Coronavirus, non sprechiamo i sogni della quarantena. Archiviamoli in una banca del sogno, come il blog di Charlotte

Abbiamo più tempo per dormire, ma la capacità di ricordare i sogni è aumentata anche per altri motivi. A partire dal loro valore terapeutico. E dalla capacità che hanno di aiutarci a risolvere problemi

Più intensi, più lunghi, più facili da ricordare: sono i sogni al tempo del coronavirus. Un piccolo tesoretto della nostra emotività notturna, non proprio irrilevante anche da un punto statistico, visto che, in media, nel corso di una vita dormiamo 26 anni e di questi 6 sono occupati proprio dai sogni. Un tesoretto da non sprecare.

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SOGNI E CORONAVIRUS

Durante la quarantena i nostri sogni sono aumentati, ma la cosa più importante, al centro degli studi degli esperti, è il fatto che ricordiamo molto più del solito dei nostri sogni. Perché? Le risposte vanno in diverse direzioni. La prima è quasi ovvia, scontata: dormiamo di più, non avendo scadenze pressanti da rispettare, e meglio in particolare nella fase REM, l’ultima prima di svegliarci, la più feconda per i sogni.

SOGNI IN QUARANTENA

Un secondo motivo, invece, riguarda il momento di totale cambiamento esistenziale che stiamo attraversando. Si sono moltiplicate ansie, incertezza e paura. E in generale le persone che hanno subìto un forte trauma tendono a ricordare meglio i loro sogni: si è visto, per esempio, in occasione del crollo delle Torri Gemelle a New York in seguito all’attentato dei terroristi islamici.

Terzo: non ci risvegliamo in modo traumatico, con una sveglia che ci impone di scattare in piedi, abbiamo più tempo per passare dal sonno al dormiveglia e poi allo stare in piedi. E lungo questo percorso il nostro cervello riesce meglio a farci ricordare ciò che abbiamo sognato, anche nella giusta sequenza, grazie a una ricostruzione che, con il tempo a diposizione e senza la fretta della vita ordinaria, siamo in grado di fare.

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FUNZIONE TERAPEUTICA DEI SOGNI

Infine, mai come in questo periodo i sogni hanno una funzione terapeutica ed esprimono al meglio una delle loro funzioni più note: quella di essere problem solving, in grado cioè di indicarci la soluzione di un problema che non avevamo messo nel conto. Larry Page, per fare un caso ormai diventato di scuola, grazie a un sogno riuscì a sciogliere l’ultimo interrogativo prima di portare a termine l’invenzione di Google.

Ognuno di noi, e in qualsiasi momento della vita, specie in presenza di situazioni molto particolari, è portatore di un racconto, di una memoria, di una storia che ne interpreta e rappresenta tante insieme. Lo scrittore Gabriel García Márquez scriveva: “La vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla“.

I DREAM OF COVID

Non sprecare i sogni in tempi di coronavirus significa fare un piccolo sforzo di memorizzazione. Per farli vivere. Deidre Barrett, psicologa della Medical School di Harvard, ha creato un blog, I dream of Covid (Sogno la Covid), con relativa pagina Instagram, nel quale chiunque può inserire il proprio sogno.

 
 
 
 
 
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I DREAM OF COVID DEIDRE BARRET

Tutti i sogni che finiscono nel blog della Barrett vengono classificati, secondo zone di provenienza e argomenti, e messi online in ordine cronologico. Accompagnati da un disegno che evoca la natura del sogno, il suo oggetto principale. La psicologa americana si è ispirata al lavoro della giornalista Charlotte Brandt durante i primi anni del nazismo: si fece raccontare i sogni di persone che vivevano con terrore e disperazione l’arrivo al potere di Hitler, e trent’anni dopo, nel 1966, pubblicò un best seller mondiale. Il Terzo Reich dei sogni, che descrisse meglio di qualsiasi cronaca lo stato d’animo di un popolo. Chissà che dalla raccolta sul web messa in campo dalla Barrett non venga fuori poi un testo che aiuti a capire come reagiamo, tra il conscio e l’inconscio, di fronte a eventi traumatici purtroppo ricorrenti. Nel frattempo, se anche non volessimo utilizzare Internet, in un periodo così fecondo per la nostra attività notturna, raccogliamo il materiale in una piccola agenda, dove scriviamo una sintesi del sogno. Prima di dimenticarlo.

 
 
 
 
 
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The bear

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