Intelligenza in diminuzione: perché diventiamo più stupidi

Stiamo diventando tutti più stupidi. Pesano stili di vita e potenza della tecnologia. Che ha bloccato la crescita del nostro quoziente intellettivo

INTELLIGENZA IN CALO

Il nostro cervello è diventato come un elettrodomestico. La tecnologia ha migliorato prestazioni, efficienza, risultati, e ha consentito così da un lato di spingere verso nuovi consumi dall’altro versante di aumentare i prezzi. Ma la qualità degli apparecchi, misurata attraverso la loro durata, diminuisce. Come se questo fosse un fattore poco rilevante e non decisivo.

INTELLIGENZA

Con l’intelligenza sta accadendo più o meno la stessa cosa. Tra le cose che stanno diminuendo nel vortice della modernità, dove lo spazio per farsi delle domande è sempre più ristretto, c’è proprio l’intelligenza. Incredibile ma vero: per quanto continuano ad aumentare in modo esponenziali strumenti di informazione, di conoscenza e di relazione, grazie appunto alle opportunità che arrivano dal progresso tecnologico, il nostro QI (Quoziente intellettivo) diminuisce.

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INTELLIGENZA IN DIMINUZIONE

Stiamo diventando più stupidi. Maledettamente meno intelligenti, e non di poco. Gli scienziati ci avvertono: nel corso dell’intero Novecento eravamo abituati a una progressione costante del nostro quoziente intellettivo, si chiamava “effetto Flynn“, dal nome del professore di Filosofia James Flynn (Università di Otago in Nuova Zelanda) che conduceva molto puntualmente gli studi e i test sul QI (Quoziente Intellettivo) nei paesi industrializzati.

Flynn, fin quando ha vissuto, ci ha sempre rassicurato. La crescita della nostra intelligenza è stata ininterrotta, attorno allo 0,3 per cento l’anno, e non è poco, e considerando l’accelerazione del progresso tecnologico e degli apparati elettronici, tutto lasciava immaginare un radioso futuro per il nostro cervello.

INTELLIGENZA IN CALO

In realtà le cose stanno andando proprio nella direzione opposta. Secondo un recente studio, realizzato da Brent Bratsberg e Ole Rogeberg del Centro Studi Economici “Ragnar Frisch” in Norvegia, dal 1975 è iniziata una progressione all’incontrario. Mai spezzata. Tanto che oggi ci ritroviamo con 7 punti in meno, nel nostro quoziente intellettivo, rispetto a mezzo secolo fa, un vero tracollo.

Diciamo subito che l’attendibilità della ricerca è fuori discussione, e i suoi risultati sono stati pubblicati integralmente sulla rivista Procedings of the National Academy of Sciences a conferma della loro serietà. I testi sono stati svolti dal team degli scienziati norvegesi in un arco di tempo molto ampio, circa 40 anni, su 730mila persone, utilizzando le analisi alle quali sono sottoposti ogni anno i giovani norvegesi di 18 e 19 anni che iniziano il servizio militare obbligatorio nel paese del Nord Europa. D’altra parte, studi analoghi, in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Germania, hanno portato alla stessa conclusione: “l’effetto Flynn” si è esaurito e dobbiamo fare i conti con un’umanità più stupida, e in quanto tale anche più pericolosa.

IGNORANZA RENDE STUPIDI

Restano aperte, invece, le possibili  risposte alla domanda dei cento coltelli: “Per quale motivo la nostra intelligenza sta diminuendo”?. Qui entriamo nel campo delle ipotesi, alcune anche di un certo fascino. La prima riguarda la curva demografica: le persone intelligenti fanno meno figli, hanno una prole meno numerosa, mentre gli stupidi sono di più perché si riproducono più rapidamente. Un’equazione ben nota ai più anziani che certo ricordano un vecchio proverbio popolare: “Le mamme dei fessi sono sempre gravide“.

