Inceneritore a Roma: perché siamo favorevoli

Una scelta in linea con le più importanti città europee. A condizione che si facciano altre cose: ridurre i rifiuti, aumentare la differenziata, e piccoli impianti di riciclo

Inceneritore a Roma

A Roma serve un inceneritore? Si può risolvere il problema dei rifiuti, o comunque indirizzarlo sulla strada giusta, prescindendo dalla creazione di un impianto di questo genere? Esistono alternative? Basta rispondere con onestà intellettuale a queste domande per arrivare a una sola conclusione: l’inceneritore proposto dal sindaco Roberto Gualtieri, da 600 mila tonnellate all’anno, a Roma va fatto.

INCENERITORE A ROMA

Gli indicatori  essenziali sui rifiuti a Roma  sono tutti di segno negativo. Innanzitutto aumenta, mentre ovunque in Europa la tendenza è quella di diminuire, la produzione di spazzatura.  Nel 2021 a Roma sono stati prodotti 2 milioni e 250 mila di rifiuti: più dei 2 milioni e 158 mila del 2020, quando c’è stata anche una fase più dura di lockdown. I cittadini romani, e tantomeno i turisti stranieri, non sembrano convincersi del fatto che per avere una città più pulita è indispensabile produrre meno spazzatura. Prima ancora di qualsiasi impianto e di qualsiasi buon livello della raccolta differenziata. Arrivare a soglie più ragionevoli di immondizia non è difficile, purché ci sia un minimo di collaborazione da parte di tutti.

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RACCOLTA DIFFERENZIATA A ROMA

La raccolta differenziata a Roma stenta attorno al 50 per cento, una delle percentuali più basse d’Italia.  Ed è perfino diminuita nel corso del 2021. Ognuno ha qualche scusa buona per non farla, eppure è una cosa semplicissima. Il target del 65 per cento,  già raggiunto da una buona parte dei comuni italiani, è stato spostato per Roma al 2035, ma con questo ritmo di progressione appare un traguardo irraggiungibile.

DOVE LA SPAZZATURA DEI ROMANI?

In queste condizioni, specie tra i critici e gli avversari di qualsiasi impianto,  nessuno si pone la domanda più semplice: dove finisce la spazzatura dei romani? Nelle discariche della regione (altro che inceneritori…) e all’estero, dove l’amministrazione paga per la spazzatura che consegna. In ogni caso siamo in presenza di un enorme spreco di denaro pubblico. Mentre la città continua a essere sporchissima, specie nei quartieri popolari.

LA TASSA SUI RIFIUTI A ROMA

E chi paga il conto del cattivo funzionamento della catena di smaltimento dei rifiuti a Roma? I cittadini della capitale. A Roma la tassa sui rifiuti è, in media, di 394 euro a famiglia (fonte Ispra), una delle più alte d’Italia. Quasi il doppio di Milano, e subito dopo Napoli (455 euro a nucleo familiare), un’altra città sporchissima. Il paradosso, a spese dei cittadini, è il seguente: a una città che da decenni non si riesce a pulire, corrisponde il più alto livello di tassazione per (non) provarci. L’altro spreco è enorme è rappresentato dai 180 milioni di euro che, ogni anno, l’amministrazione di Roma deve spendere per smaltire fuori città i suoi rifiuti, laddove la percentuale di immondizia romana che finisce nei termovalorizzatori al momento è pari al 6 per cento del totale. A Londra è al 58 per cento, a Praga al 60 per cento, solo epr fare due esempi di diverse città europee. Avete presente quante cose si potrebbero fare per il decoro della città con 180 milioni di euro l’anno a disposizione?

TERMOVALORIZZATORE A ROMA

Con i numeri che abbiamo raccontato e nello stato in cui versa la capitale, il termovalorizzatore è diventata un’opera essenziale.  D’altra parte esiste in tutte le città europee (dove si contano 492 impianti urbani di recupero energetico), comprese quelle dove la presenza di ambientalisti veri, e non della domenica, è molto alta, e dove le amministrazioni sono guidate da partiti verdi, molto forti e scomparsi in Italia. Ma costruire l’inceneritore non significa risolvere il problema dei rifiuti, e comunque è una soluzione che va abbinata ad almeno tre interventi da portare avanti. Primo: una campagna capillare, in tutto il territorio della capitale, per ridurre la produzione dei rifiuti e per aumentare la quota della differenziata. Una cosa del genere fu fatta in occasione della costruzione del termovalorizzatore di Brescia, opera a suo tempo molto critica e poi molto apprezzata. Secondo: serve mettere in calendario piccoli impianti di riciclo, ecologici e sostenibili.  Terzo: chiudere le discariche, come da anni ci chiede l’Europa.

Nella foto di copertina il famoso termovalorizzatore di Copenhagen.

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