Il trucco, nella cosmetica, è anche un modo per apparire più giovani, con un portamento più fresco e un impatto visivo più accattivante. Con i cibi, il meccanismo è identico: vengono truccati, non sempre in modo illegale, per apparire più freschi e più buoni, trascinando così il consumatore nel fosso di un doppio spreco: i soldi spesi per l’acquisto, immaginando una qualità che non esiste; il rischio di causare danni alla propria salute.
Il pesce truccato con l’acqua ossigenata, la carne che appare più rossa e più solida con il monossido di carbonio, i pigmenti gialli per illudere l’acquirente sulla freschezza e sulla genuinità della pasta, la cera per dare una bella lucidata alle mele e renderle più accattivanti.
Insomma: non ci sono soltanto
i pesticidiche possono rendere il cibo poco raccomandabile.
Pesci con l’acqua ossigenata
Purtroppo, e nonostante le tante proteste delle associazioni dei consumatori, l’uso dell’acqua ossigenata è consentito per i pesci. Viene considerato un «coadiuvante tecnologico» e serve a rendere i molluschi, tipo seppie, polpi e calamari, più bianchi e quindi più belli all’apparenza, e i pesci di odore neutro. Inoltre l’acqua ossigenata è l’ideale per mascherare la freschezza di un pesce, dalla spigola al branzino e maschera il cattivo odore tipico del pesce non più fresco.
Pesci con i polifosfati per tenerli grassi
Anche qui l’uso è lecito, anche se andrebbero indicati in etichetta. Il loro uso serve anche a gonfiare il prezzo: i polifosfati, che sono degli agenti addensanti, trattengono i liquidi del pesce e quindi fanno in modo che non perda peso e anzi si gonfi in modo da pesare di più in bilancia.
Monossido di carbonio per la carne
Il monossido di carbonio mantiene il colore rosso ciliegia della carne, anche se nel frattempo è diventata vecchia e deteriorata. Nei paesi dell’Unione europea, in teoria, è vietato, ma purtroppo il suo uso è ancora frequente. Stessa cosa per coloranti rossi o nitriti non dichiarati su carne fresca: rappresentano una frode.
Solfiti di sodio per conservare il colore originale della carne
Tra le sostanze più usate dai macellai per sbiancare e conservare più a lungo la carne ci sono i solfiti di sodio, che servono anche ad assicurare il colore originale ed a bloccare la putrefazione della carne. Ma si tratta di sostanze che possono portare anche a forme gravi di intossicazione.
Pigmenti gialli artificiali per la pasta fresca
La pasta fresca, specie quella imbustata, può essere stata truccata con pigmenti gialli artificiali per farla sembrare:
- più ricca
- più all’uovo
- più fresca
Nulla di illegale, se i pigmenti gialli sono dichiarati in etichetta, altrimenti si tratta di una frode.
Mele con la cera
Le
mele vengono spesso lucidate con la cera per renderle più lucide, accattivanti allo sguardo del consumatore poco attento, e dall’aspetto più uniforme. Il trucco si può rivelare facilmente. Basta versare acqua bollente sulle mele acquistate: se comparirà una patina bianca, quella è cera applicata alla superficie della buccia. E per eliminarla non vi resta che lavare bene le mele con il
bicarbonato e il succo di
limone. Magari aiutandovi con uno spazzolino. Anche i pomodori, specie quelli di qualità, spesso vengono trattati con la cera.
Arance con il difenolo
Le
arance, invece, fuori stagione vengono imbottite di difenolo, un composto organico derivato dal benzene. Anche in questo caso il consumatore sconta un vero e proprio effetto ottico a scapito della qualità. Le arance appaiono tonde e lucide, ma mangiare la loro buccia può essere anche pericoloso.
Pere con l’azoto
Questo tipo di frutta è molto stagionale, c’è soltanto alcuni mesi dell’anno. Negli altri le pere vengono trattate con gas, come l’azoto, e poi sottoposte a shock termici e messe in frigorifero. Il risultato è una buona apparenza del prodotto ma una scarsa qualità: la pera apparirà bella e dura fuori, ma all’interno la polpa sarà nera e degenerata.
Al mercato, come dal fruttivendolo del quale non siamo sicuri, possiamo trovare un trucco molto efficace in materia di
agrumi. Le foglie che coprono la cassetta e rendono l’idea della naturalezza del prodotto. Poi si scopre che i limoni arrivano dalla Tunisia, dalla Spagna e dall’Egitto, e solo le foglie invece provengono da zone doc, come la costiera amalfitana o la Liguria o la Sicilia.