Stop ai pesticidi rinviato per la guerra

Una decisione sospetta, spinta dalle lobby europea del settore agroalimentare. Ma anche un segnale di come il conflitto pesa, negativamente, sullo sviluppo sostenibile

Stop ai pesticidi rinviato per la guerra

Le potenti lobby del settore agroalimentare, che a Bruxelles lavorano giorno e notte per bloccare qualsiasi cambiamento in chiave di sviluppo sostenibile in questo settore, non aspettavano altro: una buona occasione per mandare all’aria il Green Deal. A partire dall’impegno vincolante di ridurre del 50 per cento l’uso dei pesticidi in agricoltura entro il 2030.

STOP AI PESTICIDI RINVIATO PER LA GUERRA

L’occasione d’oro è arrivata con la drammatica guerra in Ucraina. Uno scenario con il quale è venuta fuori la fragilità, già nota, dei paesi dell’Unione in campo energetico. Una dipendenza eccessiva, specie per Germania e Francia, dal gas della Russia. Ma in questo caso la reazione dell’Europa è stata quella di alzare l’asticella del Green deal, sostenendo la necessità di accelerare la transizione energetica verso le fonti rinnovabili. Anche per non dipendere troppo da gas e petrolio dei russi. L’invasione in Ucraina è quasi una spinta per lo sviluppo sostenibile in campo energetico, e dall’Autorità internazionale dell’energia (Aie) sono venite fuori dieci proposte per ridurre la dipendenza dal gas russo. Per il settore agroalimentare, e in particolare per i pesticidi, le autorità politiche di Bruxelles hanno fatto un percorso inverso. Una retromarcia. E hanno scelto di congelare il Green Deal per la gioia delle lobby dell’agroalimentare che avranno festeggiato alzando i calici dello champagne francese.

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LA SCUSA DELLA GUERRA PER VENDERE PESTICIDI

Entro la fine di marzo 2022 dovevano diventare operative due decisioni, già prese e annunciate in pompa magna nel 2020: riduzione del 50 per cento dell’uso dei pesticidi (ricordiamo tutti i dubbi e le polemiche che da decenni accompagnano l’utilizzazione intensiva del glifosato, l’erbicida più venduto in Italia) entro il 2030. Questo calendario, per una decisione della Commissione europea, dopo il Consiglio europeo e su pressione dei diversi governi, è completamente saltato. Senza che sia stata fissata una nuova scadenza. Semplicemente sine die. Cosa che lascia intendere come in futuro per riaprire il dossier della riduzione dei pesticidi bisognerà riportare le lancette dell’orologio alla prima fase, all’inizio della discussione, e non all’ultimo passaggio, visto che è stato del tutto cancellato.

LA CRISI ALIMENTARE IN EUROPA

La decisione Commissione è stata spinta con molta forza dalla Commissione Agricoltura del Parlamento di Bruxelles, dove le lobby dell’agroalimentare si fanno maggiormente sentire. E l’argomento principale è stato molto semplice: Russia e Ucraina, insieme valgono il 30 per cento del mercato mondiale del grano e il 50 per cento di oli vegetali, quali colza e  girasole. L’Europa si potrebbe trovare presto di fronte a un’emergenza di forniture agricole, e quindi ha bisogno di aumentare la produzione interna. Come? Spingendo sull’uso dei pesticidi, e non riducendoli. E cancellando la quota di terreni che dovevano restare incolti. Il paradigma europeo risulta molto strumentale, e una conferma di questo sospetto arriva anche da un’altra decisione presa a Bruxelles. Non toccare di un millimetro la spartizione dei finanziamenti alle aziende agricole, attualmente per l’85 per cento concentrati nel 25 per cento delle imprese agroalimentari europee.  Una decisione a svantaggio delle piccole aziende, dell’agricoltura di territorio, a conduzione familiare, guarda caso anche la più attenta all’ambiente e la meno dipendente dai pesticidi.

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