I fiumi più inquinati in Italia

Al primo posto il Sacco che scorre tra la provincia di Roma e di Frosinone. Poi il Lambro in Lombardia e il Sarno in Campania

inquinamento dei fiumi

Se vogliamo capire come si sporca il mare, e che cosa possiamo fare tutti noi per evitarlo, dobbiamo partire dalla sua fonte dell’inquinamento. Le acque del mare, infatti, non sono un punto di partenza, ma un approdo di tutto ciò che distrugge l’ambiente e l’ecosistema. A partire dalla plastica abbandonata nei luoghi sbagliati e non smaltita. La sorgente della sporcizia, invece, è nei fiumi.

I FIUMI PIÚ INQUINATI IN ITALIA

La classifica dei fiumi più inquinati d’Italia vede al primo posto il Sacco, che ha questo triste primato anche in Europa. Si tratta di un fiume che scende dai Monti Lepici, Prenestini ed Ernici, tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, e incrocia industrie metalmeccaniche e chimiche. Da qui il suo altissimo livello di inquinamento. Poi abbiamo il Lambro in Lombardia, che secondo le analisi dell’Istituto regionale per l’Ambiente, ha un 40 per cento di acque di scarico. Tutte inquinate. Ancora: in testa alla classifica degli orrori non bisogna dimenticare il Sarno in Campania, dove si concentrano tutti gli scarichi del sistema industriale dei pomodori; l’Aterno-Pescara in Abruzzo, epicentro di scarichi industriali e agricoli; l’Oliva in Calabria, con i suoi rifiuti radioattivi e di metalli pesanti; l’Aniene nel Lazio, pieno di solventi e di batteri fecali.

INQUINAMENTO DEI FIUMI

Il viaggio dell’orrore inizia dai fiumi. I rifiuti partono da qui e poi, attraverso una serie di piccoli torrenti o anche semplici deflussi superficiali, finiscono in mare. Grazie al lavoro di 22 istituzioni scientifiche di 12 paesi europei finalmente abbiamo una mappa, e un percorso della genesi dell’inquinamento marino e degli sprechi che lo accompagnano. Il team dei ricercatori (per l’Italia ne hanno fatto parte rappresentanti del Cnr e dell’Ispra) ha messo nero su bianco, in uno studio pubblicato su Nature Sustainability, i numeri chiave del fenomeno.

Ogni anno dai fiumi europei 600 milioni di tonnellate di macrorifiuti (con dimensioni superiori a 2,5 centimetri) finiscono in mare. Otto oggetti su dieci sono di plastica, innanzitutto bottiglie e contenitori di cibo, e il 40 per cento di questi arriva a mare già frammentato, cioè ridotto a microplastica. A quel punto non è più recuperabile, e lo possiamo ritrovare solo nella pancia di qualche pesce o direttamente sulla nostra tavola.

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QUALI SONO LE FONTI DI INQUINAMENTO DEI FIUMI?

Lo studio è stato molto utile per dimostrare una serie di cose che dobbiamo tenere presente quando parliamo di inquinamento marino e delle possibili soluzioni per contrastarlo. Tra i rifiuti dei fiumi c’è di tutto, pensate al caso del Sarno in Italia, a partire dagli scarichi industriali (dalle fabbriche per la trasformazione del pomodoro nel Sud al polo conciario al Nord): ma adesso sappiamo con sicurezza che la principale fonte di questa spazzatura prima fluviale e poi marina, siamo noi. Con i nostri stili di vita. Ancora prigionieri di un uso eccessivo della plastica, nonostante le leggi in base alle quali è stata in parte abolita, e un’incivile pratica di smaltimento. Molti, infatti, pensano che gettare un bicchiere di carta in un fiume significa non fare danni all’intero ecosistema, e neanche immaginano che il loro rifiuto poi finisca, ridotto in migliaia di frammenti, a mare.

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QUANTI SONO I FIUMI CHE PORTANO PLASTICA A MARE?

Una seconda considerazione, utile per capire le necessarie contromisure, riguarda la quantità dei fiumi dai quali arrivano i rifiuti. La ricerca ne ha presi in esame 42 in 11 paesi: tutti trascinano microplastiche in mare. Viene così smentito un vecchio luogo comune, in base al quale sono solo i grandi fiumi a generare inquinamento. Non è vero. E i dati pubblicati su Nature Sustainability confermano quanto già era stato scoperto da un’altra ricerca, su scala mondiale, stampata su Science Advance. Da qui si è scoperto che l’80 per cento dei rifiuti trasportati fino al mare, partono dalla fonte di oltre mille fiumi. Un dato del genere significa che i meccanismi di controllo e di pulizia fluviale devono essere fatti in modo molto più sistematico di quanto si è pensato di realizzare finora. E qui arriva l’unica buona notizia, in uno scenario ben distante dagli obiettivi di tutela delle acque fluviali previsti dall’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Da quest’anno l’Ispra ha iniziato il monitoraggio di 12 fiumi italiani per capire, in tempo reale, il flusso dei rifiuti: da dove arrivano e quale tratto di mare finiscono.

COME SI INQUINANO I FIUMI?

La principale fonte di inquinamento dei fiumi è dai prodotti fitosanitari che in Italia, per esempio, sporcano il 67 per cento delle acque superficiali e il 33 per cento delle acque sotterranee. Stiamo parlando di valori da tre a dieci volte superiori alla soglia di tolleranza, e all’interno di questi numeri spiccano gli erbicidi. Secondo le indagini dell’Ispra, per conto del ministero dell’Ambiente, nei fiumi italiani sono state rintracciate sostanze riconducibili a 259 tipi di erbicidi industriali.

In generale l’inquinamento dei fiumi, che deriva innanzitutto dagli scarichi industriali e agricoli, può essere di due tipi: biodegradabile, quando il fiume è in grado di ripulirsi da solo da ciò che lo sporca, e non biodegradabile, quando il rifiuto, per esempio di natura industriale, è destinato a restare fino allo sbocco del fiume nel mare dove va a riversarsi.

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