Scavi di Pompei: serve un manager per salvarli | Non Sprecare
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Scavi di Pompei: serve un manager per salvarli

Scavi di Pompei: urge un intervento preciso e deciso per evitare lo spreco dei nostri meravigliosi beni culturali che ci sono già costati un richiamo dell'Unesco.

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Speriamo che il governo prenda molto sul serio l’ultimatum dell’Unesco sugli scavi di Pompei: sei mesi di tempo, entro il 31 dicembre del 2013, per evitare che gli scavi escano dall’elenco dei luoghi considerati patrimonio dell’umanità. Lo schiaffo dell’Unesco arriva dopo quello dell’Unione europea, molto preoccupata di come si stanno spendendo i soldi stanziati per i cantieri di restauro.

SCAVI DI POMPEI, ULTIME NOTIZIE. L’ennesima figuraccia internazionale, per l’Italia e non solo per il sito archeologico di Pompei, arriva in concomitanza di fatti gravissimi che mettono a rischio l’integrità del monumento, la sua conservazione e la possibilità di vistarlo. Ne citiamo alcuni in estrema sintesi. Mentre i lavori previsti sono avvolti in una nube di ritardi e di procedure bizantine, continuano i crolli e i furti all’interno degli scavi, in una perfetta sincronia auto-distruttiva. Un uso selvaggio dello sciopero costringe, un paio di volte alla settimana, migliaia di turisti a cuocere sotto il sole in attesa che finiscano le assemblee dei lavoratori, convocate dai sindacati senza che nessuno alzi un dito per fermarli. Un imprenditore ha fatto sapere di essere pronto a versare venti milioni di euro per i lavori di restauro, ma ha aggiunto che finora non è riuscito a portare a termine la sua donazione. Problemi burocratici.

L’INTERVENTO DELL’UNESCO. Il richiamo dell’Unesco ci aiuta ad avere più consapevolezza del valore di questo patrimonio culturale, sul quale sono puntati gli occhi del mondo, ed a considerarlo non soltanto una risorsa della comunità locale e della Campania, ma un bene attorno al quale costruire un progetto da sistema Paese. D’altra parte era stato il governo Monti ad annunciare, in pompa magna, che i lavori di restauro a Pompei avrebbero rappresentato un modello per l’intera spesa pubblica nel Mezzogiorno e per le linee-guida da seguire per il suo rilancio economico. E va riconosciuto all’ex ministro Fabrizio Barca il merito di essersi impegnato, con concretezza e con buoni risultati, proprio per sbloccare i fondi europei già stanziati. Dopo è arrivato il silenzio del governo Letta. O meglio: sono arrivati i twitter del ministro Massimo Bray e i soliti tavoli tecnici per “esaminare la situazione”. Ma Pompei non ha bisogno né di messaggi estemporanei, per declinare qualche buona intenzione, né di cervellotiche riunioni che abbiamo già misurato, per anni, per la loro inconcludenza.

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SEVE UN SEGNALE FORTE. Serve una scelta forte e radicale. Senza espropriare la soprintendenza delle sue funzioni istituzionali, è diventato urgente mettere sul tavolo uno strumento di diritto privato, agile ed efficace, con le relative competenze, in grado di rilanciare seriamente il progetto di salvaguardia, recupero e valorizzazione dell’area archeologica della Campania. Solo un gesto forte, condiviso dal governo nella sua completezza, potrà sfilare Pompei da un destino ineluttabile di abbandono e di isolamento. Uscire dall’elenco dell’Unesco sarebbe una condanna a morte, una nuova colata di lava e di lapilli a distanza di secoli, questa volta però firmata dalla mano dell’uomo inetto.

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