di duemila anni fa, è venuta a darci una mano per tirarci fuori dai guai.
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