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SMART WORKING IN ITALIA
L’impatto è stato travolgente: così come l’emergenza Covid-19, nei primi mesi del 2020, aveva sconvolto le nostre vite, l’applicazione improvvisa, a livello nazionale, dello smart working ha segnato l’inizio di un cambiamento importante e irreversibile nell’organizzazione del lavoro. Una soluzione, lo smart working, che fino ad ora si è rivelata fondamentale per continuare a portare avanti le diverse attività, sia nel settore pubblico che in quello privato, e contenere i contagi, soprattutto durante le fasi più critiche dell’emergenza sanitaria. Una vera e propria “rivoluzione culturale”, ormai parte fondamentale di una nuova normalità.
SMART WORKING
Con la proroga al 31 dicembre 2021 dello stato di emergenza, provvedimento necessario per contrastare la diffusione della variante Delta e portare avanti la campagna vaccinale, è stata confermata anche la possibilità, sia per il settore privato che per quello pubblico, di avviare o portare avanti le prestazioni lavorative in smart working, senza accordo individuale e con procedure di comunicazione semplificate.
Con il decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021, si è provveduto a prorogare lo smart working, fino al 31 ottobre 2021, anche per i lavoratori fragili, sia del settore pubblico che di quello privato.
Nella Pubblica amministrazione, dopo lo stop all’obbligo della quota del 50 per cento previsto dal precedente Governo Conte, al momento l’organizzazione dei singoli uffici viene decisa dai dirigenti, tenendo conto delle necessità dei lavoratori e delle esigenze aziendali. Come ribadito dal Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, gradualmente, la presenza in ufficio tornerà ad essere la regola mentre lo smart working rimarrebbe un’eccezione a cui ricorrere in caso di bisogno. Il nodo da sciogliere, al momento, rimane quello relativo all’estensione dell’obbligo vaccinale ai dipendenti della Pubblica amministrazione. Uno strumento necessario, secondo Brunetta, per dare un’ulteriore spinta anche alla ripresa del Paese documentata dagli ultimi dati Istat sul secondo trimestre dell’anno che fotografano una “crescita sostenuta” del Pil, in rialzo del 2,7% sul primo periodo dell’anno.
In ogni caso, quello che è certo è che la modalità di lavoro in smart working non terminerà con la fine dell’emergenza sanitaria: si è rivelato essere un vero e proprio valore aggiunto e porta con sé importanti prospettive di cambiamento. Tornare indietro sarebbe soltanto un errore.
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DATI SULLO SMART WORKING IN ITALIA
Prima di essere travolti dalla pandemia, secondo i dati dell’Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano erano circa 570mila le persone che, in Italia, lavoravano in modalità smart working. Un numero che è enormemente cresciuto con il lockdown fino a contare circa 8 milioni di persone. Dalle stime dell’Osservatorio emerge inoltre che, nel 2019 e fino a febbraio 2020, erano soprattutto le grandi imprese ad applicare lo smart working. Una modalità di lavoro portata avanti in numeri molto ridotti nel settore delle piccole e medie imprese (PMI) e nelle Pubbliche Amministrazioni.
L’Osservatorio sullo Smart working del Politecnico di Milano stima che nella “nuova normalità”, il numero di persone che continueranno a lavorare in modalità agile si stabilizzerà intorno ai 5,3 milioni.
Intanto, secondo l’Istat il 14,8 per cento degli occupati in Italia hanno lavorato da casa almeno un giorno alla settimana nel corso del 2021.
SMART WORKING NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Ed è proprio nel settore delle amministrazioni pubbliche italiane che lo smart working è stato una vera e propria novità. Come è emerso dall’indagine “Strategie individuali e organizzative di risposta all’emergenza” svolta tra il 17 aprile e il 15 maggio 2020 da Fpa (società del gruppo Digital360) e a cui hanno risposto oltre 4mila dipendenti pubblici, prima dell’emergenza Covid-19, lo smart working era una modalità di lavoro prevista solo nell’8,6% delle pubbliche amministrazioni. Nel 45,8% per cento era, invece, attiva una sperimentazione limitata a un gruppo di dipendenti. Per il restante 39,2% dei lavoratori, la propria organizzazione non prevedeva affatto lo smart working. Nel mese di marzo 2020, questa modalità di lavoro era stata poi applicata nel 98,8% delle amministrazioni in cui lavoravano gli intervistati. Un vero e proprio esperimento dagli ottimi risultati: ben l’88% dei dipendenti valutava positivamente l’esperienza di lavoro in smart working e il 93% desiderava continuare a lavorare da remoto.
