Cosleeping: perché fa bene e quando smettere

Nei primi tempi dormire insieme nel lettone rassicura il figlio e migliora l'allattamento. Ma dopo il bambino deve essere autonomo. E andare nel suo letto

benefici del co sleeping

In molte famiglie si ripete spesso questa domanda: è giusto dormire con i bambini, quando sono molto piccoli, nel lettone dei genitori? La risposta è che non ci sono controindicazioni, anzi. Non sprechiamo l’istinto materno che vuole vedere la mamma accanto al suo bambino durante la notte: allattamento, coccole e contatto fisico sono necessità fisiologiche. E i recenti studi pedagogici sono a favore del sonno condiviso che non è giudicato un “vizio” del neonato ma una necessità nel rapporto madre-figlio.

Cos’è

Il punto è un altro: fino a quando questa abitudine è salutare e positiva? I bambini dovrebbero dormire nel lettone di mamma e papà fino all’età di tre anni. È quanto afferma il Dottor Nils Bergman, pediatra presso l’Università di Città del Capo in Sudafrica, che in un suo studio sostiene che dormire nel letto della mamma fornisce ai neonati un riposo migliore di quello che si avrebbe nella culla, perché il cuore del neonato in culla è sotto stress rispetto a quando dorme vicino alla mamma. Inoltre, dormire da soli, sempre secondo il Dott. Bergman rende difficile il legame tra mamma e bambino.

Fino a quando

L’argomento della nanna di un neonato è delicato e controverso. Le teorie sui metodi per far dormire i bambini sono talmente tante che non basterebbe un manuale per elencarle tutte. L’American Academy of Pediatrics suggerisce di utilizzare il cosleeping, con i suoi benefici, non oltre un anno di vita del bambino, mentre in Italia generalmente i pediatri lo tollerano fino, e assolutamente non oltre, i tre anni.

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Sostanzialmente è composto di due parole: sleep dormire e co insieme. Ci sono diverse teorie a riguardo che vanno dal dormire nello stesso letto con mamma e papà, al dormire nello stesso letto con fratelli e sorelle.

Benefici

Sostanzialmente, nelle prime settimane di vita del neonato, mamma e bambino dormono nella stessa stanza per via dell’allattamento notturno.  La maggior parte delle madri attente ai bisogni del bambino, risponde in maniera costante, coerente e sensibile alle richieste di vicinanza e di rassicurazione. Così nel tempo il bambino si tranquillizza e finisce per sapere che la mamma, anche se non c’è, è pronta ad accorrere al bisogno. Il neonato che non viene ascoltato smetterà di piangere e chiamare a poco a poco capendo che il pianto non serve per far comparire la sua mamma.

Paradossalmente, più al bambino verrà data la possibilità di stare vicino alla madre quando lo richiede, più sarà capace, in seguito, di stare da solo. Più verrà accolto il suo desiderio di dipendenza quando è piccolo, più facilmente diventerà, in seguito, autonomo.
Trascurare sistematicamente le richieste di vicinanza del bambino o rispondervi in maniera incostante rallenta o ostacola questo processo di formazione della “sicurezza interiore”.

Pertanto si può concludere che ogni madre sa che il bimbo piccolo può chiedere di stare vicino di notte soprattutto quando è più piccolo, quando ha paura, quando è malato, quando è ansioso per qualunque motivo e che fornire un “cosleeping a richiesta” come si fa con l’allattamento è probabilmente la strategia più giusta.

Come farlo

Il cosleeping va fatto nel modo più naturale possibile, in fondo si tratta soltanto di una convivenza tra due persone che si stanno conoscendo anche attraverso il contatto dei loro corpi. Con il cosleeping il bambino si rilassa, si sente più protetto e rassicurato dalla madre e supera con agilità il periodo delicato che inizia dopo i primi otto mesi di vita. In quel momento, infatti, il bambino, riconosce la differenza tra volti familiari e volti di estranei,  sviluppa una sua identità, e potrebbe, durante questo percorso, avere un’ansia di separazione dalla madre. Il cosleeping protegge da questo rischio. Il vantaggio fondamentale per la madre, a parte il piacere di stare a contatto continuo con il proprio figlio, è di gestire le sue richieste più facilmente e in tempo reale, grazie al cosleeping.

Quando dormire da soli

Ma una volta cresciuti, i bambini devono avere la loro autonomia. Anche a letto e anche la notte. Non è possibile vederli a sette-otto anni ancora ben piazzati sotto le coperte, tra il padre e la madre. Si rischia di prendere una serie di brutte abitudini che poi nel tempo diventa difficile modificare. E si hanno diversi effetti negativi.

Innanzitutto in tre, con un ragazzino nel letto, non si dorme bene. Lui scalcia, parla durante il sonno, si muove spesso: tutti gesti che disturbano in modo irreparabile il sonno dei genitori. Poi a questa età un bambino deve capire quali sono gli spazi dell’intimità, i suoi e quelli dei genitori. Il lettone è di mamma e papà, magari lui ci si può tuffare una mattina di domenica o in un giorno festivo. Ma devono essere casi particolari, non la norma. In terzo luogo, il bambino deve esser consapevole del valore dell’autonomia che passa anche per la capacità di stare la notte nel proprio letto. Senza chiedere protezione a nessuno.

Come convincere un bambino a dormire da solo

Una volta chiarito il fatto che i bambini grandicelli devono dormire nel proprio letto, può esserci il problema di come convincerli. Qui bisogna usare argomenti sensati e seduttivi, e non farsi prendere da angosce e paure. E’ tutto molto più semplice di quanto sembra. Per esempio: spiegate a vostro figlio i vantaggi del dormire nel sul letto, a partire dallo spazio disponibile e dalla possibilità di leggere in santa pace qualche pagina di un libro. Quanto più la cameretta è bella e accogliente, tanto più questo argomento avrà successo. Se il bambino ha paura, allora è necessario rassicurarlo, ma non è indispensabile farlo nel lettone dei genitori: molto meglio accompagnarlo in un percorso nel quale diventi più consapevole dei propri mezzi. La routine, dal bagno al pigiama e alla luce accesa fino a una certa ora, aiuta, e mette il bambino a proprio agio. Anche a distanza dai cuscini di papà e mamma.

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