Un ciclista morto ogni due giorni, una strage infinita, con numeri in continuo aumento e tante, troppe vite sprecate per motivi che non hanno nulla di casuale. Secondo l’Osservatorio dell’ ASAPS (Amici e sostenitori della Polizia stradale) al 20 luglio 2025 erano già 119 ciclisti deceduti in incidenti stradali in Italia e, in particolare, tra gennaio e maggio 2025, si contavano 81 vittime tra i ciclisti, con un aumento del 19 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024 (quando furono 68). Al 4 agosto 2025 i ciclisti falciati e uccisi sulle strade sono già diventati 130, in tutta Italia.
I ciclisti muoiono quasi sempre travolti da automobilisti incoscienti, che poi finiscono sotto choc e se la cavano con processi interminabili e pene irrisorie. Domenica 3 agosto 2025, un gruppo di ciclisti pugliesi, di età diverse, ma uniti dalla passione per la bici e dall’impegno nell’universo del volontariato (sono tutti donatori di sangue, componenti dell’Avis), viene falciato su una strada statale di Terlizzi, in provincia di Bari, da un’auto lanciata a 150 chilometri orari dal suo guidatore. In tre ( Sandro Abbruzzese, Antonio Porro e Vicenzo Mantovani) perdono la vita, e il conducente dell’auto, anche lui ferito, finisce in ospedale sotto choc.
Le drammatiche storie dei ciclisti uccisi sulla strada potrebbero riempire un intero volume. Sara Piffer, 19 anni, promessa del ciclismo italiano, è stata travolta e uccisa da un’auto in Trentino Alto Adige mentre si allenava con il fratello. Michele Scarponi pedalava tutti i giorni, la bici era la sua la sua vita. E la sua vita si è spezzata, in un meno di un attimo, quando Scarponi, ex vincitore del Giro d’Italia, è stato falciato, proprio mentre si allenava, dall’autista di un furgone probabilmente accecato dal sole. Mohanad Moubarak era un bambino di 11 anni, egiziano, e in piena notte è stato ucciso a Milano, mentre passeggiava in bici nei pressi della rosticceria del padre “El sultan”.
Michele Scarponi | Benfatto/Cronache Maceratesi
Il record negativo dei decessi vede a pari passo la Lombardia e l’Emilia-Romagna, seguite da Veneto, Piemonte, Toscana, Puglia, Sicilia e Campania. Fa rabbia, diciamolo, sentire i racconti del primo tratto autostradale inaugurato in Germania, a «esclusivo consumo delle biciclette», mentre in Italia i ciclisti continuano a essere travolti nelle strade, fa venire tanta rabbia. I tedeschi hanno fatto una cosa molto semplice, per aumentare la rete ciclabile e la sicurezza dei ciclisti, evitando il rischio che siano investiti dalle auto. Hanno preso i soldi dell’Unione europea, dei quali disponiamo anche noi, e hanno finanziato la metà del costo (180 milioni di euro) di un’opera simbolo della nuova mobilità nel paese: un’intera autostrada che percorre 100 chilometri nella Ruhr, e attraversa centri importanti come Hamm, Duisburg, Essen e Dortmund, solo in bicicletta. L’obiettivo è indurre tutti i pendolari dell’area, dagli operai delle fabbriche della Ruhr agli studenti, a sostituire l’auto con la bicicletta. Grazie a una strada esclusiva, con una carreggiata larga cinque metri, in due direzioni di marcia.
E in Italia? I percorsi ci sono, ma quasi tutti sulla carta. Dalla ciclovia del Sole da Verona a Firenze, alla VenTo, da Venezia a Torino lungo il fiume Po, fino al Grab, il Grande raccordo anulare per la bici a Roma. I fatti, purtroppo, vanno in un’altra direzione. Nella classifica della Federazione ciclisti europei che misura l’uso della bici all’interno dei singoli paesi europei, siamo ancora scivolati, dal posto numero 15 a quello numero 17. E siamo stati superati perfino da paesi molto meno sviluppati, come la Lituania e la Croazia.
Eppure, come al solito non manca una legge che già esiste e se fosse applicata potrebbe cambiare il destino dei ciclisti italiani, di tutti i cittadini che fanno uso della bici in modo frequente. Risale addirittura al 1998, circa vent’anni fa: è la numero 366 e prevede una cosa chiara e forte: ogni volta che si costruisce una nuova strada o si fa manutenzione straordinaria, bisogna costruire una nuova pista ciclabile oppure mettere in sicurezza quelle esistenti. Bene: una legge vitale, di questa importanza, è completamente disapplicata in Italia, tutti se ne fregano. E intanto facciamo i conti con la strage di un ciclista morto ogni 48 ore.
Foto copertina tratta da Pagina Facebook Gazzetta del Sud