Per la Pubblica Amministrazione il problema maggiore si è rivelato essere quello legato alla strumentazione e alla sicurezza informatica. In Italia meno del 40% dei lavoratori utilizza pc aziendali, con un rischio elevato in termini di perdita o di furto di dati.
Anche dall’indagine promossa da Cgil e Fondazione Di Vittorio nel 2020 e a cui avevano partecipato 6.170 persone, era emerso che il 60% dei lavoratori avrebbe preferito continuare a lavorare da casa anche una volta fuori dall’emergenza coronavirus, magari alternando questa modalità con la presenza in ufficio.
Ed è proprio per questo che è fondamentale regolamentare ulteriormente e in maniera efficace lo smart working (già disciplinato dalla Legge 22 maggio 2017, n. 81), a partire dalla formazione dei dipendenti fino al diritto alla disconnessione.
SMART WORKING: DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE
Dai dati di una ricerca condotta da LinkedIn su un campione di oltre 2mila lavoratori, è emerso che il 48% degli intervistati, durante il periodo compreso tra marzo e maggio 2020, ha lavorato almeno un’ora in più al giorno, quindi circa tre giorni in più al mese. Dall’indagine è emerso inoltre che, durante il periodo del lockdown, il 22% dei lavoratori si è reso disponibile online in anticipo rispetti agli orari stabiliti. Il 24% degli intervistati ha terminato la sua giornata lavorativa superando ampiamente le canoniche 8 ore lavorative. E questo può, ovviamente, causare anche stress e ansia.
Quello che in molti si sono ritrovati a sperimentare non è stato vero e proprio “smart working” ma telelavoro, una modalità in cui il dipendente è vincolato a lavorare con gli stessi limiti di orario che avrebbe in ufficio. Una forma di lavoro da remoto che, ovviamente, ha portato con sé alcune criticità, a partire dal senso di isolamento (maggiore durante il periodo del lockdown) fino alla difficoltà a disconnettersi e quindi a mantenere un buon equilibrio tra vita privata e lavorativa.
Al contrario, lo smart working si caratterizza, invece, per una certa flessibilità dell’orario e dei tempi di lavoro, focalizzandosi maggiormente sul raggiungimento di obiettivi e risultati.
PER APPROFONDIRE: Lavorare meno, lavorare tutti, dove funziona
LEGGE 81/217 SUL LAVORO AGILE
La Legge n. 81/2017 che disciplina il lavoro agile, all’articolo 19, comma 1, prevede la necessità di individuare “i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”. Quella che nel 2017 veniva però considerata una modalità di lavoro straordinaria, o comunque limitata, oggi invece è diventata una forma di lavoro quotidiana per tantissime persone. Senza contare che, essere disponibili ad ogni ora, anche al di fuori dell’orario stabilito, impedisce al lavoratore una perfetta e sana conciliazione della vita privata e lavorativa.
Un’opportunità rilevante quindi lo smart working: ha il merito di aver abbattuto barriere e pregiudizi a partire dalla considerazione diffusa che stando a casa si lavora meno ma, può facilmente trasformarsi in un rischio per il lavoratore. Il timore è, infatti, quello che possa portare a una nuova fase di precarizzazione ed esternalizzazione di alcuni ruoli. C’è ancora quindi tanto lavoro da fare, è necessario pianificare un nuovo smart working e per raggiungere questo obiettivo sarà fondamentale la contrattazione collettiva.
