Ricoveri inutili: quando si tratta di sprechi del denaro pubblico, specie in settori strategici come la Sanità, l’Italia ha sempre il primato. Come nel caso dei ricoveri inutili negli ospedali, affollatissimi e con liste d’attesa impressionanti.
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RICOVERI INUTILI
I dati dei ricoveri inutili in Italia sono impressionanti. Ogni anno quasi 5 milioni di italiani entrano in un ospedale nella loro città, o anche emigrando in un’altra regione: di questi uno su tre sono ricoveri inutili. I dati arrivano da un Rapporto del ministero della Salute, con il quale si fa presente che i ricoveri giudicati “inappropriati” sarebbero molti di meno se funzionasse la rete di assistenza sul territorio e quella a domicilio.
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ASSISTENZA A DOMICILIO INESISTENTE
Uno dei principali buchi neri nella rete della sanità pubblica, che porta al boom dei ricoveri inutili riguarda l’inesistenza, di fatto, di un sistema efficace di assistenza a domicilio. Sempre secondo i dati del ministero della Sanità, soltanto il 2,9 per cento delle persone over 65, che hanno bisogno di cure e assistenza con continuità, le ricevono a domicilio. Gli altri si fanno ricoverare in ospedale oppure ricorrono all’assistenza privata.
QUANTO COSTANO I RICOVERI INUTILI
Quanto costano i ricoveri inutili? Secondo i dati dell’Ocse un letto in ospedale costa molto alle casse dello Stato italiano. Ancora un record, negativo ovviamente. A fronte di una spesa di 260 mila euro per un posto letto in Italia, in Germania non si superano i 138 mila euro e in Francia i 200 mila euro. Il costo medio di una giornata di degenza è di 712 euro al giorno, il ricovero medio (compreso quello in utile) è di otto giorni, e quindi per ogni ricovero si spendono mediamente 5.700 euro. Moltiplicando questa cifra per 1,3 milioni di ricoveri giudicati “inappropriati” dal ministero, si arriva alla cifra totale dello spreco dei ricoveri inutili: 7,4 miliardi di euro all’anno. Soldi gettati al vento, con i quali si potrebbe davvero rafforzare la rete di assistenza sul territorio.
ACCESSI INUTILI IN PRONTO SOCCORSO
Uno degli epicentri degli accessi inutili nella rete della sanità pubblica italiana è il Pronto soccorso. È una trincea della sanità pubblica, un bene prezioso che dobbiamo difendere e rafforzare, ma anche una fontana di sprechi: il Pronto soccorso. O meglio, i Pronto soccorso, visto che in Italia si contano ben 844 strutture di questo genere, dove lavorano oltre 12mila medici, con una media di circa 2mila e 800 accessi all’ora.
Che cosa accade? Semplice: a fronte di filtri poco efficaci (medici di base e medici di famiglia), e di scarse informazioni, e anche di qualche furbizia da parte di malati immaginari, gli italiani corrono al Pronto soccorso. Anche quando non è necessario. E questa corsa produce costi, sprechi, stress per il personale che ci lavora, e dunque alla fine non solo rappresenta un modo inefficace di spendere denaro pubblico per l’assistenza dei cittadini, ma è anche una leva che peggiora la qualità dei servizi negli ospedali e in generale la rete dell’assistenza pubblica.
C’è un esperimento in corso in Texas che tutti gli amministratori pubblici che si occupano di Sanità in Italia dovrebbero studiare, e magari imitare. L’obiettivo è ridurre, anche in America, le corse al Pronto soccorso, filtrare gli ingressi e prevederli laddove sono davvero necessari, educare i pazienti a non ricorrere sempre e comunque all’ospedale. Le leve sulle quali stanno facendo affidamento gli amministratori texani sono due: una campagna di forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica per contrastare le inutili corse in ospedale e la collaborazione di quelli che in America equivalgono ai nostri medici di famiglia. Il risultato, per il momento, è che le spese sanitarie in Texas sono diminuite del 7 per cento. Ma è solo un primo passo.
CAOS PRONTO SOCCORSO IN ITALIA
E in Italia? Proprio in questi giorni i grandi ospedali, ben attrezzati con i Pronto soccorso, sono in tilt in molte città italiane. A Napoli, dove le barelle sono piazzate perfino nelle camere operatorie, a Lecce, a Palermo, a Roma, ad Ancona. E il caos, legato ai picchi influenzali, non è arginato dalla rete dei medici di famiglia che non collaborano per bloccare i ricoveri facili. Con l’incredibile effetto per cui ogni anno 24 milioni di italiani bussano alle porte di un Pronto soccorso, uno ogni cinque minuti negli ospedali più grandi. Solo il 16 per cento di questi pazienti riceve poi un ricoveri: tutti gli altri vengono dimessi nel giro di poche ore. E volendo stare stretti, possiamo dire che una bussata su tre al Pronto soccorso è spreco puro. Di denaro, perché quelle visite comunque costano, come costano le successive radiografie fatte spesso solo per la sicurezza dei medici. E di efficienza, perché con i ricoveri inutili si toglie spazio e tempo a quelli necessari. Per cui l’attesa media di un ricovero in Italia è di non meno di 6-12 ore con punte fino a 24-72 ore in molto ospedali del Sud. Se continuiamo a correre al Pronto soccorso al primo raffreddore invernale, la rete dell’emergenza ospedaliera non potrà mai funzionare bene. E serve copiare il Texas, con le regioni impegnate in una campagna dal titolo «Bussa al pronto soccorso solo quando serve» e con i medici di famiglia coinvolti per evitare i ricoveri inutili.
MEDICI DI FAMIGLIA STANNO SCOMPARENDO
Un fattore scatenante dei ricoveri inutili è la crisi dei medici di famiglia. Stanno scomparendo. Un medico di famiglia su tre ha più di 66 anni, e ormai questo è diventato un lavoro che attira sempre meno le nuove generazioni di medici. Stipendi bassi, molte responsabilità e troppa burocrazia: queste sono considerate le principali cause della crisi dei medici di famiglia.
MEDICI CHE MANCANO IN ITALIA