Dietro la violenza giovanile

C’ un lato oscuro dell’America che guardiamo con molta distrazione e senza senso critico: la violenza criminale dei giovani. Nel paese piu’ armato del mondo (300 milioni di cittadini sono in possesso di armi da fuoco), dove pure la certezza della pena non ammette eccezioni, si inizia presto a uccidere con le armi, come e’ […]

C’ un lato oscuro dell’America che guardiamo con molta distrazione e senza senso critico: la violenza criminale dei giovani. Nel paese piu’ armato del mondo (300 milioni di cittadini sono in possesso di armi da fuoco), dove pure la certezza della pena non ammette eccezioni, si inizia presto a uccidere con le armi, come e’ accaduto qualche notte fa davanti a una discoteca di Portland, in Oregon. Erik Ayala, 24 anni, nessun precedente penale, ha ucciso, con una pistola generalmente usata per il tiro a segno, due adolescenti e ferito una studentessa italiana, senza un motivo preciso. In un bigliettino ha scritto soltanto poche parole: Lascio tutto quello che ho, un’auto e la playstation, ai miei amici. D’altra parte, il fenomeno dello school shooting (la strage a scuola) negli Stati Uniti e’ considerato l’aspetto meno comprensibile della criminalita’ sul territorio. Studiosi, amministratori pubblici, associazioni degli insegnanti e delle famiglie, forze dell’ordine: in tanti si interrogano, anche davanti alle telecamere, cercando di capire dove affondano le radici della criminalita’ giovanile americana, che non puo’ essere ridotta a una turbe che colpisce le nuove generazioni. C’e’ altro, molto altro. La violenza dei teenager e’ in fortissima crescita da diversi anni, e nell’eta’ compresa tra i 14 e i 17 anni gli omicidi giovanili, da parte di ragazzi di colore, sono raddoppiati. Come i baby ergastolani, un altro fenomeno collegato alla micidiale violenza giovanile: siamo a quota 2.225, considerando pero’ che soltanto la meta’ degli stati americani prevedono, in caso di omicidio, l’ergastolo anche per i minorenni. Recentemente, l’associazione Human Right Watch ha cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica degli Stati Uniti, spesso distratta di fronte all’omicidio di un minorenne, con una campagna di informazione sulla vastita’ del fenomeno e sulle sue conseguenze, specie nei centri della periferia del paese, dove si arrivano a contare, nelle statistiche, otto minorenni uccisi ogni giorno. Una strage. Il titolo della pubblicazione completa della Human Right Watch e’ molto secco, e non si presta a equivoci: Vite sprecate.

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