DIFFERENZA TRA TELELAVORO E SMART WORKING
Come già detto, durante la fase del lockdown e in quella immediatamente successiva non è stato sempre chiaro se i lavoratori fossero in telelavoro o in smart working, due modalità di lavoro disciplinate in maniera diversa sotto il profilo della sicurezza sul lavoro. Nel caso del telelavoro, l’azienda è tenuta a fornire al dipendente la dotazione tecnologica necessaria per lo svolgimento delle attività e anche la postazione ergonomica. Una misura non prevista invece in caso di smart working. In Svizzera, lo scorso anno, come riportato sul SonntagsZeitung, una sentenza del tribunale federale aveva dato ragione ad una lavoratrice che aveva preteso dalla propria azienda il rimborso delle spese sostenute per poter lavorare da casa durante la fase più critica dell’emergenza sanitaria.
Sono stati tanti i lavoratori che, per poter continuare a lavorare da casa, hanno dovuto sostenere la spesa per l’acquisto di un nuovo pc, di un tablet o di uno smartphone. Senza contare che allestire in casa una postazione di lavoro completa di tutto, da scrivania a stampante, può richiedere una spesa che varia da 700 a 1500 euro. In molti casi, lavorare in smart working ha imposto una vera e propria rivoluzione degli spazi domestici e quindi, di conseguenza, costi che non erano stati preventivati.
Intanto, con il Decreto sostegni, è stato prorogato per il tutto il 2021 il bonus da 516,46 euro, lo strumento che permette ai datori di lavoro di fornire ai propri dipendenti un importo da spendere in sedute ergonomiche, scrivanie e prodotti di illuminazione necessari per lavorare in maniera adeguata anche da casa.
Per favorire il lavoro da casa e renderlo sicuro e produttivo, Google ha offerto ai propri dipendenti ben 1000 dollari per l’acquisto di computer ma anche scrivanie, sedie ergonomiche e altri strumenti in grado di rendere il lavoro da casa più confortevole. L’azienda di Mountain View ha deciso di riaprire solo alcuni uffici sparsi per il mondo e permetterà ai propri dipendenti di continuare a lavorare in modalità smart working almeno fino al mese di gennaio 2022. La stessa linea verrà seguita anche da Facebook. Twitter invece consentirà ai dipendenti che lo desiderano di continuare a lavorare da casa a tempo indeterminato. Saranno i lavoratori a scegliere se tornare alla propria scrivania o proseguire con lo smart working.
PER SAPERNE DI PIÚ: Come organizzare l’ufficio in casa per lo smart working. E come si lavora a distanza
BENEFICI DELLO SMART WORKING
Un nuovo modo di lavorare lo smart working che, se portato avanti in maniera corretta, comporta tutta una serie innumerevole di vantaggi, a partire dall’aumento della produttività degli stessi dipendenti. Lavorare da casa permette di risparmiare il tempo necessario per gli spostamenti casa-ufficio e quindi di riconquistare ore di tempo libero da dedicare alla propria persona e alla propria famiglia. La giusta quantità di riposo e l’eliminazione di alcune fonti di stress quotidiane come ad esempio l’utilizzo dei mezzi pubblici, permette di lavorare meglio. E questo si traduce, ovviamente, in un aumento di efficienza e senso di responsabilità verso il proprio lavoro con vantaggi, in termini di produttività, sull’intera organizzazione aziendale. Un’indagine realizzata nel 2019 dall‘Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ha stimato che l’incremento di produttività è di circa il 15%, con un minore indice di assenteismo dal lavoro.
Un dato, quello dell’aumento della produttività, confermato anche dai risultati di una ricerca internazionale condotta da Microsoft su Remote Working e Futuro del Lavoro e resi noti lo scorso ottobre 2020. Dallo studio che ha coinvolto oltre 600 manager e dipendenti è emerso che il numero di imprese italiane che hanno adottato modelli flessibili di lavoro è passato dal 15% del 2019 al 77% del 2020. Notevoli i benefici ottenuti dagli intervistati grazie allo smart working, sia sul piano della produttività che dell’efficienza lavorativa: l’87% dei partecipanti alla ricerca ha riscontrato una produttività pari o superiore a prima del lockdown.
