Marion Nestle, la donna che sfida le multinazionali alimentari pronte a pagare ricerche addomesticate

Una voce che spaventa i big dell’industria alimentare. Il caso della Coca Cola: finanziava un istituto di ricerche per dimostrare che l’obesità non dipende dall’alimentazione, e anche dalle bibite zuccherine. Ma solo dall’esercizio fisico.

MARION NESTLE

Una donna tosta con un sorriso dolce. Un’accademica di rango che osa sfidare, senza pregiudizi e senza rancori, lo strapotere delle multinazionali americane nel settore alimentare. Marion Nestle, nata nel 1936, ha fatto una carriera fulminante, dopo la laurea in Microbiologia all’università della California a Berkeley, fino a conquistare la direzione del Dipartimento di Scienze dell’alimentazione dell’università di New York.

Ma proprio da questa posizione, Marion, a differenza di tanti suoi colleghi, invece di piegarsi agli interessi della grande industria e di proteggerla con la sua autorevolezza scientifica, è scesa in campo dalla parte dei consumatori. E già nel suo primo libro Food politics ha denunciato gli effetti negativi della pubblicità dei prodotti alimentari sulla nostra salute. A partire dal buco nero dell’obesità che negli Stati Uniti è una malattia di massa.

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RICERCHE SCIENTIFICHE SULL’ALIMENTAZIONE DELLE MULTINAZIONALI

Ma dopo la zona grigia della pubblicità e del marketing, adesso Marion Nestle si sta concentrando su un altro buco nero della trasparenza tra mercato, consumatori e informazione. Ovvero il modo con il quale le aziende influenzano le ricerche scientifiche, orientandole, a suon di generosi finanziamenti, esclusivamente verso l’interesse della crescita dei loro fatturati e dei loro prodotti. Più che aziende si tratta di colossi industriali. Come la Coca Cola, colta in flagrante per i suoi legami, compreso un finanziamento di 1,5 milioni di dollari, con il Global energy balance network (Gebn), un istituto di ricerca specializzato nell’obesità. Nelle sue ricerche, finanziate dalla Coca Cola, il Gebn ha sempre sostenuto che l’obesità fosse legata esclusivamente all’esercizio fisico e non all’alimentazione, a partire dalle bibite zuccherine come la Coca Cola. Una volta scoppiato lo scandalo multinazionale delle bibite si è dovuta scusare con i suoi clienti e il Gebn ha chiuso.

EFFETTI NEGATIVI DELLA PUBBLICITÀ

Secondo Nestle il vero problema, il punto critico di questo meccanismo, non è il fatto che le ricerche vengano finanziate dall’industria. Ma quanto il modo con il quale i risultati vengono interpretati e poi venduti sul mercato. Un altro esempio: multinazionali della cioccolata hanno finanziato ricerche per dimostrare i benefici di questo cibo, grazie all’alto contenuto dei flavanoli. Ma nel momento in cui i dati delle ricerche sono stati immessi sul mercato, gli stessi scienziati si sono guardati bene da aggiungere un dettaglio nella loro interpretazione: la cioccolata industriale contiene, in abbondanza, zuccheri e grassi. E questo particolare, il consumatore, che spesso confessa di «non sapere che cosa mangiare», ha il diritto di conoscerlo.

(Le immagini sono tratte dalla pagina Facebook di Marion Nestle)

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