Importanza del bar per la vita lieve

Un luogo magico, da non sprecare. Ogni bar ha un’anima e una comunità di riferimento. E si presenta come una palestra per riscoprire la gentilezza

IMPORTANZA DEI BAR

Dovremmo ringraziarli, uno per uno, i 167.159 gestori di bar in Italia. E con loro tutti quelli che passano ore a spingere le leve delle macchine bollenti con le quali ci preparano il caffè e il cappuccino. Durante tutta la pandemia non hanno mai mollato. Non siamo mai stati abbandonati, e parliamo della stragrande maggioranza degli italiani (il 70 per cento della popolazione frequenta abitualmente i bar, secondo l’Istat).

IMPORTANZA DEI BAR

Abbiamo avuto i bar sempre aperti, anche nei momenti più duri. Sempre pronti ad accoglierci. E abbiamo capito meglio quanto non ne possiamo fare a meno. In fondo, un caffè lo possiamo bere tranquillamente  a casa, magari preparato da un’ottima moka, o attraverso quelle micidiali macchine automatiche che svuotano il rito del suo piacere. Ma il bar è un’altra cosa. E ognuno ha la sua anima, la sua comunità di riferimento, i personaggi, dai titolari agli avventizi, che lo frequentano con regolarità. E questo microcosmo di donne, uomini, cose e atmosfere rende il bar unico, ne sancisce l’importanza strategica nella nostra vita. Guai a sprecarlo.

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BAR IN ITALIA

Il calore del bar ha radice lontane. Lo scrittore e saggista francese George Steiner definisce l’identità europea attorno a cinque assiomi, e il primo è che l’Europa ha sempre avuto nei caffè (poi evoluti nella forma dei bar) i propri luoghi identitari, di relazioni, di incontri, dove la gente un tempo discuteva, scriveva, cospirava. E dove sono nati, sotto le comete della condizione, movimenti artistici, correnti filosofiche, rivoluzioni ideologiche ed estetiche. Amori e umori, passioni e conflitti. Il bar come il cinema: un presidio di civiltà.

PERCHÈ IL BAR SI CHIAMA COSÌ?

L’origine del parola bar deriva dall’inglese barrier e indica la barriera che separa l’inserviente dal pubblico: una divisione che resta sul piano organizzativo e funzionale, ma in Italia è andata sempre più sfumando. Chi non conosce per nome il barista che abitualmente prepara il suo caffè? Chi non scambia con lui, ogni giorno, qualcosa in più di due parole? E sebbene, purtroppo, un italiano su due si sia rassegnato a prendere il caffè dalle macchinette automatiche, il bar ha conservato, e semmai rafforzato, la sua impronta identitaria di luogo di amalgama degli stili di vita.

IL BAR COME TERAPIA

La pandemia ci ha ricordato come il bar sia un ritrovo dove respiriamo ossigeno per le nostre relazioni, quelle che si sono spente o ristrette per effetto del lungo «restare a casa», e termometro degli umori che ci circondano. Non tutti entriamo in un bar con lo stesso umore. E non sempre abbiamo lo stesso stato d’animo. Ma ciò non toglie che il bar possa avere anche un valore terapeutico, grazie proprio alla sua atmosfera e alle modalità con la quale viene protetta. Nel bar, per esempio, possiamo ogni giorno, anche quando siamo di pessimo umore, riscoprire il linguaggio delle gentilezza. Se entri, saluti, ti trattieni anche solo con poche parole e per qualche secondo con altri frequentatori del locale, oppure con baristi e gestori, è come se avessi macchiato il tuo caffè. Non con la solita goccia di latte, ma con un piccolo antidoto al male oscuro del risentimento, del rancore, della rabbia contro tutto e tutti. Della solitudine.

IL BAR LUOGO DELLA GENTILEZZA

Il bar come luogo della riscoperta della gentilezza ci induce a dare una scossa al nostro vocabolario. Tornano così in prima linea parole-chiave della Vita lieve come “Grazie”, “Prego”, “Buongiorno”, “Buonasera”. Tutto in una manciata di minuti, talvolta di secondi, in questa imperdibile palestra di vita, dove consumiamo un quotidiano allenamento per alleggerire pesantezze e spigolature della vita.  Sorseggiando un caffè.

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