A questo si aggiunge anche un certo risparmio economico derivante ad esempio dai costi da sostenere per il parcheggio dell’auto o l’utilizzo dei mezzi pubblici o il pranzo per chi non ha la possibilità di usufruire della mensa aziendale. Per molti, il pranzo a casa si è rivelato, inoltre, uno stratagemma importante per rivedere la propria alimentazione e mangiare in maniera più sana.
Una soluzione importante, lo smart working, per i dipendenti con figli, costretti a dividersi tra casa, scuola e ufficio e una possibilità per trascorrere più tempo in famiglia. Senza contare che migliaia di chilometri percorsi in meno in automobile equivalgono anche a una riduzione del numero di incidenti, con un enorme vantaggio per l’ambiente: diminuiscono le emissioni di anidride carbonica. Secondo i dati del Global card scorecard di Inrix, Roma è la seconda città al mondo per ore perse nel traffico: 254 ogni anno. Peggio della Capitale, Bogotà con 226 ore. Settima invece Milano con 226 ore. Meno traffico significa anche minore inquinamento acustico.
Tanti vantaggi che i lavoratori hanno confermato anche nel sondaggio condotto da Infojobs, il portale per la ricerca di lavoro online, su un campione di 189 aziende e oltre mille candidati, e dal quale è emerso anche che, a fronte dell’apprezzamento delle opportunità offerte dallo smart working, un terzo degli intervistati sente la mancanza del confronto quotidiano con i colleghi e dei momenti di socialità che contraddistinguevano la giornata lavorativa, dalla pausa caffè al pranzo. Ed è proprio per questo motivo che il 71% degli intervistati si dice favorevole al lavoro agile ma solo per uno o due giorni a settimana.
Una situazione confermata anche dalla ricerca di Microsoft “Remote Working e Futuro del Lavoro”: ha rilevato come il lavoro da remoto possa inibire la condivisione di idee tra i colleghi e portare a un calo nel tasso di innovazione.
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SMART WORKING: VANTAGGI PER LE AZIENDE
L’emergenza sanitaria sta portando a un ripensamento del ruolo degli uffici. Le aziende che privilegiano lo smart working possono ottenere risparmi consistenti per quanto riguarda i costi di affitto e gestione degli spazi fisici di sedi ed eventuali filiali. Una situazione che, come spiega il New York Times, potrebbe apportare cambiamenti importanti ad alcune città a partire da New York e, in particolare, ad alcuni quartieri come Manhattan dove si concentrano la maggior parte delle sedi di uffici, società di investimento e banche. Barclays, JP Morgan Chase e Morgan Stanley hanno intenzione di non far rientrare in sede tutti i propri dipendenti. Le tre banche hanno un totale di circa 20mila impiegati e le loro sedi occupano ben 930mila metri quadrati di uffici a New York.
Anche i 3mila dipendenti della società di ricerca Nielsen non lavoreranno sempre in ufficio ma alterneranno la presenza in sede con la modalità smart working. L’intenzione è anche quella di trasformare parte degli spazi in sale riunioni.
Decisioni importanti che potrebbero condizionare enormemente non solo il settore immobiliare ma anche la presenza di bar, ristoranti e negozi che, in tanti quartieri, legano proprio agli uffici la propria sopravvivenza. Sono tanti, anche in tutta Italia, i locali che anche a causa dello smart working hanno subito un calo del fatturato. Bisognerà vedere quindi, come osserva il New York Times, quale sarà l’impatto che questa situazione avrà sull’intera economia e se, effettivamente, si riuscirà a portare avanti sempre, a distanza, le diverse attività. Sono tante le diverse attività lavorative che potrebbero risentire della mancanza prolungata di interazione e confronto diretto all’interno del team.
SMART WORKING: PERCHÉ È IMPORTANTE
Una cosa sembra certa: si tratta di una prospettiva piena di potenzialità, un’occasione da non sprecare per avviare un percorso di trasformazione aziendale fatto di investimenti tecnologici e condivisione di obiettivi, in grado di ridefinire la giornata lavorativa trasformandola in una scelta sostenibile per tutti. Sprecare lo smart working significherebbe aver sprecato anche la crisi che abbiamo vissuto e dalla quale, con grande difficoltà, stiamo cercando di trovare una via d’uscita.
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