A prescindere dal materiale genetico, che comunque può incidere fino a un certo punto sulla “caduta della ragione” ci sono poi alcuni fattori ambientali che pure pesano. Gli stili di vita, a fronte di un vertiginoso progresso tecnologico, sono spesso peggiorati nel mondo industrializzato. Per esempio: una cattiva alimentazione (con poco pesce e dunque pochi acidi grassi insaturi che sostengono lo sviluppo del sistema nervoso), uno scarso movimento, un contesto ambientale poco salubre, sono tutti fattori che incidono sull’abbassamento del QI. Come la mancanza di sonno, una vera e propria epidemia nelle società più sviluppate.

Secondo Gerald Crabtee, professore della Stanford University, siamo arrivati a un punto molto pericoloso dello spreco della nostra intelligenza: non la consideriamo più necessaria, e siamo convinti che ne possiamo fare a meno. Scrive Crabtee: «Sono pronto a scommettere che se un cittadino medio di Atena del 1.000 avanti Cristo comparisse tra di noi, verrebbe considerato la mente più vivace e brillante tra i nostri amici e colleghi».

EFFETTO FLYNN E FATTORI AMBIENTALI 

Tornando ai contenuti dello studio dei due professori norvegesi Bratsberg e Roberger c’è da aggiungere quanto i due abbiano voluto sottolineare l’importanza dei “fattori ambientali” ai fini della diminuzione della nostra intelligenza. Sono esclusi fattori come il numero dei componenti familiari, l’immigrazione ed i diversi tipi di educazione. Mentre contano il tempo trascorso davanti a uno schermo, specie per i videogiochi, l’eccesso della navigazione su Internet, la formazione scolastica e il minore tempo dedicato alla lettura. Tutte cause che non hanno bisogno di una terapia medica o di qualche pillola specifica, ma solo di un minimo di buona volontà per modificare gli stili di vita. E proteggere, con la salute, anche la nostra intelligenza.

COME NON SPRECARE L’INTELLIGENZA

C’è infine una terza causa, sulla quale si sta indagando in modo più approfondito, che forse possiamo considerare la più interessante, dal punto di vista degli sprechi potenziali che l’uomo, anche inconsciamente, può consumare. L’intelligenza, ovvero la capacità di osservare, analizzare e adattare i nostri comportamenti a qualsiasi circostanza ed a qualsiasi cambiamento, non è qualcosa di statico. Il cervello non si eredita, da padre in figlio, anche se esiste una componente significativa dal punto di vista genetico. Lo potete osservare facilmente con un mini-test sul campo: quanti figli stupidi di genitori intelligenti conosciamo? Non certo pochi.

Per la sua crescita l’intelligenza ha bisogna anche, e forse in modo essenziale, di cultura, conoscenza, condivisione. Tutti fattori di una crescita dell’uomo graduale, di lungo periodo, e non estemporanei. Questi fattori oggi sono messi a dura prova dal dilagare del computer, con tutti i suoi addendi, e da una cultura sempre più dipendente dal web, e quindi frettolosa, superficiale, incompleta e poco resistente. Una cultura su misura per azzerare la conversazione, altro elemento essenziale per una crescita dell’intelligenza. Qualsiasi conversazione, anche la più leggera e apparentemente banale: purché sia reale, guardando negli occhi gli interlocutori, e non virtuale, solo a colpi di tweet e di insulti sul web.

LIBRO SUGLI IMBECILLI

Maxime Rovere, filosofo francese, ha scritto un libro che dice tutto già dal titolo (Cosa fare con gli imbecilli per non restare uno di loro, edizioni Mondadori). La sua teoria di fondo è che gli imbecilli, grazie al concorso dei media e dei social, sono diventati più visibili, invadenti, rumorosi., Organizzati. E facciamo fatica, ammesso che non apparteniamo anche noi alla loro categoria, a sopportarli. E  quali sono gli anticorpi contro l’imbecillità? Secondo Rovere, tre innanzitutto: empatia, generosità e attenzione verso gli altri.

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